Analogie

1 Luglio 2015
murales per il lavoro
Carlo Sanna

Il 25 Giugno il Senato della Repubblica ha votato la trentasettesima fiducia al Governo Renzi, questa volta sulla Riforma della Scuola, in maniera del tutto simile a quanto accaduto su altri temi importanti come la Legge elettorale ed il Jobs Act.

In particolare con quest’ultimo sono preoccupanti le analogie. Qualche tempo fa sostenevo che “La Buona Scuola” non disegnasse solamente un nuovo modello di scuola, ma fosse parte di un progetto più ampio di costruzione di un nuovo modello di società. E non si può cambiare la struttura di uno Stato senza intaccare il Lavoro e l’Istruzione. È tuttavia preoccupante il modo con il quale è stato condotto l’iter legislativo su questi due temi. Nessun dialogo con i lavoratori e gli studenti, una continua mortificazione dei sindacati e della rappresentanza in generale, la sordità di fronte alle richieste di piazze numerose e determinate, la logica dell’individualismo e della competizione nel trovare un posto di lavoro e nel portare avanti un percorso scolastico, il lavoro che diventa una gentile concessione da una parte, un ricatto – tramite le assunzioni – dall’altra. E ora la questione di fiducia. 

Che il potere esecutivo stia attraendo sempre più su di sè la competenza legislativa non è certamente una novità. È il modo con il quale Matteo Renzi interpreta il suo ruolo all’interno di questo fenomeno ad essere diventato intollerabile, sempre più lontano dal rispettare la correttezza ed i limiti posti dal processo di delega, sempre più autoritario, sempre più sordo. La sfida lanciata dal Presidente del Consiglio non è più solo contro le opposizioni, non è più solo una dimostrazione di controllo sul proprio partito, non è più solo uno schiaffo ai sindacati e alla rappresentanza. Ora la discussione non è più solamente nel merito delle riforme e delle azioni di governo: è in gioco la tenuta del nostro sistema democratico, i suoi equilibri, la solidità delle sue prerogative.

Qualche giorno fa ad Atene, per decidere le posizioni che la Grecia prenderà nei confronti dell’Europa, Alexis Tsipras sceglieva il referendum: appellandosi alla “democrazia, al sangue freddo, alla determinazione” del popolo greco, a loro si rivolge chiedendo di “rispon­dere in modo sovrano e con fie­rezza”. Nel mentre a Roma Matteo Renzi opera in modo diametralmente opposto: ignorando qualsiasi principio di responsiveness si dimostra incapace di fornire una risposta  alle preferenze dei suoi cittadini, agli input che da essi provengono risponde con output già decisi e si dimostra insofferente ed intollerante rispetto ad ogni proposta che da questi si discosti. Non si parla più solo di scuola, di lavoro, di legge elettorale, si deve parlare di democrazia. Perchè se questo gioco di potere può perpetuarsi senza conseguenze, è possibile che si stia entrando in una pericolosa spirale negativa nella quale i contrappesi e le tutele che il popolo ha nei confronti delle istituzioni vengono messi in discussione e resi inefficaci.

La via d’uscita c’è, è proprio uno di quegli stessi contrappesi ed ha un nome: accountability. Al di là della creazione di nuovi soggetti politici, sarà proprio la valutazione dell’elettorato a stabilire chi vince in questo pericoloso braccio di ferro, se questa “democrazia autoritaria” è una parentesi nella nostra Repubblica o una fase politica che è solo all’inizio.

[Nell’immmagine: Murales per il lavoro]

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