A Cagliari il disagio giovanile si cura con gli educatori. Senza militari e manganelli

14 Novembre 2022

[Roberto Loddo]

Aumentare le forze dell’ordine nei centri storici per risolvere il problema del disagio giovanile è probabilmente l’idea più stupida e banale di un sindaco in difficoltà. Una giunta della destra alle vongole che scimmiotta gli amici sceriffi della tolleranza zero con comunicati stampa che non hanno nessun seguito nell’azione di governo della città.

Solo una giunta che vive una irreversibile crisi di consensi può rispondere suoi giornali con l’evocazione di task force con i manganelli ai bisogni e le necessità di aggregazione e socialità delle generazioni più giovani. Cagliari però non è fatta solo di commercianti, ristoratori e proprietari di hotel e bed and breakfast.

Sarebbe utile che il sindaco di Cagliari leggesse la Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Cagliari non è una città a misura dei suoi cittadini adolescenti e minori. Non ha nessun sistema di servizi attivi, di interventi sociali, azioni educative collettive e di comunità finalizzate al disagio giovanile.

Perché non sostenere progetti già esistenti che hanno proprio la funzione di superare il disagio giovanile dalle periferie ai centri storici? Perché non affidarci alle potenzialità dei Centri di quartiere di Cagliari, magari potenziando le loro equipe e finanziando con maggiori risorse i loro progetti attraverso delle azioni da costruire anche in tarda serata?

Il sindaco di Cagliari ci dovrebbe spiegare perché un carabiniere è meglio di un educatore di strada. Esiste una grande città europea che ha risolto con le divise il problema del degrado sociale che vivono le persone minori nei propri centri storici? A me non risulta. Mi risulta invece che le persone minori siano a tutti gli effetti cittadine e cittadine della nostra città, portatori di diritti sociali e civili che dovrebbero essere compresi nei progetti della città di Cagliari attraverso azioni positive, senza l’utilizzo delle sirene e dei ridicoli eventi spot di propaganda con qualche nome famoso fatti ogni tanto per “fare vedere che facciamo qualcosa per i giovani”.

I nostri ragazzi del famigerato “sabato sera violento” non hanno nulla a che vedere con la narrazione giornalistica delle gang violente. Almeno non ancora. Sono cittadini e cittadine a cui questa città nega il diritto all’inclusione sociale e alla socialità. Se oggi Marina e Stampace il sabato sera ci sembrano il Vietnam cosa succederà tra qualche anno se continuiamo a relegare il problema del disagio giovanile come un problema di ordine pubblico?

Nell’immagine, un murale in Via San Saturnino a Cagliari

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