ASCE Sardegna e LasciateCIEntrare: atteggiamento omertoso delle autorità sul CPR di Macomer

26 Giugno 2020

Macomer, centro rimpatrio migranti

[red]

Pubblichiamo una nota di ASCE Sardegna e LasciateCIEntrare in merito al diniego di accesso alla struttura rivolto alle associazioni, e al tentativo di deportazione dei reclusi dopo le proteste dei giorni scorsi.

La settimana scorsa abbiamo definito il CPR di Macomer “uno spazio completamente fuori dal diritto, un buco nero dove spariscono persone, democrazia e diritti umani, nella opacità di una gestione omertosa. Una gestione che isola i reclusi dal mondo esterno ed erige una coltre di silenzio impenetrabile intorno al perimetro della prigione”. Oggi ci troviamo dinnanzi all’ennesima conferma di questo modello opaco, che ancora una volta chiude le porte in faccia a quella parte di società civile che chiede di dar voce a tutti coloro che diventano invisibili una volta varcata la porta del CPR.

Avevamo chiesto di accedere insieme alla consigliera regionale Maria Laura Orrù nella sua visita ufficiale nel CPR, che avrebbe dovuto seguire un primo ingresso d’urgenza avvenuto lunedì 22 giugno per accertare le condizioni di vita nel centro in seguito alle proteste e ai gravi fatti avvenuti pochi giorni prima.

La richiesta nasceva dalla volontà di mettere a disposizione l’esperienza della Campagna LasciateCIEntrare nella verifica del rispetto dei diritti delle persone internate nel CPR, la presenza di un mediatore qualificato di Asce Sardegna che consentisse una migliore comunicazione con i reclusi, possibilmente al riparo dal controllo del personale di gestione e delle forze di pubblica sicurezza, e la presenza di una avvocatessa del foro di Oristano, già assistente in passato di alcune persone recluse.

Prefettura di Nuoro e Ministero dell’Interno hanno convenuto nel non consentire il nostro ingresso, senza una adeguata motivazione dal punto di vista formale, ma come ormai prassi consolidata, è chiara la volontà di impedire il più possibile alle nostre associazioni, alla società civile in generale e ai professionisti dell’informazione, di ottenere notizie di prima mano sulla situazione all’interno del CPR.

Tuttavia, ci sono altri modi per ottenere informazioni da dentro il CPR. Per esempio abbiamo saputo da fonte certa che nella giornata di giovedì si è tentato di deportare una decina di internati verso un altro CPR. Il trasferimento è fallito, presumibilmente per l’indisponibilità del volo, il che ci fa pensare che questo trasferimento sia stato organizzato in fretta e furia.

Questa notizia conferma quello che era un fondato sospetto: l’amministrazione del CPR sta facendo in modo di disperdere i partecipanti alla protesta della settimana scorsa in altre strutture, per farli rimpatriare al più presto, insieme alle loro testimonianze. Riteniamo gravissimo che questo accada nel momento in cui si prepara una visita ufficiale che ha tra i suoi punti di interesse la verifica di quanto accaduto durante la protesta, e dunque un dialogo con le persone recluse in queste settimane nel centro.

Quando diciamo che la presenza dei CPR è una intollerabile minaccia per un ordinamento democratico, ci riferiamo a comportamenti di questo tipo, che denotano il disprezzo dell’amministrazione verso la società civile e la sua totale indisponibilità a dare conto del proprio comportamento. D’altra parte, in uno spazio dove la regola è l’arbitrio del più forte, il silenzio delle vittime, il lucro di privati sulla violenza di Stato, farsi mettere di fronte alle proprie responsabilità equivarrebbe ad autoincriminarsi. Anche per questo i CPR devono essere chiusi. Cominciamo da Macomer.

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