Buen aire Cecile

1 Settembre 2013
Alfonso Stiglitz
È un buon caso che il Papa che viene da Buenos Aires (El Puerto de Nuestra Señora Santa Maria del Buen Aire) giunga nella città del celebre santuario di Bonaria (Nuestra señora del buen aire) dal quale la sua città prende il nome e lo faccia dopo aver visitato Lampedusa, l’isola dove oggi sbarcano i migranti, svolgendo una volta tanto il mestiere di Papa, pastore delle pecore smarrite (quando avremo un viaggio del distratto Presidente della Repubblica in un centro di accoglienza?). Ed è una bella coincidenza che ad accoglierlo in rappresentanza dello Stato ci sia il ministro nero Cecile Kienge, non tanto, o meglio non solo, perché è il ministro dell’integrazione ma, soprattutto, perchè la Sardegna è la patria dello jus soli, un tema caro alla ministra e a noi tutti.
La Sardegna ha, infatti, questo primato dello jus soli, di cui pochi sanno e, ancor meno, vogliono sapere. È la prima terra nel quale è valso questo diritto, è un’isola e quindi i suoi abitanti sono tutti arrivati, per definizione, da fuori, prima o poi. Il nostro mito fondativo lo dice chiaramente: il nome dell’isola, infatti, deriva da Sardo che dalla Libia (l’antico nord-africa) passò con i suoi nell’isola e si mescolò con gli abitanti.
Mi è ritornato a mente questo fatto nel leggere, sconfortato, le miriadi di reazioni alla notizia dell’arrivo in Sardegna del Ministro per l’integrazione Cecile Kyenge. Reazioni scomposte o ipocrite, quando si ammantano della scusa della crisi economica o, peggio, della necessaria indipendenza della Sardegna dallo Stato Italiano, scendendo giù giù verso le espressioni più apertamente razziste. E non parlo solo di gruppi apertamente razzisti, ma anche forze politiche di destra al governo (giovani Pdl). Si scopre una realtà sarda razzista, di cui ci si rende finalmente conto, come mostrano gli organi di stampa di questi giorni, che noi del Manifesto Sardo da anni denunciamo. Ci sono positive prese di posizione che fanno ben sperare ma che, a mio parere, continuano a rimanere in superficie. Sono condivisibili le posizioni di Vito Biolchini di non lasciare spazio nei mezzi di comunicazione ai commenti razzisti, di creare terra bruciata; a patto, ovviamente, che non significhi poi ignorarli. Fatto questo, nell’immediato,  il problema è quello di incidere più in profondità, perché questi sentimenti non sono propri solo di alcuni gruppi o individui ma sono diffusi nel senso comune, anzi stanno diventando senso comune. Mi sembra opportuno che ci impegnamo tutti a divulgare sempre, in ogni occasione, gli elementi basilari della nostra storia, antica e recente.
Basterebbe, ad esempio, ricordare che, con un minimo di conoscenza della storia e della cultura sarda, non c’è niente di più naturale che l’accoglienza del Papa di Buenos Aires, magari a Bonaria, venga fatta dal ministro nero. Un Papa che da Buenos Aires torna alla casa madre di Bonaria, nel maggior santuario Mediterraneo dedicato ai migranti per mare, dove una Madonna pellegrina, approdata fortunosamente sulla spiaggia davanti alla chiesa, dopo essere stata gettata da una nave come molti migranti, guarda verso il mare dal quale in tanti, nei millenni, siamo venuti nell’isola diventando sardi. E un nero/a, per di più migrante, è quanto di più naturale in Sardegna se il nostro santo protettore è Sant’Antioco, un altro nero migrante, anch’egli abbandonato dagli scafisti dell’epoca: basta guardare la sua statua e leggere la sua storia. E che dire di Sant’Efisio, difensore della Sardegna, un siriano di Antiochia (oggi Antalya in Turchia). Pensate quanto la storia culturale della Sardegna sia all’avanguardia; noi agli africani, ai siriani, ai turchi abbiamo sempre guardato come a gente nostra. E i nostri santi andrebbero ricordati a don Alessandro Loi parroco di Lotzorai, per il quale è pericoloso mischiare le razze.
Andrebbe ricordato, costantemente, il razzismo cui siamo stati sempre sottoposti noi sardi, banditi. Ci hanno creato persino una brigata dell’esercito, la Brigata Sassari, unica a carattere etnico, perché i sardi, primitivi e, quindi, coraggiosi e crudeli potevano essere sacrificati in prima linea per difendere una frontiera di cui poco sapevano e alla quale niente erano interessati. Che dire dei nostri migranti, trattati come cani, nell’Italia del nord, in Svizzera, in Germania e così via ? È di pochi anni fa il caso del giudice (tedesco mi sembra) che diede a un criminale una pena modesta proprio perché sardo e, quindi, naturalmente portato a delinquere.
Per questo credo che oltre all’oscuramento dei commenti razzisti, oltre alla condanna politica sarebbe importante che tutti svolgessimo un ruolo nel nostro quotidiano, giorno per giorno, nel ricordare la nostra storia e nel farlo sapendo usare una lingua aperta, frutto delle molte lingue che parliamo in Sardegna, dal sardo, al catalano, al tabarchino, allo swaili, all’arabo ecc. Magari ricordando che a Cagliari, già nell’800, si pubblicava anche un giornale in arabo.
E allora teniamoceli stretti i nostri santi migranti, anche se siamo laici e, magari diversamente credenti, sono per tutti noi un esempio che ci permette, stando sui gradini di Bonaria, di guardare l’orizzonte pieno di tanti bastimenti in quel breve tratto di mare che ci separa dalla grande madre patria, l’Africa, come faceva l’ignoto autore del mottetto cagliaritano:

De sa turri de su forti
Si biri Barbaria
Deu dongu sa bona notti
A sa piciocca mia

1 Commento a “Buen aire Cecile”

  1. alfonso stiglitz scrive:

    E’ notizia di oggi che il governo ha deciso di sostituire la Kyenge con la Cancellieri. Cedere al razzismo è sintomo di un governo imbelle e indice della pochezza culturale e politica che ci governa. Credo che Lussu, che nel 1938 si rivoltò pubblicamente contro le leggi razziali, si stia rivoltando nella tomba. Ma lui rischiava la vita, allora, mica l’elezione.

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