Brutti ricordi

16 Luglio 2015
grecia1
Marco Ligas

Forse siamo ancora condizionati, e perciò preoccupati, dalle immagini dei campi di sterminio creati in Europa tra le due guerre. Di tanto in tanto riemergono tra i nostri ricordi. Forse, anche per questa ragione, conserviamo nei confronti della Germania e della sua classe dirigente una diffidenza, a volte anche irrazionale, che si accentua quando cogliamo nella sua politica segnali che indicano la rinascita di un nazionalismo esasperato che tende ad imporre la propria supremazia nei confronti di altri popoli e di altri Paesi.

Non dobbiamo comunque sottovalutare i consensi di cui gode il mini­stro delle finanze Schauble. Consensi che non sono da attri­buire soltanto alle sue con­vin­zioni neolibe­ri­ste ma anche al concetto di “prio­rità dell’interesse nazio­nale” che con estrema determinazione pratica nella sua attività politica.

È certo che l’atteggiamento assunto dalla Germania nei confronti della Grecia non solo è arrogante ma del tutto incompatibile con gli interessi di una comunità europea che voglia rispettare la democrazia e i diritti di tutti cittadini.

Il governo di Tsipras, nel corso di questi mesi, si è impegnato strenuamente per ottenere quei risultati fondamentali per far uscire il proprio Paese dalla crisi gravissima in cui si è trovato. Forse non ci è riuscito e non ci riuscirà se non solo parzialmente, ma è ingeneroso attribuire le colpe dell’insuccesso ai suoi cedimenti.

Tsipras non trattava in condizioni di parità con i suoi interlocutori: aveva a che fare con i prin­ci­pali espo­nenti poli­tici della Repub­blica fede­rale. Qualcuno, opportunamente, li ha definiti “il clan del malaffare”. Il loro obiettivo era chiaro sin dall’inizio: imporre la superiorità tedesca nelle relazioni tra i Paesi della comunità europea e assumere gli interessi del mercato e delle banche come gli unici strumenti della contrattazione. Assieme a questi esponenti della Repubblica federale i rappresentanti degli altri Stati svolgevano il ruolo delle comparse, e come tali tutte a disposizione di chi esercitava la maggiore arroganza.

Anche la martellante campagna di stampa che si è diffusa in tutto il continente non è stata certo d’aiuto alla Grecia, né ha favorito Tsipras nel corso della trattativa. Non a caso il Presidente del governo greco è stato presentato o come un esaltato o, peggio, come un perfetto incompetente, incapace di interpretare correttamente gli orientamenti del Fmi, della Bce e di tutte le altre istituzioni della comunità europea.

Certo, c’è da chiedersi come possa essere accettata dai diversi part­ner euro­pei, a partire dalla Fran­cia, e perché no anche dal nostro Paese, la poli­tica di potenza che Ber­lino intende imporre e consolidare all’interno dell’Unione.

Non è in gioco soltanto un braccio di ferro tra Atene e l’Unione europea nel suo complesso. Gli interessi tedeschi non sempre coincidono con quelli più generali della comunità. Questa incompatibilità dovrebbe sollecitare in tutti i partner europei la ricerca di una maggiore autonomia per arrivare a soluzioni condivise che siano funzionali agli interessi e ai bisogni di tutti.

Sbagliano perciò i nostri governanti quando credono di rassicurare i cittadini con affermazioni tanto banali quanto irresponsabili del tipo “la crisi della Grecia non ci coinvolge, il nostro paese è avviato verso una ripresa, cresce l’occupazione ecc.”. Non siamo affatto fuori dalla crisi, per attivare un’inversione di tendenza è indispensabile ripartire dal tema che ha provocato la crisi greca e di tutti i paesi del sud Europa: la rimessa in discussione del debito pubblico, la rivendicazione di un suo ridimensionamento e il lancio effettivo di una politica che dia priorità al problema dell’occupazione e dei diritti.

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