Vicinanze

16 Febbraio 2008

Montezemolo e VeltroniMarco Ligas

Al di là delle recriminazioni per le cose non fatte o per le inadeguatezze del governo Prodi è importante capire che cosa succede oggi nel panorama politico del nostro paese. Sicuramente non possiamo negare che la politica viva anche di accelerazioni, e quella che Veltroni ha impresso sembra destinata a lasciare qualche segno. Sono in molti ad esserne convinti e a ritenere che la sua scelta sia funzionale alla riduzione del numero dei partiti e alla formazione di alleanze chiare su programmi condivisi. Sebbene non sia un interlocutore disinteressato, anche Berlusconi l’ha valutata così; ha persino manifestato l’intenzione di imitarla, ma com’è nella sua natura, col passare dei giorni, ha già trasformato il suo nuovo partito in una coalizione accogliente, funzionale soltanto a fare incetta di voti.

Un approfondimento sulle cause che hanno provocato i nuovi processi non è comunque superfluo. Quali partiti hanno provocato la maggiore conflittualità all’interno dell’Unione sino a provocarne la crisi? Lasciamo da parte Dini e Mastella che hanno avuto un ruolo determinante nella fase finale della vita del governo. I rapporti tra DS, Margherita e i partiti riuniti attualmente nella Sinistra Arcobaleno sono stati caratterizzati da un continuo tira e molla sui temi della laicità (pensiamo alle dispute sulle coppie di fatto), sulla nostra presenza militare nei paesi dove ci sono le guerre, sull’ampliamento della base di Vicenza, sulla precarietà del lavoro e così via. Su questi temi il programma dell’Unione, nonostante la sua ambiguità, conteneva indicazioni più avanzate rispetto a ciò che è stato realizzato. E non è un caso che quando si è arrivati alla costituzione del Partito Democratico siano stati proprio i DS a subire, attraverso una scissione, gli effetti di una scelta che non solo li allontanava dai valori e dalla tradizione del movimento operaio ma anche dal programma elettorale elaborato comunemente. In Italia è difficile unificare le forze politiche; la possibilità di dar vita al bipartitismo trova non pochi ostacoli perché la nostra società presenta un’accentuata stratificazione, i processi di aggregazione rischiano perciò di essere artificiosi e poco duraturi. Non a caso i tentativi di unità che si realizzano, a destra ma soprattutto a sinistra, provocano scissioni talvolta laceranti. Anche i DS hanno vissuto questa esperienza e tuttavia chi può dire che il nuovo Partito Democratico sia adeguatamente protetto da rischi di ulteriori instabilità e divisioni? Forse potrà mantenere una sua unità se ridimensionerà ulteriormente gli obbiettivi sulla laicità dello stato, essendo forti le pressioni che subisce dalle gerarchie ecclesiastiche, se accetterà ancora le alleanze negli organismi internazionali in un ruolo di subalternità verso gli USA sottovalutando persino il principio della sovranità nazionale, e soprattutto se accetterà una politica del lavoro caratterizzata dal predominio dell’impresa e dall’assunzione della produttività come fattore prevalente del sistema industriale. L’alleanza che si sta consolidando tra Veltroni e Montezemolo ha questa valenza: ha come obbiettivo fondamentale lo smantellamento del contratto nazionale del lavoro. Qual è il suo significato reale? È quello di sbarazzarsi una volta per tutte del carattere solidale, di difesa dell’unico strumento di tutela in materia di salario, diritti e orario di lavoro di cui i lavoratori usufruiscono attualmente. Si pensi che solo una piccola percentuale di lavoratori ha un contratto di secondo livello che si stipula tra le singole aziende e i lavoratori. Con l’abolizione del contratto nazionale la maggior parte dei lavoratori non avrebbe più alcuna tutela. Sulla produttività Montezemolo parla molto chiaro (e Veltroni non ribatte): occorre liberare il paese da alcuni privilegi ottocenteschi, soprattutto dal posto garantito perché assicurerebbe un’immeritata rendita di posizione. È un’idea fissa la sua, quasi un’ossessione: vuole vincolare il salario alla produttività così solo se questa darà buoni risultati all’impresa anche i lavoratori potranno sperare in un recupero salariale. Il presidente della Confindustria, che si presenta sempre più come un potenziale ministro di un improbabile governo Veltroni, volutamente non ricorda che, nel nostro paese, i salari dei lavoratori dipendenti continuano a ridursi sino a diventare fra i più bassi dell’Unione Europea. Ecco, questa sembra una prima conseguenza, e neppure definitiva, della scelta finalizzata alla semplificazione del quadro politico e alla definizione di programmi chiari e precisi. Si riducono così i rischi del trasformismo? È probabile, ma questo processo ha un prezzo elevato perché avviene attraverso uno spostamento a destra della prospettiva politica del Partito Democratico e un ulteriore allontanamento di questo partito dalla Sinistra Arcobaleno. Senza contare che alla destra viene offerta nuovamente la possibilità di governare proprio quando le sue contraddizioni erano apparse nettissime

