Ambiente addio?

1 Settembre 2010

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Ignazio Camarda

I tempi non sono facili. Non lo sono per le aziende pastorali, non lo sono per gli operai della Vinyls, non lo sono per gli insegnanti  precari, scientificamente ignorati dai mezzi d’informazione, non lo sono per l’Università, considerata dalla compagnia della ministra Gelmini un luogo di parassiti scansafatiche dediti solo al proprio tornaconto, non lo è per i magistrati, comunisti o meno, che comunque si sanno difendere con efficacia. Il tutto condito con 20 milioni di fanfaroni bossiani pronti a far decollare la famosa Padania e con il presidente Berlusconi che vuole risolvere a tutti i costi i problemi della sua giustizia.  Si potrebbe dire con una frase antica ed abusata “mala tempora currunt”.

In questo contesto passa in subordine la tutela dell’ambiente e punti fermi che si ritenevano acquisiti sono, nella sostanza, messi in discussione prima di tutto dalla legge regionale per il rilancio dell’edilizia che ha risvegliato gli appetiti dei grandi gruppi per i pezzi di territorio più pregiati delle coste.
Non occorre essere cattivi profeti, interrotta la fase soriana di tutela delle coste, nel prevedere, anche nel timore di una conclusione  anticipata della legislatura regionale che comunque non avverrà, una caterva di concessioni per nuovi villaggi turistici visti come la panacea per l’occupazione e per il famoso sviluppo,  grazie alla bontà dei frequentatori degli alberghi (oggi li chiamano resort) a cinque stelle disseminati  qua e là e coordinati dalla Mita della presidente di Confindustria, che ha trovato in Sardegna la gallina dalle uova d’oro, dalle Tonnare di Stintino all’arsenale di La Maddalena, alle coste intonse di Capo Malfatano.  A Narbolia il SIC di Is Arenas.  Il progetto di cementificazione degli habitat prioritari procede come se nulla fosse.

Nelle aree protette, il Parco dell’Asinara è senza presidente da quasi due anni e un’ incomprensibile baruffa si sta consumando tra il sindaco di Stintino che vuole far parte del direttivo del parco e il sindaco di Porto Torres che gli chiede di conferire (come se si trattasse di uva da conferire alla cantina sociale) la Pelosa, una delle spiagge più degradate della Sardegna su cui incombono progetti faraonici di cosiddetto risanamento. Per far cessare l’oggetto del contendere basterebbe che il Ministero dell’Ambiente o uno dei soggetti che designano i componenti del Direttivo dell’Ente Parco (Regione, Provincia, associazioni ambientaliste) indichino un amministratore di Stintino. Questo naturalmente si  può fare senza aspettare cambiamenti di leggi che non verranno più. Senza trascurare la Comunità del Parco.  Sarebbe bello se la discussione si svolgesse sulle misure di tutela dell’ambiente dell’Asinara e di Stintino, che come ben sa il sindaco Diana possiede ben tre Siti di Importanza Comunitaria che nulla hanno da invidiare all’Asinara. Il parco di La Maddalena ancora è privo della completezza del suo direttivo, mancando gli enti locali e la Regione. Nelle riserve marine la maggiore preoccupazione sembra soprattutto il turismo, resiste bene Tavolara anche con iniziative ambientali di spessore. Il guazzabuglio istituzionale e normativo del Parco del Gennargentu ogni tanto è ravvivato da politici che trovano modo di farsi sentire lottando fieramente contro lo Stato centralista che vuole mettere solo  i vincoli che caccerebbero dal pascolo i fieri pastori e le libere greggi.  Il Presidente Cappellacci, spronato dall’onorevole Pili e sostenuto dai sindaci, tuona che “ci opporremo in tutte le sedi” ma allo stesso tempo il Parco Nazionale del Gennargentu viene pubblicizzato come tale da Comuni e Regione.

Nelle libere spiagge ormai riminizzate dalla abnorme pratica delle concessioni demaniali che di libero lasciano ben poco, la pulizia delle spiagge è una pratica distruttiva, che vede in ogni filo d’erba un attentato alla vita del turista bagnante, cancellando gran parte dei sistemi dunali. La Pelosa, il lido di Alghero, La Caletta, il Poetto, per citare solamente alcuni, sono ormai degli ecosistemi biologicamente nel massimo degrado.
Le zone interne, con rare eccezioni, sono desolatamente solitarie e nei paesi  le sagre paesane, ora del carciofo, ora della ricotta, ora delle castagne (ma ben vengano), non sono in grado di vivificare i luoghi con attività che evitino il languire e la lenta morte  delle scuole elementari ridotte a qualche prima o classe unica, che con la  Gelmini aspetta solo il certificato ufficiale.

L’aumento delle formazioni boschive, se da un lato presenta dei vantaggi dal punto di vista idrogeologico, è il segno più evidente della difficoltà delle comunità delle zone interne di trovare una linea di sviluppo coerente con le risorse del territorio. La aree irrigue sono sempre più lasciate incolte e la vergogna del prezzo di un litro di latte che costa meno dell’acqua non spinge nemmeno a utilizzarle in modo intensivo per il pascolo brado.

Credo, sperando di sbagliarmi, che in mancanza di una forte politica che dia strumenti economici validi alle zone interne, continueremo ad assistere in modo sempre più accentuato al progressivo spopolamento dei paesi dell’interno verso i comuni costieri con un’ulteriore pressione su tutti gli ecosistemi costieri e la svendita dei territori più pregiati al migliore offerente, come pratica costante da molti decenni a questa parte, con l’illusione che  grandi gruppi turistici facciano gli interessi della Sardegna e non i propri.

Allo stesso tempo la desertificazione umana delle campagne interne e la mancanza del presidio del territorio offrono il fianco a gravi fenomeni di perdita di conoscenze e saperi  che non fanno presagire nulla di buono.

Una riflessione in un grande incontro regionale da parte di quanti hanno a cuore davvero la salvaguardia dell’ambiente della Sardegna credo che sia davvero indispensabile, superando la frammentazione che troppo spesso caratterizza associazioni ambientaliste e culturali, per dare vita a un movimento che elabori programmi realistici ed organici alle esigenze di quest’Isola che naviga a vista sembra senza una meta in balia delle pale eoliche, che le recenti inchieste non sembrano in grado di fermare.

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