Un giornale libero

1 Marzo 2012

Marco Ligas

Nei giorni scorsi a Bologna abbiamo discusso della crisi del manifesto, presenti i rappresentanti dei circoli delle diverse regioni.
Ritengo importante e corretto informare i lettori di questo incontro comunicando sia i nostri interventi (mio e di Marcello Madau) sia le indicazioni/suggerimenti emersi nel corso il dibattito. 
È stata sottolineata da tutti l’esigenza di riflettere (e prendere decisioni tempestive) su due questioni fondamentali: la prospettiva politica/editoriale del quotidiano e  la sua organizzazione complessiva. Esaminando il primo aspetto non potevamo non partire dalla crisi economica e politica che ha investito il nostro paese e tutto il sistema capitalistico, soprattutto non potevamo sottovalutare la crisi della sinistra. Nel corso di questi decenni, è stato ricordato, sono cambiate tantissime cose, è cambiato il mondo e perciò non sono più riproponibili  le analisi e le conclusioni del passato.
Ma comunque si guardino questi processi è indispensabile conservare (assumere, tutelare) l’ispirazione che ci ha guidato sin dalla nascita del manifesto: essere una componente attiva della società, almeno di quell’area che non intende subire l’egemonia del neoliberismo; insomma dovremmo svolgere un ruolo più attivo nel processo di ricostruzione della sinistra, non solo commentare ciò che succede o riferire le opinioni degli altri.
Soprattutto sui temi del lavoro, oggi fra i più importanti e drammatici, dovremmo saper prospettare qualcosa di più convincente che non sia la conservazione di attività produttive ormai in declino che le imprese intendono interrompere per cercare altrove occasioni più favorevoli di sfruttamento.
Dobbiamo farci capire, essere meno superficiali, quando parliamo di risanamento ambientale, di consumo responsabile, di mobilità sostenibile, di agricoltura a km zero o di bioedilizia. E non dobbiamo avere timore se qualcuno ci rimprovera di invadere il campo che è proprio dei sindacati o delle formazioni politiche.
Tanto più che, sia a livello sindacale che dei partiti, i ritardi sono a volte preoccupanti.
Nel corso di questi decenni se pure è vero che il neoliberismo si è affermato come pensiero unico è altrettanto vero che sono cresciute in modo diversificato forme di contestazione del potere. Paradossalmente l’ampiezza di questo fenomeno non ha favorito nuove esperienze di coesione sociale o politica, al contrario è cresciuta, come dice Rossana Rossanda, la incomunicabilità delle differenze che ha prodotto una crisi della politica, il cui esito è stato il berlusconismo e il crescere del populismo
Ma non si tratta di un esito definitivo e il manifesto può diventare ancora uno strumento per la ricostruzione di una forza politica di sinistra, meglio, come dice Mario Tronti, di una Sinistra modernamente unitaria, pur con diverse idee e sensibilità e culture.
Questa opportunità  è stata sottolineata da diversi compagni che hanno riferito dell’impegno di tanti giovani nella diffusione del giornale, soprattutto nel corso di queste settimane quando è emersa nelle sue dimensioni reali la crisi del manifesto. Insomma si è rivisto un atteggiamento antico, l’interesse che molti lettori o simpatizzanti hanno nei confronti del quotidiano. Questa disponibilità deve essere accolta perché rappresenta un aspetto fondamentale della ripresa del manifesto.
La crisi attuale può essere dunque affrontata e risolta soprattutto con le nostre iniziative; richiede preliminarmente il superamento della politica dei due tempi: prima la raccolta delle sottoscrizioni e poi l’approfondimento o l’adeguamento della prospettiva politica/editoriale del quotidiano.
La politica dei due tempi è sempre dannosa, non solo quando la applica il governo perché interrompe regolarmente la partita dopo il primo tempo, quando ha sferrato il colpo decisivo contro i soliti noti; può esserla anche per noi perché il raggiungimento di un equilibrio finanziario temporaneo può illudere e farci pensare che i problemi siano definitivamente risolti.
Servono ‘occhiali collettivi’, i circoli, che possono favorire un processo di integrazione cognitiva e la creazione di una rete dove le singole realtà si sentano parte di un progetto unitario e condiviso. Per questa ragione è importante che la redazione del manifesto intensifichi le relazioni con la rete dei circoli: l’aumento delle vendite del quotidiano passa anche attraverso questo nuovo rapporto.
Molti compagni suggeriscono di portare on line il quotidiano. Altri ritengono questa scelta l’unica salvezza. Lo ha detto anche Luciana Castellina sul manifesto del 28 febbraio. Credo che questo percorso non debba essere sottovalutato. Non mi convince però la sostituzione immediata del manifesto cartaceo col manifesto on line. È probabile che questa sarà la scelta del futuro. Oggi penso che possa esistere ancora il giornale cartaceo non solo perché la lettura on line non appassiona molti lettori ma anche perché quel tipo di lettura è oggettivamente più difficile data la sua rigidità.
Ritengo piuttosto che i due mezzi di comunicazione possano coesistere.
Su queste questioni invito i lettori ad intervenire e a darci dei suggerimenti relativi anche al quindicinale on line.

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