L’uomo del banco dei pegni

1 Luglio 2010

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Marcello Madau

L’uso del territorio è la chiave di volta delle strategie politiche sull’ambiente. E’ recentissima la pubblicazione – tra le migliaia in tutto il territorio italiano – di 134 beni demaniali sardi (ecco l’elenco, in particolare da p. 8 Demanio_parte 4) che potrebbero essere venduti dal Banco dei Pegni tremontiano. Essa è conseguenza del percorso iniziato a suo tempo con la Patrimonio S.p.A. Anche (o proprio per questo?) se alcuni direttori generali della Regione Autonoma della Sardegna cercano di sminuirla merita grande attenzione, sarebbe assai opportuno che su tale sfida delicatissima, e sul concetto di bene comune, la sinistra non si facesse trovare impreparata.
Con quali risorse politiche? C’è chi sottolinea come, dopo gli ultimi risultati elettorali, vi sia qualche novità in Sardegna, anche se irreparabilmente interna all’abusivismo della rappresentanza denunciato da Marco Ligas nel numero scorso. E in effetti quella vittoria del centro-destra, che aveva così impressionato per la natura del voto operaio nelle aree industriali ed ambientali, proprio in molte di esse appare ridefinirsi – con l’eccezione delle provincie Olbia-Tempio ed Oristano – a favore del centro-sinistra: coalizione che, variamente assortita, governa i territori (e le coste) della provincia di Sassari, del nuorese (Nuoro e Ogliastra), di Carbonia-Iglesias, Medio Campidano e Cagliari.
Ambiente, territorio e beni comuni hanno ricevuto raramente costruzione politica di movimento, se non in alcune meritorie iniziative (mare, servitù militari, acqua, carbone) entro quell’arcipelago che va da Sinistra Ecologia Libertà, a PdCI e Rifondazione Comunista, ovvero Federazione della Sinistra, a IRS, e naturalmente nell’associazionismo più avvertito. Un arcipelago minoritario, mentre la lettura delle linee istituzionali e delle azioni dell’ex-Ulivo – se escludiamo qualche petizione di principio – non autorizza ottimismi. Nelle posizioni espresse prima del ballottaggio dai due candidati del centro-sinistra per il sindaco di Porto Torres la destinazione alberghiera del Parco Nazionale dell’Asinara ed il modello del turismo di ‘élite’ non vengono neppure messe in dubbio (anche grazie all’appoggio, mediante passati convegni, di parte della storica dirigenza CGIL).
Nessuno che pensi a salvare l’isola da natanti, tintarelle e scarichi antropici, ponendo invece come motore centrale, anche economico, la conservazione di un contesto irripetibile, epicentro internazionale di attività di godimento di beni comuni, animazione e ricerca. E’ un peccato che il fine della Conservatoria delle Coste, idea e organismo ora eliminati dal centro-destra, appaia nei fatti anche quello di promuovere gare in funzione di destinazioni alberghiere (per carità, ristrutturando i volumi esistenti…) che le stesse declaratorie UNESCO ritengono fra i maggiori pericoli per un’area come l’Asinara.
In un solo colpo il cosiddetto ‘centro-sinistra’ ha quindi definito, all’Asinara come a La Maddalena, il superamento del concetto del parco, nazionale o meno, la scelta strategica dell’albergo e del turismo di fascia alta. Responsabilità di oggi e della destra speculatrice al governo, ma anche del ‘fuoco amico’ di ieri.
Lo stesso Renato Soru, oggi presente con autorevole squadra nel rianimare iniziative di difesa ambientale, assieme al merito politico di un PPR fortemente innovativo ha non di rado manifestato un debole per la promozione di modelli turistici di tipo elitario (La Maddalena, le aree minerarie) e anche di ‘archistar’ (vedi gli esiti). Producendo iniziative velleitarie (e incostituzionali) come la famigerata ‘tassa sul lusso’, e politiche talora rischiose per la tutela. Se si vuole superare il concetto di Parco nazionale (e lo reputo un errore, perché sarebbe bastato modificare davvero la composizione del Consiglio direttivo dell’ente parco, che umilia gli enti territoriali), bisognerebbe inventarsi qualcosa di meglio dei ‘cambales’; e non giocare al ‘passaggio di competenze’, anche sui beni culturali, quando sono così indebolite leggi e istituti, e non si è in grado nel contempo di costruire una solida alternativa ed una forte mobilitazione delle comunità.

La verità è che attraverso la sirena pseudo-federalista sta passando lo svuotamento del sistema di protezione nazionale del patrimonio culturale e paesaggistico senza avere almeno un pari grado di tutela in cambio, frantumando la differenza fra competenze esclusive e concorrenti. La protesta degli archeologi vierne ripresa persino da El Mundo. Ecco quindi lo smembramento dei beni comuni del territorio, devoluti agli Enti Locali non per aumentare la democrazia dal basso, ma per fare cassa dopo averli strangolati; per diminuire, dopo avere prosciugato le risorse, proprio la tutela del patrimonio di tutti.

Tali comportamenti politici e, da ultimo, la serie dei ‘gioielli’ messi in vendita dall’Agenzia del Demanio sono quindi i segni di una crescente divaricazione nella forbice fra lama del bene comune e lama del bene pubblico, concetti tutt’altro che equivalenti ma la vicinanza dei quali è segno elevato di civiltà; e comunque di un attacco diretto ad entrambe le ‘lame’.
Credo che quindi sia molto importante costruire azioni di individuazione puntuale dei beni comuni e della loro difesa. Non basta però costruire, o recepire, un elenco di categorie e tipologie, ma piuttosto cogliere politicamente come tali beni debbano essere usati e goduti ‘in comune’, impiantando perciò una reale pratica democratica e progressista.
Sulla scorta di grandi battaglie come l’acqua e la biodiversità, che vanno mantenute e rilanciate, prepariamoci da subito a contrastare anche gli usi speculativi che si stanno prefigurando per l’Isola di S. Stefano, L’Asinara, Capo Spartivento, il Calik, l’Isola dei Gabbiani, e gli altri beni demaniali, meno pregevoli dal punto di vista paesaggistico ma destinati a ‘fare cassa’.
Proviamo a rivendicarli come beni comuni o contenitori di attività legate ai beni comuni, proponendo per ognuno di essi utilizzi non speculativi e ad alta intensità di lavoro. Magari ne esce un vero programma politico di sinistra.

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