È possibile in questa situazione dar vita, in Sardegna, ad un processo di ricostruzione di tutte le componenti della sinistra che non intendono liquidare la propria storia? La domanda è sin troppo retorica per una risposta ovvia: non solo è possibile ma indispensabile se non si vuole uscire definitivamente dalla scena politica. Tuttavia, non possiamo non registrare le enormi difficoltà che si trovano lungo questo percorso. Per di più questo non è il momento più adatto: la scadenza elettorale incalza e le riflessioni sono destinate a lasciare spazio alla propaganda. Il rischio è quello di presentare proposte affrettate, un po’ demagogiche, non adeguate a fronteggiare la crisi di identità e di prospettiva che viviamo. Abbiamo sottolineato più volte, nel corso di questi mesi, come i partiti della Sinistra Arcobaleno, ma anche le associazioni e i movimenti, vivano spesso situazioni di conflittualità che logorano profondamente non solo le strutture delle diverse organizzazioni ma anche il rapporto con chi è impegnato senza calcoli nell’attività politica. Sarà possibile evitare una sconfitta pesante alle prossime elezioni politiche se in questi mesi l’attenzione principale sarà rivolta verso la società, innanzitutto verso coloro che in modo attivo si sono battuti per la difesa del lavoro, della Costituzione e della legalità, troppo spesso messa in pericolo dalla politica aggressiva del centrodestra. Purtroppo questa parte rilevante della società oggi si riconosce sempre meno nella politica della sinistra, è cresciuta la sfiducia e sono molti coloro che non vogliono partecipare alle prossime scelte elettorali. Bisogna ridare fiducia a queste persone e l’obiettivo può essere raggiunto soltanto se la sinistra allontanerà da sé il sospetto dell’ambiguità e del trasformismo. Sarà fondamentale perciò la promozione di una discussione molto ampia. Nella scelta dei candidati, se si vuole avere un futuro, bisognerà aprire le proprie liste ai movimenti, alle associazioni, come si dice al territorio, attraverso consultazioni che sappiano coinvolgere il maggior numero possibile di persone per arrivare a decisioni trasparenti e condivise. Nessuna lista dovrà essere presentata come un pacchetto chiuso se si vogliono inserire energie e intelligenze nuove. E il ricambio di chi ha già fatto una lunga esperienza nelle istituzioni, nazionali e regionali, sarà un ottimo segnale di rinnovamento.

9 Commenti a “Vicinanze”

  1. Elio Pillai scrive:

    Marco
    Tu auspichi che la composizione delle liste elettorali della sinistra arcobaleno passi attraverso una consultazione democratica dei movimenti e dei territori. Giusto!..Auspichi che nelle liste non ci siano persone che abbiano fatto lunghe esperienze nelle istituzioni regionali e nazionali…Giustissimo! Ma non è cosi’ Marco, tutto è stato gia’ deciso! Quella richiesta di partecipazione democratica di cui parli, ora non c’è tempo per attuarla, abbiamo le elezioni domani. La democrazia è una cosa complicata da applicare e troppi dibatiti potrebbero rimettere in discussione scelte gia’ fatte da pochi intimi.
    Porto Alegre è roba da altri tempi, il bilancio partecipativo, quella scuola di democrazia di cui ci siamo riempiti la bocca, dov’è finita? Dov’è finita la manifestazione del 20 ottobre a Roma? Ci siamo dimenticati del pacchetto Welfare? o le verifiche al Governo Prodi?..O i voti alla finaziaria che aumentava le tasse ai lavoratori, e le spese militari? Io non mi sono dimenticato neppure della campagna elettorale 2006, ricordi? Voglio..rompere la legge del pendolino?..Veltroni quel pendolino c’è l’ha rotto in testa! Possibile che nessuno si sia accorto che il PD ci stava preparando una trappola per cancellarci dalla scena politica Italiana? Ora si dice che faremo un’opposizione creativa! Con chi? Con i politici di sempre che vanno bene per tutte le stagioni?NO! Con i politici che da 40 anni stanno sulla scena politica e non hanno piu’ nulla da dire? NO! SI…ALLE PRIMARIE

