Israeliani al Lingotto. Il muro del silenzio

16 Febbraio 2008

Pinella Depau

La questione palestinese è tornata al centro del dibattito politico, a sinistra e dintorni, dopo la proposta di boicottaggio della Fiera del libro di Torino, con posizioni contrapposte che travalicano appartenenze e collocazione di partito. Ben venga questo dibattito acceso che rompe il sostanziale silenzio della sinistra (ma anche del mondo della cultura) sulle condizioni disumane del popolo palestinese, imposte dallo stato di Israele che – contro le stesse risoluzioni dell’ONU – ne occupa i territori e, in un balletto infinito, ne disconosce le legittime autorità, seleziona i suoi dirigenti con omicidi mirati, straccia ogni ipotesi di accordo ogni volta che sembra affacciarsi una speranza di pace. Tutto davanti all’imbarazzato silenzio o alle timide reazioni della comunità internazionale, bloccata dalla copertura assoluta di cui Israele gode da parte degli USA. Questa politica di assedio (la costruzione del muro e la rete di chek point che costringono le/i palestinesi a vivere in una prigione a cielo aperto, a non poter frequentare la scuola e l’università, a non poter raggiungere i propri familiari e persino gli ospedali per curarsi o per partorire; il più recente blocco a Gaza dei beni essenziali per la sopravvivenza, il taglio dell’elettricità e del gasolio ecc.) non ha reso Israele più sicura ma ha aumentato l’odio reciproco e favorito un’escalation di violenza.
Le cittadine e i cittadini che vogliano dare un contributo politico, esprimere concretamente solidarietà, fuori da ipocrite dichiarazioni di equidistanza, che altro possono fare se non attivare pratiche nonviolente e dal forte impatto simbolico? Tale é, quest’anno, il boicottaggio della Fiera del libro di Torino, che ha come ospite d’onore lo Stato di Israele nel sessantesimo della sua costituzione, che coincide anche con il sessantesimo anniversario della nakba, la tragedia del popolo palestinese che dalla sua terra fu espulso militarmente o, per una sua parte, costretto a vivere in condizioni di apartheid e privo dei più elementari diritti. Non si tratta di mettere in discussione l’esistenza dello stato di Israele, ma di riconoscere al popolo Palestinese dignità e diritto ad un proprio stato (nell’impossibilità, per ora, di vivere in pace e concordia in un unico stato comune). Sono abbastanza vecchia da aver partecipato alla mobilitazione internazionale che attuò il boicottaggio economico, culturale, politico e sportivo nei confronti del regime razzista del Sudafrica; mobilitazione e boicottaggio che ebbero un grande peso nel rafforzare la politica dell’ANC, nel favorire la liberazione di Mandela e l’affermazione democratica dei diritti dei neri.e di consentire la successiva pacificazione. Non riesco a capire lo scandalo suscitato oggi dall’appello fatto agli scrittori perché si astengano dal partecipare alla Fiera del libro, che rappresenta una vetrina eccellente per la propaganda dello stato di Israele e della sua politica, senza dubbio razzista e crudele. Si propone da più parti, in alternativa, di discutere e criticare, senza censure; ma non si tratta di censurare gli scrittori, piuttosto di invitarli a prendere una posizione forte per lanciare un messaggio simbolicamente incisivo al governo di Israele e soprattutto alla Comunità internazionale. Conosco e amo l’arte di scrittori come Grossman, Jehoshua, Oz, i cui scritti hanno larga diffusione e parlano liberamente al mondo intero; mi piacerebbe che anche i molti scrittori palestinesi potessero partecipare alla Fiera del libro a pari titolo, mentre mi risulta che la proposta di mettere sullo stesso piano gli scrittori israeliani e quelli palestinesi – fatta agli organizzatori della Fiera da più parti, fra gli altri da “Ebrei contro l’occupazione” – sia stata seccamente rifiutata. Pare per intervento diretto del governo Israeliano. Sembra che anche la scrittura abbia i suoi muri. L’iniziativa del boicottaggio può almeno rompere quello del silenzio, in cui può intervenire anche chi crede nella forza delle idee, contro la forza delle armi. Mentre la falsa coscienza dei governi occidentali sta lasciando morire il popolo palestinese.

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