Verso il tracollo della sanità in Sardegna

18 Ottobre 2022

[Francesco Carta]

La grave situazione in cui versa la sanità in tutta l’isola e nel centro Sardegna era nota e prevedibile da tempo. Essa è la conseguenza delle politiche sanitarie sbagliate degli ultimi decenni. Il problema della carenza di medici e infermieri è stato posto da tempo, si sapeva che si sarebbe aggravato a livello territoriale e ospedaliero.

Interi paesi sono scoperti nell’assistenza primaria per la mancanza dei medici di base, i quali, raggiunti i limiti di età vanno in pensione. Sarebbe stato sufficiente verificare i dati anagrafici per prevenire questa situazione e invece nulla è stato fatto per impedire il vuoto assistenziale. Ora si prendono provvedimenti emergenziali obbligati e tardivi per tamponare la situazione. Sappiamo tutti che non risolvono la questione alla radice.  Molti cittadini con problemi di salute si rivolgono direttamente ai Pronto Soccorso, quando sono funzionanti, proprio a causa di questa mancata organizzazione assistenziale nel territorio.

Conseguentemente vengono intasati Pronto Soccorso e reparti ospedalieri, già in sofferenza per la carenza di personale. Inoltre è aumentato il ricorso a strutture sanitarie fuori provincia e anche la migrazione sanitaria fuori regione è in vertiginoso aumento. Le condizioni di lavoro del personale sanitario sono spesso proibitive e favoriscono l’abbandono verso altre strutture, anche in altre regioni e persino all’estero. Contemporaneamente assistiamo a una crescita smisurata della sanità privata in libera professione (a pagamento), in convenzione (rimborsate dal SSN) con ulteriore sottrazione di risorse economiche alla sanità pubblica. È sempre più frequente il ricorso alle convenzioni in ambito sanitario, tecnico, gestionale, amministrativo e informatico, servizi che in passato erano garantiti in proprio dalle ASL.

Durante il lockdown in tutta la Sardegna sono nati interi reparti nelle cliniche private che operano a pieno ritmo, determinando o aggravando la crisi degli stessi reparti delle strutture pubbliche, che non sono in grado di operare per carenza di personale e di primari, gestionali e organizzative, con conseguente chiusura di interi reparti. Negli ultimi anni si è verificato un cospicuo trasferimento di risorse finanziarie dalla sanità pubblica a quella privata. Il ricorso crescente alla sanità privata condiziona e acuisce la crisi del Servizio Sanitario Nazionale.

La “riforma” amministrativa della precedente Giunta regionale (con l’istituzione della ASL unica, ATS) ha centralizzato le scelte, impedito la programmazione sanitaria delle ASL e determinato un ridimensionamento della sanità pubblica, ospedaliera e territoriale. L’ulteriore “riforma” dell’attuale Giunta regionale ha istituito le nuove ASL con incremento dello staff dirigenziale, trasformando le stesse in scatole vuote senza potere decisionale, incapaci di operare, mantenendo a livello centrale (ARES) il controllo della spesa e dei concorsi che non si riesce ad espletare e completare.  Manca una programmazione regionale e territoriale, si determina un’assurda concentrazione di strutture nei 2 poli tradizionali, escludendo e penalizzando il centro Sardegna e le zone periferiche. Interi territori sono privi di servizi sanitari. La crisi della sanità pubblica era nota da tempo.

Nonostante ciò l’attuale Giunta regionale ha incrementato il ricorso alla sanità privata: nel 2019 ha concesso al Mater Olbia 60 milioni di euro annui di convenzione e alle restanti strutture convenzionate un incremento di 100 milioni di euro annui, per totali 160 milioni annui di nuove convenzioni, che vengono pagate con i soldi pubblici, quindi sottratti alla sanità pubblica. Cresce inoltre il ricorso al convenzionamento esterno ed esternalizzazioni in tutti i settori che erano di competenza pubblica.  La sanità privata ha sempre operato in Sardegna, le leggi assegnano ad essa una funzione sussidiaria e integrativa del SSN, non sostitutiva. È evidente che la crescita della sanità privata aggrava la crisi della sanità pubblica. La logica del profitto nella sanità ne sta condizionando l’esistenza e impedendo un adeguato funzionamento del servizio pubblico. 