  2. Gav Ricci scrive:

    Siete riusciti a manifestare sotto la regione per le politiche sul lavoro in finanziaria, ma la Congera non è opera vostra? Siete ingavonati con Balia Masia e Mammasantissima, Uras non era neppure candidabile ed ora è Assessore, possibile che vediate solo gli errori degli altri? Cari compagni, l’occasione per manifestarvi, invece di manifestare, di sinistra l’avete persa più di una volta, la destra ha una paura fottuta (scusate il fiammingo) di Soru, e voi continuate a cercare di demolire lui, state demolendo voi stessi e i sardi che credevano nella sinistra possibile, una sinistra moderna e non la solita sinistra che chiede fiumi di denaro per assistenzialismi alle sue sacche di adepti, che imbraccia le lotte dei lavoratori solo se superano il “numero legale”, continuate a difendere persone che non hanno mai lavorato profiquamente come quelle della formazione professionale, non vi starete berluscoglionizzando un tantino troppo?

  3. Francesco Bachis scrive:

    Cari compagni,
    son dell’avviso che proprio la ristrettezza dei tempi tra crisi di governo, scioglimento delle camere, processo unitario a sinistra debba – o meglio, forse sarebbe il caso di dire, avrebbe dovuto – imporre da parte delle realtà di movimento un dibattito che saltasse a piè pari fumisterie politiche elaborando una proposta chiara e netta.
    In questo senso, a mio avviso, occorre avere il coraggio di sporcarsi le mani, e parlare anche di nomi – perché è anche con questi che si fa la politica – anche per evitare che i nomi poi li facciano gli altri, sulla base di esigenze e necessità che certamente non ci appartengono.
    E per questo motivo che con molti altri compagni, circoli, associazioni, singoli militanti, interni ed esterni ai partiti della sinistra arcobaleno, abbiamo dato vita ad un comitato che faceva subito il nome – Mauro Bulgarelli – e che su questo raccoglieva i consensi e le firme. E le firme stanno crescendo di giorno in giorno…
    Che ne pensate?
    saluti a pugno chiuso

  4. antonio leoni jr. scrive:

    No grazie. No a candidati non sardi. Basta col provincialismo subalterno. Di questo Bulgarelli, oltre che leggere qualche articolo di maniera sulla stampa locale, non si è proprio vista l’utilità per la Sardegna nè si sente il bisogno. La sinistra e il movimento ambientalista sardi possono mandare in Parlamento persone di storia più lunga, di qualità politica e culturale migliore, di maggiore radicamento sociale e territoriale, capaci anche di portare maggiore consenso. Se non sapranno farlo e se digeriranno candidati e persino capilista che provengono dall’esterno dimostreranno un’altra debolezza (e già ne hanno tante).

  5. Luisella Caria scrive:

    Caro Antonio Leoni,
    scrivi “La sinistra e il movimento ambientalista sardi possono mandare in Parlamento persone di storia più lunga, di qualità politica e culturale migliore, di maggiore radicamento sociale e territoriale, capaci anche di portare maggiore consenso.”
    Fai almeno un nome, giusto a scopo indicativo, di un politico sardo di sinistra legato al movimento ambientalista, che si sia battuto con e per il movimento. Dubito che se ne possa trovare almeno uno rispondente a questi requisiti, e soprattutto uno che non sia anche un lacchè di partito.
    E, giusto per non essere provinciali, perchè non candidiamo Valeria Marini o Caterina Murino ? Più sarde di così…

  6. Bachisio Bachis scrive:

    “Di questo Bulgarelli” si può leggere l’attività parlamentare sul sito del senato,
    (http://www.senato.it/leg/15/BGT/Schede/Attsen/00017881.htm), e magari compararla con quella di “persone di storia più lunga, di qualità politica e culturale migliore, di maggiore radicamento sociale e territoriale, capaci anche di portare maggiore consenso”; i cui nomi, perarltro, sfuggono. O, nel caso dei verdi, fuggono tra le braccia dell’ IDV, quindi del PD.

