L’ideologia del “vaffa”

16 Maggio 2014

 Beppe Grillo sull'Etna, comizio a 2000 metri

Gian Nicola Marras

Una definizione di ideologia si ha proprio nel suo nascondersi in quanto ideologia. Quando si dice: dimenticatevi dell’ideologia, siamo nell’ambito della vita pura. È proprio allora che l’ideologia si esprime al suo meglio”. Slavoy Žižek , Guida perversa all’ideologia. 2012.

È iniziato il 5 maggio a Cagliari nella piazza dei Centomila il VinciamoNoi Tour di Beppe Grillo per le piazze italiane. Dall’incontro cagliaritano, ma più in generale dal tour nazionale, emerge la forza del legame tra linguaggi mediatici e il mutamento delle ideologie.

In un’epoca di disaffezione dalla politica, il M5S incentra la sua narrazione del mondo e della politica rinnegando sia il ruolo che l’idea del partito ideologico. Questa operazione di apparente de-ideologizzazione è di per sé ideologica. Come confermano sia Žižek (Cfr. sopra) che Sepulveda (http://goo.gl/eHQaPc ), le ideologie, lungi dall’essersi estinte, dimostrano vitalità, potere di controllo e riproduzione sociale, proprio nel momento in cui si nega la loro esistenza. Il potere affabulatorio della pedagogia egemonica grillina consiste nell’utilizzo di un format abbastanza elementare: la ripetizione seriale di formule linguistiche giornalistiche impacchettate e precostituite da vendere come un prodotto. La presunta trasparenza morale dei 5S è data dalla loro inconsistenza politica.

Anche gli occhi del flâneur più disinteressato della piazza Centomila -come per tante altre piazze italiane- balza agli occhi la macroscopica lacuna -apparentemente- incolmabile del M5S: la formazione di un’adeguata classe dirigente in grado di fare a meno del carisma del personaggio Grillo. La politica nei territori la fanno le persone, non le identità on-line.

Animali politici” contemporanei, sono le donne e gli uomini che conoscono le esigenze e le difficoltà del territorio in cui abitano, e usano gli strumenti democratici delle Istituzioni per governare. Il M5S sardo, in occasione delle ultime elezioni regionali, non è riuscito né ad esprimere alcun nome come candidato presidente, né a formulare una lista. Un indicatore evidente del come e del perché l’intero artificio casal-grillino, sia in primo luogo una brillante operazione di marketing politico fondata su una ben oculata strategia di rete per la diffusione del messaggio-brand veicolato attraverso gli strumenti del web 2.0.

In questo calderone comunicativo, Grillo miscela sapientemente i rancori verso la classe politica con le delusioni private dei cittadini. La politica viene spettacolarizzata, Grillo è lo sciamano, il totem in cui si concentrano le attenzioni e l’energia emotiva dei suoi seguaci, affabulati da un’ideologia neo-tribalista, irrazionalista e antimodernista. Astuto e lungimirante nel non cadere nell’errore salviniano del No-Euro a tutti i costi, Grillo in vista delle europee, ha deciso di convergere su posizioni meno euroscettiche, ridimensionando le sue storiche posizioni su UE e Euro. Paradossalmente, riesce in questa operazione parlando meno di Europa e sventolando una formula datata e preconfezionata, il passepartout dell’antipolitica contemporanea: “li mandiamo tutti a casa”. Chi entusiasta ha annuito e acconsentito a seguito questo passaggio, probabilmente dimentica che il prossimo appuntamento elettorale è internazionale e europeo, non nazionale.

Se l’ascesa dei 5S ha dei meriti, uno su tutti è quello di aver incentivato un dibattito sulle pratiche e i costi della politica, costringendo i gruppi di potere dei partiti tradizionali a rivedere in parte le loro posizioni. Ha progressivamente fatto breccia nel pensiero comune una rappresentazione negativa del professionismo politico, visto come il peggior virus che affligge la società italiana. Critica che trova conferma nelle cronache giornalistiche quotidiane: gli eccessi e le degenerazioni di tanti politici e faccendieri che navigano nel torbido mare di una politica corrotta, indissolubilmente legata a doppio filo alla mafia e ad un’imprenditoria predatoria. Volendo citare alcuni casi: Dell’Utri, Scajola, Frigerio (tessera DC, poi legato a PDL e F.I.) e del “compagno” Greganti (tessera PCI, DS e poi PD) questi ultimi due in relazione agli appalti per l’Expo, dimostrano come tutti questi uomini delle Istituzioni hanno attraversato impunemente Tangentopoli e la Seconda Repubblica (http://goo.gl/kv7KBn ).

