Unità d’Italia e colonialismo interno

1 Aprile 2017

Wenzel Franz, Ingresso di Garibaldi a Napoli

Francesco Casula

Garibaldi ha invaso Napoli, non l’ha liberata. La frase è di Erri De Luca, valente giornalista, scrittore e poeta italiano, in un estratto tratto da Napòlide e riportato da Unione Mediterranea sulla propria pagina Facebook.

Anche lui reazionario, clericale e neoborbonico? Tali epiteti furono infatti affibiati, per molto meno, a una serie di intellettuali e storici che agli inizi degli anni ’70 avevano osato mettere in dubbio le magnifiche e progressive sorti del Risorgimento, compresa la “liberazione” del Sud dai Borboni.

Mi riferisco in modo particolare a Nicola Zitara1, che con alcuni intellettuali fra cui, Anton Carlo e Carlo Capecelatro2  –   chiamati nuovi meridionalisti, –  iniziò una revisione del “vecchio meridionalismo” e dell’intera “Questione meridionale” dissacrando quanto tutti avevano divinizzato: il movimento e il processo, considerato progressivo e progressista del Risorgimento; mettendo in dubbio e contestando la bontà dello Stato unitario, sempre celebrato da chi a destra, a sinistra e al  centro aveva sempre ritenuto, che tutto si poteva criticare in Italia ma non l’Italia Unita e i suoi eroi risorgimentali.

Zitara e i nuovi meridionalisti (cui oggi aggiungeremmo un altro valente nuovo meridionalista, Pino Aprile3)  – in modo particolare, ripeto, Edmondo Maria Capecelatro e Antonio Carlo, quest’ultimo fra l’altro per molti anni docente incaricato di diritto del lavoro all’Università di Cagliari – ritengono che il Meridione con la Sardegna, sia diventata con l’Unità d’Italia una “colonia interna” dello Stato italiano e che dunque la dialettica sviluppo-sottosviluppo si sia instaurata soprattutto nell’ambito di uno spazio economico unitario – quindi a unità d’Italia compiuta – dominato dalle leggi del capitale.

Si muovono in sintonia con studiosi terzomondisti come P. A. Baran4 e Gunter Frank5 che in una serie di studi sullo sviluppo del capitalismo tendono a porre in rilievo come la dialettica sviluppo-sottosviluppo non si instauri fra due realtà estranee o anche genericamente collegate, ma presuma uno spazio economico unitario in cui lo sviluppo è il rovescio del sottosviluppo che gli è funzionale: in altri termini lo sviluppo di una parte è tutto giocato sul sottosviluppo dell’altra e viceversa.

Così come sosterrà anche Samir Amin6, che soprattutto in La teoria dello sganciamento-per uscire dal sistema mondiale,riprende alcune analisi che ha sviluppato nelle opere precedenti sui problemi dello sviluppo/sottosviluppo, centro/periferia, scambio ineguale.

Per Amin il sottosviluppo è l’inverso dello sviluppo: l’uno e l’altro costituiscono le due facce dell’espansione – per natura ineguale – del capitale che induce  e produce benessere, ricchezza, potenza, privilegi in un polo, nel ”centro” e degradazione, miseria e carestie croniche nell’altro polo, nella “periferia”.

Nel sistema capitalistico mondiale infatti i centri sviluppati (i Nord del Pianeta) e le periferie (i Sud) sottosviluppati sono inseparabili: non solo, gli uni sono funzionali agli altri. Ciò a significare che il sottosviluppo non è ritardo ma supersfruttamento. In questo modo Amin contesta la lettura della storia contemporanea vista come possibilità di sviluppo graduale del Sud verso i modelli del Nord, in cui l’accumulazione capitalistica finirà per recuperare il divario.

L’espansione capitalistica mondiale – oggi viepiù caratterizzata dalla finanziarizzazione dell’economia – per i Sud del Pianeta non comporta solo sottosviluppo  ma anche “compradorizzazione” delle società e delle borghesie locali, nonché espansione “bianca”. Ovvero distruzione delle culture “extraeuropee. Vi è anzi un legame strettissimo fra il carattere capitalistico della modernizzazione e l’espansione del dominio culturale occidentalista.

Di qui il genocidio di interi popoli marginalizzati con l’assimilazione forzata, indotta dalla globalizzazione. E la distruzione di etnie. Se è vero come documenta il Centro studi “Luigi Negro” di Milano, che ogni anno scompaiono nel mondo ben dieci minoranze etniche e con esse altrettante lingue, culture, modi ndi vivere originali, specifici e irrepetibili.

Sardinia, anche de te fabula narratur! O no?

 

Note

1.. Nicola Zitara, L’Unità d’Italia. nascita di una colonia, Jaca Book, Milano, 1971; Il proletariato esterno,  Jaca Book , Milano, 1972; Memorie di quand’ero italiano, Ed.  Città del Sole, Reggio Calabria, 2013.

2.Anton Carlo/Carlo Capecelatro, Contro la Questione Meridionale, Ed. Savelli, Roma 1972.

3.Pino Aprile, Terroni. Tutto quello che è stato fatto perché gli italiani del Sud diventassero meridionali, ( 2010); Giù al Sud, perché i terroni salveranno l’Italia ( 2012); Il Sud puzza.  Storia di vergogna e d’orgoglio, (2013); Terroni ‘ndernescional. E fecero terra bruciata, (2014); Carnefici, (2016): tutti editi dalla PIEMME di Milano.

4.P. A. Baran,  Il surplus economico e la teoria marxiana dello sviluppo, Feltrinelli, Milano,1975.

5.Gunter Frank, Il surplus economico e la teoria marxiana dello sviluppo, Feltrinelli, Milano,1975.

6.Samir Amin, Sulla Transizione,  Ed. Jaca-Book,  Milano, 1973 e La teoria dello sganciamento, Ed. Diffusioni, Milano 1986.

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