  7. Sandro Roggio scrive:

    Continuo a non capire perchè i più assidui commentatori, quelli che dicono di tenere ai dettati costituzioniali più di ogni altra cosa, stiano zitti sul golpe che ha consegnato a una decina di oligarchi il potere di scegliere uno ad uno i parlamentari. Così accade che anche a sinistra vi sia questa patetica gara a sostenere i candidati bravi, come di sicuro è Mauro Bulgarelli. Ma si tratta di iniziative perdenti e paurosamente minoritarie. Chi siamo noi per dire che un parlamentare si merita la rielezione? Troppo pochi in ogni caso rispetto al corpo elettorale, al popolo non più sovrano, che non può dire chi preferisce.
    Il silenzio lungo di molti -tra quelli che di queste cose ne sanno umbè- si spiega in un solo modo. Sono tra i cooptabili, o si illudono di esserlo, e stanno spesso nei sottopiani dei palazzetti di province dove i vassalli preparano le rose di nomi da mandare a Roma. Che tristezza.

  8. Marcello Madau scrive:

    Una discreta tristezza, in effetti. Piccoli mandarini crescono. Possiamo parlare di ricambio generazionale e di mandati, ma non servirà a nulla se non ci porremo due altri piccoli problemi: formazione della classe dirigente e rappresentatività. Forse bisognerebbe lavorare molto su questo, costruire da subito e per chiunque venga eletto (per queste elezioni una scelta democratica appare oggi assolutamente preclusa, come dice anche Roggio) rigorosi meccanismi di verifica della delega affidata, sia di conferma che di richiesta di revoca del mandato. Su cosa fare la verifica: obiettivi politici programmatici, naturalmente, e le capacità di perseguirli.
    I compagni candidati non ci dicano cose generiche, ma precise: oggi invece l’interesse è su parole d’ordine generiche e di precisi solo i nomi, dove ognuno cerca di salvare la propria (poco rappresentativa) rappresentanza. Sinceramente, darei per andata questa fase e costruirei adesso quella successiva.
    La smetterei anche di giocare all’astensionismo da ‘amanti traditi’. Diamo il giusto peso, senza negarne l’importanza ma senza enfatizzarla, alla rappresentanza ‘istituzionale’, perché sono altrove i luoghi più importanti della nostra concezione democratica, ambiti sociali poco e male rappresentati. Voterò per non dare più potere istituzionale alla destra, anche se questa sinistra non mi piace, e cercherò compagni di strada per costruire a sinistra letture e rappresentanze sociali attualmente piuttosto latitanti.

  9. Francesco Bachis scrive:

    Bene compagni,
    ora che le candidature sono praticamente certe, con Di Biase al Senato – a quanto dicono da Roma è un seggio già dato per perso – e Deiana alla camera, vorrete fare i nomi delle personalità sarde che hanno le caratteristiche adatte per rappresentare le nostre istanze nelle istituzioni? Certo non è probabilmente elegante una battaglia su un nome, ma non mi pare che ci troviamo in tempi in cui possiamo permetterci l’eleganza. Per questo ero tra quelli che hanno proposto di ricandidare Bulgarelli, e credo ci sarebbero state un po’ di ragioni a far propendere per la sua candidatura… Innanzitutto è il parlamentare che ha prodotto più di tutti, su temi cruciali per la Sardegna: non sono i giornali a dirlo, ma gli uffici statistici del Senato e chi si occupa di questi temi lo sa benissimo. Ha iniziato un percorso di lavoro sul territorio con realtà interne ed esterne ai partiti prima della sua candidatura al senato, fatta per farlo fuori, e per questo motivo è stato sostenuto da comitati spontanei e, anche se clandestinamente, è stato votato da una discreta quantità di elettorato di RC. Dopo la sua elezione si è trasferito in Sardegna per continuare questo lavoro. La proposta di ricandidare Bulgarelli era formulata da una buona parte del movimento per far sì che questo lavoro continuasse, non su un nome, ma su una prassi politica che, mi spiace dirlo, era assolutamente inedita per la Sardegna. Temo che, senza nulla togliere alla candidata “nominata”, lo rimarrà.

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