Il nuovo editto delle chiudende

1 Aprile 2012

Stefano Deliperi

Tancas serradas a muru
fattas a s’afferra afferra;
chi su chelu fid in terra
l’haiant serradu puru.

L’invettiva del poeta sardo Melchiorre Murenu contro l’editto delle chiudende che nel 1820-1823 puntava alla privatizzazione degli estesi demani civici isolani (adempriviu) sono sempre d’attualità. Perfette per sintetizzare le intenzioni di Francesco Paolo Mula, sindaco di Orosei e consigliere regionale dei Riformatori Sardi, e di ben 42 suoi colleghi di tutte le formazioni politiche. Hanno infatti presentato il 22 marzo 2012 la proposta di legge n. 372, “Modifiche alla legge regionale 14 marzo 1994, n. 12 (Norme in materia di usi civici. Modifica della legge regionale 7 gennaio 1977, n. 1 concernente l’organizzazione amministrativa della Regione sarda)”. In soldoni, i legislatori sardi vogliono legalizzare le alienazioni illegittime e le occupazioni abusive dei demani civici che – inevitabilmente – saltano fuori con le procedure di accertamento dei diritti di uso civico che stanno per essere ultimate dalla Regione autonoma della Sardegna. Oltre ai 92 demani civici accertati con provvedimenti commissariali, a partire dal 2005, 84 ulteriori demani civici di altrettanti Comuni sono stati oggetto di provvedimenti di accertamento regionali, mentre altri 74 sono in corso di definizione. Gli obiettivi della proposta di legge sono chiari: “introdurre talune modifiche ed integrazioni alla vigente normativa regionale in materia di usi civici al fine di renderla maggiormente adeguata alla risoluzione delle problematiche che stanno emergendo a seguito dell’espletamento delle procedure di accertamento delle terre soggetto ad uso civico da parte della Regione; tali accertamenti, infatti, vanno ad includere anche aree che hanno perso da tempo ed irreversibilmente la conformazione fisica e la destinazione funzionale di terreni agrari o che, pur avendo mantenendo l’originaria vocazione agraria sono, di fatto, da tempo occupate”. Il nocciolo della proposta di legge risiede nell’art. 1, lettera e): il comma 5 bis è così sostituito: “5 bis. Non sono passibili di provvedimento di accertamento i terreni che siano stati utilizzati per la realizzazione di opere pubbliche, di piani per l’edilizia economica e popolare, di piani per gli insediamenti produttivi, o, purché approvati prima dell’entrata in vigore della legge n. 431 del 1985, di piani regolatori particolareggiati o di piani di lottizzazione la cui realizzazione abbia comportato l’irreversibile trasformazione dello stato dei luoghi.”. Ma si tratta di una disposizione priva di senso, perché il provvedimento di accertamento è, appunto, “di accertamento” e non costitutivo del diritto di uso civico, preesistente. Al di là dei profondi dubbi di costituzionalità (che – assicuriamo – verrebbero portati in ogni sede), ci sono altri elementi che danno peso e livello della proposta di legge. Per quali motivi decine di consiglieri regionali vogliono un nuovo editto delle chiudende? Per quali motivi non vogliono recuperare ai rispettivi demani civici i terreni a uso civico illecitamente occupati, come prevede la legge? Per quali motivi – una volta verificate incolpevoli occupazioni non autorizzate – non vogliono che i diritti di uso civico siano trasferiti su altri terreni boschivi/pascolativi/agrari appartenenti al patrimonio dei Comuni interessati, come consente la legge? I demani civici della Sardegna sono circa il 20% dell’Isola e fin troppo spesso sono stati oggetto delle peggiori speculazioni immobiliari o le occupazioni abusive di terreni a uso civico sono state causa di pesanti situazioni di violenza. E’ questo che vogliono legalizzare i difensori dei diritti dei sardi in servizio permanente effettivo?  Passi per certi consiglieri piuttosto disinvolti quando si parla di legalità, ma che ci fanno fra i firmatari della proposta di legge l’ indipendentista Claudia Zuncheddu (che ha provveduto subito al ritiro della propria sottoscrizione) e il sardista Giacomo Sanna, il comunista Radhouan Ben Amara (anche lui ha ritirato la sottoscrizione), il sinistro-ecologista Luciano Uras, l’avvocato dello Stato-UdC Giulio Steri, gli alfieri della legalità-IdV Adriano Salis e Giovanni Mariani? Ma chi è l’artefice e primo firmatario della proposta?  