Si dedicano tante e crescenti attenzioni alla sanità privata, si abbandona la sanità territoriale, ospedaliera e dell’emergenza (Pronto Soccorso e 118). La concessione delle convenzioni al Mater Olbia e alle altre strutture convenzionate era finalizzata alla sola riduzione della migrazione sanitaria extra Regione. La Giunta regionale e il Consiglio regionale dovrebbero spiegare, quindi, quali benefici sta traendo la Sardegna dalle privatizzazioni, in particolare dovrebbero rendere pubblici i dati sulla migrazione sanitaria extra regione che secondo noi è aumentata enormemente anziché diminuire; inoltre è cresciuta la migrazione interna  a causa delle carenze di personale e organizzative nei nostri ospedali pubblici, che un tempo erano di eccellenza; è aumentata la migrazione di pazienti dalle strutture pubbliche dell’isola  verso quelle convenzionate;  il Mater Olbia  esegue  prestazioni specialistiche già  presenti in Sardegna per le quali in fase iniziale non era prevista la  convenzione; è aumenta la migrazione di personale sanitario (medici e primari) dalle strutture pubbliche verso le strutture private.

Crescenti fasce di popolazione rinunciano alle cure poiché di fatto ne sono escluse. I livelli essenziali di assistenza (LEA) non sono garantiti, le liste di attesa sono interminabili. Di fatto molte prestazioni si possono effettuare solo a pagamento, creando ulteriori diseguaglianze. Due dei punti più qualificanti del nostro SSN sono stati e sono la gratuità delle cure e l’accesso universalistico delle stesse che oggi viene negato.

Medicina Democratica sostiene da sempre che le privatizzazioni non sono la soluzione al problema, anzi ne sono la causa. Cedere ai privati settori importanti della sanità è un grave errore, danneggia il SSN ,  aumenta i costi, introduce una logica di profitto, ne riduce efficienza ed efficacia.

La crisi della sanità può essere superata solo con il ritorno ai principi ispiratori della Legge di riforma sanitaria ( L. 833/79).

In particolare:

  • Rilancio e riorganizzazione delle Cure primarie, della medicina territoriale, ridando ruolo al medico di base o di famiglia a partire dalla scuola di specializzazione che non deve essere considerata di serie B da parte delle istituzioni preposte; incentivare le iscrizioni alla scuola di specializzazione di medicina generale e cure primarie, evitare la fuga e l’abbandono del settore a causa delle spesso proibitive condizioni di lavoro. I medici che si iscrivono alla scuola di specializzazione devono avere un contratto di lavoro, va garantita la possibilità di conseguire la specializzazione e contemporaneamente lavorare e acquisire scelte.  La Medicina territoriale deve rappresentare il primo accesso alle cure per i cittadini, come previsto dalla L. 833/79.
  • Piano straordinario di assunzioni di personale sanitario (medici e infermieri) a livello regionale e nazionale, per garantire il funzionamento degli ospedali pubblici, superando gli assurdi e anacronistici vincoli di bilancio, e gli intralci burocratici delle “riforme” regionali (ATS- ARES).
  • Garantire il Diritto alla salute e i LEA in tutto il territorio regionale.

È indispensabile una seria programmazione degli accessi alla facoltà di Medicina e alle scuole di specializzazione, superando l’anacronistico e assurdo numero programmato (di fatto numero chiuso).

Medicina Democratica della Sardegna aderisce alla mobilitazione e manifestazione regionale del 22.10.22 a Cagliari, promossa dalle organizzazioni sindacali. Esprime solidarietà e ringraziamento per lo spirito di abnegazione dimostrato dal personale sanitario delle strutture pubbliche della Sardegna. Sostiene le iniziative dei cittadini e dei Comitati per il diritto alla salute che in tutta la Sardegna promuovono lotte e iniziative per ribadire che il diritto universalistico alla salute è irrinunciabile.

A settembre dello scorso anno a Cagliari si tenne una importante manifestazione in difesa della sanità pubblica promossa dai vari Comitati di tutte le provincie. La lotta è proseguita in tutta la Sardegna. 

Dopo un anno i sindacati confederali promuovono una manifestazione regionale sulla sanità per il  22 ottobre 2022 che si terrà a Cagliari , alla quale hanno aderito molti cittadini e Comitati. Anche in questa occasione ribadiamo il nostro impegno in difesa della sanità pubblica, gratuita, solidale e universalistica.

Francesco Carta è il portavoce di Medicina Democratica in Sardegna

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