La strada per i consensi di Grillo è quindi facilmente spianata dai partiti tradizionali. La fiducia nelle istituzioni è progressivamente erosa da una classe politica irresponsabile e autoreferenziale che in alcuni frangenti sembra non rispondere adeguatamente alla retorica demolitoria grillina.

A questo si aggiunge l’aver acconsentito ai dettami imposti dalla “Troika” (FMI- BCE- C.E.) la stagione -sia italiana che greca- dei commissariamenti e delle politiche di austerity, l’approvazione del pareggio di bilancio in Costituzione (http://goo.gl/TbP5EN ), la faccenda Monte Paschi Siena e la torbida questione IMU-Bankitalia. Tutti elementi che agli occhi dell’opinione pubblica hanno avvalorato la provocazione grillina del PD=PD-L, e favorito l’exploit elettorale del M5S. Lo sviluppo delle infrastrutture tecnologiche delle piattaforme digitali social ha fatto il resto.

Il senso di disaffezione e distacco dalle istituzioni, si rivela l’architrave portante dell’impalcatura concettuale grillina che consolida la psicologia dei cybernauti suoi “followers”. Si cementa l’idea della militanza on-line che allontana i cittadini dalle Istituzioni e dai luoghi del potere, nonché la convinzione che la rete sia un lido salvifico dispensatore di Verità. Grillo e i suoi seguaci sostengono che l’orientamento dei 5S non sia né di destra né di sinistra, rifiutando lo schema di collocazione politica, dimostrano di farsi promotori –forse ereditando dal Partito Pirata- di un fortissimo individualismo, sintetizzato nella formula seriale de l’ “ognuno vale uno”, che proprio non si ascrive al patrimonio ideale della sinistra, ma che si assimila antropologicamente alle destre e allo “zeitgeist” renziano.

Il M5S distaccandosi dai partiti, rinnega completamente i collanti ideologici che dovrebbero unire le persone su valori in grado di edificare realmente una comunità reale. I valori solidaristici della condivisione comunitaria, sono alieni dalla narrazione di Grillo.

Nonostante ciò, Grillo ha fatto incetta di preferenze in particolar modo nel mondo della sinistra, ed è riuscito anche a farsi portavoce delle cocenti delusioni di altre fasce deboli di questo paese: giovani impegnati in lavori o attività sottopagate o non retribuite, studenti, disoccupati, precari, NEET, e il popolo delle partite IVA.

Il seguente rimedio annunciato da Grillo per la cura della nostra democrazia drogata è l’infiltrazione nelle istituzioni della cosiddetta “Ggente” (cittadini per bene), persone incensurate anche se completamente aliene dalle dinamiche della democrazia. Individui che, secondo la narrazione grillina, sono gli unici in grado di conferire nuova identità dalla faccia pulita per la ricostruzione della democrazia.

Possono davvero essere Grillo e il suo movimento i promotori di una rivoluzione autenticamente democratica della politica e del paese? Le oramai frequenti espulsioni di militanti e rappresentanti del suo movimento democraticamente eletti, lo strapotere della leadership monocratica dello stesso Grillo nella scelta delle candidature, sembrano dissolvere ogni dubbio riguardo i deficit democratici interni dell’agire politico (o movimentista) del M5S. L’immutabilità di questi fenomeni, mostra le evidenti contraddizioni della retorica inclusivista e partecipativa dei cittadini in questo presunto processo democratico dal basso, o per meglio dire “dalla tastiera”.

Ad ogni modo l’epoca in cui viviamo è oltremodo ricca di domanda politica, ma sia partiti tradizionali che il M5S, si rifiutano di leggerla e individuarla nelle istanze della società civile, nei movimenti spontanei per la casa, nell’associazionismo spontaneo slegato dai partiti. Le strutture di governo appaiono come inadeguate nel rispondere ai problemi politici contemporanei, nessun sistema di governo attualmente esistente è stato concepito per rispondere alle esigenze di diversità di così tanti attori sociali, portatori di così tanti e diversi interessi.

Il celebre sociologo Bauman ha rielaborato il ragionamento gramsciano sulla natura sociale dell’ “Interregno” descritto dal teorico sardo: “Le regole vecchie non portano più a risultati, ma quelle nuove non sono ancora state inventate” la resistenza al mutamento è perpetuata dal sistema culturale, sociale e politico generato dalla politica stessa e consolidatosi negli anni e quando “il vecchio muore e il nuovo non può nascere”. (http://goo.gl/lkHlUv http://goo.gl/3owHqF )

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