L’on. Mula è sindaco di Orosei, dove oltre a casi dubbi, la contestazione al recente provvedimento di accertamento regionale – determinazione Direttore Servizio territorio rurale, ambiente, infrastrutture Ass.to agricoltura e riforma agro-pastorale R.A.S. n. 30498/949 del 20 dicembre 2011 – sta diventando sempre più aspra.   Ricorsi su ricorsi, proteste su proteste. E’ incomprensibile perché non si voglia percorrere la strada del trasferimento dei diritti di uso civico dalle aree a suo tempo alienate dal Comune e oggi trasformate (es. Cala Liberotto) a veri e propri gioielli ambientali come a esempio il litorale di Bidderosa come consentito dalla legge. I diritti di uso civico e i demani civici sono parte della nostra Terra, parte della nostra identità storico-culturale, parte del nostro ambiente. Gli Usi civici e gli altri diritti d’uso collettivi sono in generale diritti spettanti ad una collettività, che può essere o meno organizzata in una persona giuridica pubblica (es. università agraria, regole, comunità, ecc.) a sé stante, ma comunque concorrente a formare l’elemento costitutivo di un Comune o di altra persona giuridica pubblica: l’esercizio dei diritti spetta uti cives ai singoli membri che compongono detta collettività. Gli elementi comuni a tutti i diritti di uso civico sono stati individuati in: esercizio di un determinato diritto di godimento su di un bene fondiario; titolarità del diritto di godimento per una collettività stanziata su un determinato territorio; – fruizione dello specifico diritto per soddisfare bisogni essenziali e primari dei singoli componenti della collettività. L’uso consente, quindi, il soddisfacimento di bisogni essenziali ed elementari in rapporto alle specifiche utilità che la terra gravata dall’uso civico può dare: vi sono, così, i diritti di uso civico di legnatico, di erbatico, di fungatico, di macchiatico, di pesca, di bacchiatico, ecc.      Quindi l’uso civico consiste nel godimento a favore della collettività locale e non di un singolo individuo o di singoli che la compongono, i quali, tuttavia, hanno diritti d’uso in quanto appartenenti alla medesima collettività che ne è titolare. Dopo la legge n. 431/1985 (la nota Legge Galasso), i demani civici hanno anche acquisito una funzione di tutela ambientale (riconosciuta più volte dalla Corte costituzionale: vds. ad es. sent. n. 345/1997 e n. 46/1995).    Questa funzione è importantissima, basti pensare che i demani civici si estendono su oltre 5 milioni di ettari in tutta Italia (un terzo dei boschi nazionali), mentre i provvedimenti di accertamento regionali stanno portando la percentuale del territorio sardo rientrante in essi a quasi il 20% (oltre 400.000 ettari). Molte normative regionali, così come anche la legge regionale sarda n. 12/1994 e successive modifiche ed integrazioni, vi hanno aggiunto alcune nuove “fruizioni” (es. turistiche), ma sempre salvaguardando il fondamentale interesse della collettività locale.   In particolare sono rimasti invariate le caratteristiche fondamentali dei diritti di uso civico. Essi sono inalienabili (art. 12 della legge n. 1766/1927), inusucapibili ed imprescrittibili (artt. 2 e 9 della legge n. 1766/1927): “intesi come i diritti delle collettività sarde ad utilizzare beni immobili comunali e privati, rispettando i valori ambientali e le risorse naturali, appartengono ai cittadini residenti nel Comune nella cui circoscrizione sono ubicati gli immobili soggetti all’uso” (art. 2 legge regionale n. 12/1994).  Ogni atto di disposizione che comporti ablazione o che comunque incida su diritti di uso civico può essere adottato dalla pubblica amministrazione competente soltanto verso corrispettivo di un indennizzo da corrispondere alla collettività titolare del diritto medesimo e destinato ad opere permanenti di interesse pubblico generale (art. 3 della legge regionale n. 12/1994). Con l’approvazione regionale degli strumenti previsti (regolamento per la gestione, piano di recupero e gestione delle terre civiche) sarà, così, possibile tutelare efficacemente il demanio civico e svolgere tutte quelle operazioni (permute, recuperi, sdemanializzazioni, trasferimenti di diritti, ecc.) finalizzate a ricondurre a corretta e legittima gestione una vera e propria cassaforte di natura della comunità locale (legge n. 1766/1927 e legge regionale n. 12/1994 e successive modifiche ed integrazioni). Un patrimonio meritevole di efficace tutela e di accorta gestione ambientale. E continueremo a batterci per questi obiettivi. Qui la proposta di legge regionale usi civici n. 372 del 2012

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