Basta un NO

1 Novembre 2016
14484954_674094832757751_2804951553044760287_nLeandro Cossu

Stiamo assistendo a una campagna elettorale mastodontica. Ovunque, dai viali alle fermate del tram, i manifesti dei “Basta un sì” troneggiano fieri e con tutta la tracotanza di chi sa che può permettersi certe pubblicità, pieni di tutto quel sentimento diffuso di antipolitica, per il quale tutto in Italia è corrotto solo per il fatto di essere in Italia. Chi non vorrebbe meno politici? O leggi più veloci? Chi non vorrebbe istituzioni più economiche? Se le cose stessero così, il senso comune imporrebbe a tutti di rispondere “Sì” a tutte le domande dei manifesti pro-riforma, e pace.

La verità, come sappiamo, è un’altra. Ci sono due Italia. La prima, è lo Stato rinascente descritto a reti unificate da giornali e telegiornali, per i quali, parafrasando Leibniz, viviamo sotto il migliore dei governi possibili, e ogni riforma non poteva essere concepita e approvata in modo diverso.

È un’Italia falsa, un simulacro inesistente in cui le riforme, e in particolare quella costituzionale, schioderanno il paese dalla situazione di immobilismo. E poi c’è l’Italia, quella dei problemi di tutti i giorni, per la quale non sarà certamente il senato dopolavoro dei consiglieri regionali a cambiare le carte in tavola. Si pone allora un problema: come conquistare una fetta di elettori così sfinita e disillusa?

La riforma fa schifo, sia sul piano contenutistico, sia su quello formale. Che lo dica chi voterà NO è più che naturale; ma se è lo stesso premier a dire che sarebbe potuta essere stata scritta meglio. Qualcuno che ha le idee molto chiare su ciò che sta facendo.

Il comitato del NO è vasto, variegato e soprattutto, militante. Chi voterà contro questa deforma, o lo farà per esprimere dissenso al governo, oppure, e ciò dovrebbe la cosa migliore, ha letto attentamente ciò che dice la Renzi-Boschi, sa che porterà un peggioramento del tessuto rappresentativo.

Chi voterà SÌ, avrà senza dubbio letto volantini e quesito, e, ingenuamente, voterà a favore in nome di un diafano cambiamento, un sì contro l’immobilismo, un sì perché “chi potrebbe votare no contro la semplicità e il risparmio”. Non sarà perfetta, ma è un inizio. Perché no? E perché no? Il comitato del Sì non esiste. Esiste solo un molle comitato del “Perché no?”.

Questo comporta due cose. In primis, come in passato nessuno diceva di votare DC, ma regolarmente vinceva, così esiste il pericolo che molte delle persone che, durante le chiacchiere tra amici, dicono che voteranno NO, si facciano poi abbindolare, nel segreto dell’urna, da un così fiducioso quesito e da dei cartelloni pubblicitari così gentili. “Perché no? Dai, sempre meglio di niente”.

Il secondo punto. Italo Calvino ci ricorda, all’inizio di “La giornata di uno scrutatore”, che il PCI gioiva ogni qualvolta pioveva durante le elezioni, perché i democristiani non uscivano di casa, certi di vincere o poco interessati, mentre i comunisti sì. Fare parte del comitato del “Perché no?” significa che andare a votare non deve essere difficoltoso o sfiduciante, altrimenti ci penseranno gli altri, e pace. Se il 4 dicembre pioverà, facciamoci un pensierino.

Disinnescare i “Perchè no” è semplice ma impegnativo. C’è bisogno di un connubio di razionalità, esplicando in modo completo ma appassionante le ragioni del NO, e puntare sulla vis polemica di chi ci ascolta.

Leandro Cossu è il rappresentante degli Studenti per il NO di Sassari

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