Sempre più sfigati

31 Gennaio 2012

Valeria Piasentà

Nell’immaginario collettivo gli italiani sono santi e artisti, mafiosi, truffatori e naviganti codardi. Con un sistema di governo a democrazia ‘elastica’. Soldi, potere, il corpo delle donne sono mezzi di scambio. Da una parte c’è il grande capitale finanziario più tutto il business mosso dalla malavita organizzata; dall’atro chi ha facoltà decisionali sul territorio: gli amministratori e i politici. Mentre la corruzione e l’immoralità dilagano in una classe dirigente sempre più incolta, il cittadino perde progressivamente fiducia in chi lo rappresenta. Gli ultimi sondaggi elettorali rilevano la preoccupante quota vicina al 45% fra indecisi e non voltanti, un Pd che ha perso 5 milioni di voti in pochi anni, un PdL in caduta libera intorno al 22% dei votanti, la crisi nell’elettorato leghista. La Lega ha largamente scontentato i suoi elettori e ora dall’opposizione tenta una rimonta in tempi brevi, quelli che ci separano dalle amministrative di primavera. Tuttavia quasi l’84% del suo corpo elettorale si dice soddisfatto e molto soddisfatto dall’operato del governo Monti, come attesta un sondaggio pubblicato e subito rimosso dal sito di Radio Padania. Mentre, secondo un sondaggio Demopolis, il 62% chiede un cambio al vertice e il 76% preferisce Maroni. Dentro la Lega è ormai lotta per bande (e per poltrone) e anche il bossiano Cota teme di perdere la presidenza della Lega Piemont al prossimo congresso, Maroni diffida di Cota e Calderoli tenta di sostituirlo con la sua nuova compagna Gancia.
Quindi che fare? nei panni dei vertici leghisti direi che ora serve un po’ di spettacolo, dentro e fuori il movimento occorre agitare gli elettori polarizzandone le pulsioni. In Italia la tifoseria contrapposta da sempre appassiona gli animi, e i leghisti lo sanno bene perché è una loro cifra comunicativa, tanto che anche il calcio e il ciclismo fanno parte della propaganda. Ai vertici della Lega urge creare un fresco e violento contradditorio fra posizioni realmente o pretestualmente contrapposte con gli interventi dell’attore e della spalla, del poliziotto buono e del poliziotto cattivo.
Imitando la forma contrappuntistica musicale della fuga, dove dalla costruzione di un dialogo fra soggetto e controsoggetto si ottiene il rafforzamento delle possibilità espressive complessive. Occorre drammatizzare i rapporti: fra Lega e Monti, fra Lega e Berlusconi, nonché dentro la Lega stessa fra Bossi e Maroni o, meglio, fra le realtà conclamate dei bossiani e dei maroniani. In una recente intervista a La Stampa, dopo la manifestazione milanese del 22 con contestazione a Bossi, il silurato capogruppo alla Camera, il bossiano Reguzzoni, dichiara: «Io i fischi della piazza li ho sentiti solo contro Berlusconi. Bossi mi ha citato tre volte, dicendo che sono stato un buon capogruppo, e nessuno ha fiatato». E ancora, a chi gli imputa la vicinanza a Berlusconi, Reguzzoni replica: «E chi era ministro del suo governo invece no? La verità è un’altra». Già, ma quale? Ed ecco un esempio di drammatizzazione del rapporto Lega-resto del mondo: il sindaco di Adro, quello della scuola coi soli delle alpi, scrive al presidente della Repubblica reo di aver insignito col cavalierato il cittadino che l’anno scorso offrì dei soldi alla mensa scolastica, «Egregio Presidente, ma come si permette?! … venga ad Adro e chieda scusa alla mia gente. E’ un suo dovere morale.» (ecco il documento)
Come ha teorizzato il sociologo Erving Goffman, il sé è il prodotto della scena rappresentata e non l’inverso, e il controllo sociale si ottiene mettendo in scena una rappresentazione giocata da due fronti e su due ruoli, sul palcoscenico e simultaneamente da dietro le quinte. Nel gran teatro della politica italiana, le vicende interne alla Lega mettono in scena una farsa: la contrapposizione Bossi-Maroni che è la replica di una pièce di gran successo della passata stagione, quella Fini-Berlusconi. Perché ogni mezzo è valido per far dimenticare al ‘popolo padano’ i soldi investiti in Tanzania, le votazioni pro immunità parlamentare, l’inconcludenza della Lega nell’ultimo governo, i tanti proclami e le tante promesse che hanno portato a casa spettacoli poco edificanti come i calderoliani roghi delle leggi e flop dispendiosi come quello dei ministeri a Monza, non altro che uffici di propaganda disseminati di soli delle alpi e alberti da giussano con spadone sguainato.
Ogni mezzo è valido per prendere le distanze da un modello – il berlusconismo – che l’elettore leghista non ha mai accettato semmai vissuto come mediazione necessaria al raggiungimento di un fine, l’autonomia del nord dal resto del Paese. Invece quel modello ha contagiato pesantemente i vertici e il familismo amorale premiato personaggi come il pluribocciato Trota che ora frequenta i corsi Cepu, con docenti a domicilio: un tempo le famiglie perbene avrebbero preso tristemente atto, impiegato il ragazzotto come garzone di macelleria e regalato una bici con cestino per le consegne a domicilio; invece ora lo si premia con una poltrona in Regione e uno stipendio pubblico di quasi 160.000 euro netti l’anno, dossier illegali per procacciargli voti, macchinoni e bella vita nei locali della movida milanese.
E una citazione elogiativa nel libro di Reguzzoni, ‘Gente del nord’ edito da Rizzoli nel 2011, «E’ chiaro che ha il nostro progetto di libertà nel sangue. I nostri militanti veri, fuori da logiche di potere e di palazzo, vedono in Renzo una speranza per il futuro. Uno così non può tradire, non può vendersi».

Noi ci consoliamo con l’arte, che supera sempre la realtà anche quando è considerata ‘arte minore’ come quella del fumetto. Allora W i Simpson! i cui politici dichiarano: «che vogliono dire questi bifolchi (i cittadini), non sono altro che un branco di nessuno ad alcun reddito!». Finalmente qualcuno ci dice in faccia chi siamo, che non abbiamo voce perché non abbiamo reddito o merce da scambiare. Tranne i nostri corpi, la nostra forza-lavoro, e soprattutto il nostro voto. E, a parte i corpi freschi e sessuati delle olgettine passate e prossime, è il voto che deve essere comprato e venduto, plasmato e normato. A qualsiasi costo, anche offrendo della politica uno spettacolo divertente ancorché idiotamente vuoto. Perché questo pensano di noi cittadini molti degli eletti: che abbiamo le capacità intellettuali di un dodicenne, che siamo dei bamboccioni e degli sfigati, che siamo parassiti dello Stato; e come tali ci trattano, inserendo nelle liste elettorali dei modelli minetti e delle trote extraterrestri.

Intanto arriva la notizia della morte di Scalfaro, ex-presidente e costituente della Repubblica. Un uomo retto tutto novecentesco, un padre dello Stato e un gentiluomo. Qualsiasi sia la nostra appartenenza è un dato certo: era un politico vero. Diceva che lo Stato è la casa di tutti e la politica, nella sua accezione originaria quindi più alta, ci è necessaria come il cibo.
Ora a rappresentare noi novaresi resta Cota. Siamo sempre più sfigati.

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