Antonio Sassu ricorda Gianfranco Sabattini economista

23 Dicembre 2020

[Antonio Sassu]

Gianfranco Sabattini era nato a Comacchio, non in Sardegna, ma si sentiva profondamente sardo.

Una volta laureato a Cagliari in Economia e Commercio diventò in breve tempo assistente alla cattedra di Politica Economica e Finanziaria col professore Esposito De Falco. Qui a Cagliari svolse la sua attività didattica e di ricerca, partecipando attivamente alla vita della città e al dibattito culturale anche sulla stampa quotidiana.

Aveva molto a cuore la Facoltà, il suo funzionamento, le sue risorse che dovevano essere acquisite ex novo, in quanto la Facoltà era stata costituita da poco. Sulla base dei modelli di alcune Università italiane riorganizzò i servizi, in particolare la biblioteca e a tal fine si fece nominare direttore del personale, incarico inesistente sulla carta, così da giustificare di fronte ai dipendenti le sue disposizioni, mettere ordine e costituire le premesse per il buon funzionamento dell’organizzazione della Facoltà stessa.

Ma il suo interesse principale era la ricerca. Gran parte delle sue pubblicazioni sono relative all’economia, alla sociologia e alla storia sulla Sardegna di cui era grande conoscitore. Gli argomenti trattati sono vari, tutti molti rilevanti, mai banali anche quando non c’è stata grande originalità. Sempre alla ricerca di uno sviluppo isolano stabile e continuo, recentemente si era dedicato con passione ad elaborare gli spunti di una nuova politica economica dopo aver assistito alle forti delusioni delle precedenti strategie a cui la classe nostrana ci aveva esposto. La Sardegna, diceva sempre, ha competenze valoriali, professionali e intellettuali in grado di garantire uno sviluppo sociale e civile al pari di altre regioni se sono supportate bene dalle istituzioni.

Lo Statuto regionale del 1948 ha attribuito alla Sardegna una democrazia formale, non sostanziale. Non vi è stata una integrazione sociale ed economica a livello internazionale, con le altre regioni italiane, e neppure all’interno dello stesso territorio regionale, anche per via del centralismo del governo. Una democrazia allargata in cui i cittadini fossero coinvolti nella partecipazione alle scelte nazionali e regionali dal basso assicurerebbe un governo effettivo e una maggiore responsabilità. Oggi, il principio di sussidiarietà, previsto a livello italiano ed europeo, dovrebbe pretenderlo. Perseguire una politica di integrazione sociale ed economica senza una definizione di questo principio, quindi, è impensabile.

Già l’economista Acemoglu e lo scienziato politico Robinson hanno studiato con grande successo, non solo mediatico, i temi relativi alle istituzioni e allo sviluppo economico. Essi si pongono una domanda cruciale: perché alcune nazioni falliscono e altre, invece, diventano sempre più ricche?

La risposta la trovano nella qualità e nel valore delle istituzioni che i paesi si danno. Ci sono paesi che elaborano e applicano istituzioni inclusive, in cui tutti partecipano alla produzione e alla distribuzione della ricchezza, e paesi che predispongono e attuano istituzioni estrattive, cioè, “estraggono” il beneficio della ricchezza a vantaggio di pochi, senza che di esso ne goda la popolazione che rimane ai margini della società. Nel caso di istituzioni estrattive il beneficio, cioè, il reddito che viene ricavato dalle attività del paese, è ripartito in modo iniquo fra due gruppi sociali: molto del beneficio va ad una parte minoritaria della popolazione, e poco del beneficio agli altri membri della società. Siccome il reddito viene consumato e sperperato nel primo caso, e utilizzato per la sopravvivenza nel secondo caso, manca l’accumulazione del capitale, quindi, le nazioni non progrediscono e decadono.

Bisogna distinguere istituzioni economiche e istituzioni politiche. Queste ultime, facendo leva sui pubblici poteri, possono assicurare per tutti l’esistenza dei diritti che le istituzioni economiche garantiscono, nei casi concreti e secondo le dovute modalità. Esiste un circolo virtuoso fra le istituzioni economiche e politiche, così, allo stesso modo esiste un circolo vizioso fra le istituzioni, o fra le istituzioni economiche e alcuni gruppi sociali, che potrebbero far leva sulle istituzioni politiche a diversi livelli.

La caratteristica più importante delle società inclusive è che queste sono dinamiche, culturalmente vivaci e imprenditorialmente attive, hanno l’obiettivo della innovazione e della concorrenza e, pertanto, conseguono normalmente una continua crescita.

Nelle società “estrattive”, invece, la gran parte della popolazione, non avendo alcun interesse a far crescere solo una parte piccola della società, non avendo alcun beneficio dalla concorrenza, dalla innovazione, dai servizi e spesso dalla scelta del lavoro o dei diritti fondamentali, sarà meno propensa a fare ulteriori sacrifici per risparmiare e per far crescere la nazione. Le società estrattive, pertanto, prima o poi saranno destinate al declino e al fallimento.

Sabattini sostiene che la nostra società regionale è essenzialmente estrattiva, soprattutto a causa dei governi che abbiamo avuto e che alla Sardegna non hanno concesso nulla, quindi è necessario porre mano ad una revisione dello Statuto. Secondo Sabattini una revisione del testo della Carta Costituzionale che potrebbe venire incontro alle esigenze dei nostri territori, in particolare di quelli dell’interno, potrebbe essere quella che prevede un federalismo. A questo fine si è spesso battuto per una modifica del rapporto con lo Stato e dello Statuto regionale.

Ma non basta. Il principio di sussidiarietà richiede anche la partecipazione dei cittadini alla scelta e alla distribuzione delle risorse. Esistono grandi disparità all’interno della regione e certamente i comuni e le autonomie locali non partecipano alla ripartizione della ricchezza secondo criteri più equitativi.

L’obiettivo della politica economica regionale dovrebbe essere quello di superare la parzialità che l’ha sempre caratterizzata: cioè, superare la staticità delle condizioni economiche dei territori, “attraverso la mobilitazione di tutte le risorse materiali e personali in essi presenti” . Si tratta di considerazioni che vanno ben al di là delle semplici riforme burocratiche e anche una maggiore maturità di tutti. In Sardegna sono le istituzioni estrattive che prevalgono e che si impongono. Sarebbe necessario ripensare ad un nuovo modello di governance per evitare lo spopolamento e la povertà delle popolazioni.

Il motivo per cui lo sviluppo locale continuerà a non avere l’attenzione che meriterebbe è che la classe politica locale continuerebbe a praticare una politica economica che le permette di “estrarre” il maggior beneficio elettorale e non di migliorare le condizioni di vita, di lasciare in continuazione le cose come stanno.

Migliorare la vita civile e sociale della Sardegna era il più grande desiderio di Gianfranco Sabattini, non solo una richiesta di politica economica, tanto meno, solo per dire.

————————————
Articolo pubblicato in contemporanea su Democraziaoggi, il manifesto sardo e Aladinpensiero: le tre testate online di cui Gianfranco Sabattini è stato negli ultimi anni prestigioso e infaticabile editorialista.

Leggi anche: Per Gianfranco Sabattini e Ciao Gianfranco

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI