Capolinea per Testadipaglia

16 Gennaio 2021

[Graziano Pintori]

“La tempesta del dubbio” fu una lunga crisi depressiva vissuta da Giuseppe Mazzini dopo il fallimento delle insurrezioni degli anni 1833/34, in cui persero la vita molti giovani patrioti.

Tutto l’opposto di Trump al quale l’invasione del Campidoglio americano non gli ha procurato nessun dubbio né prima né quando quell’istigazione si rivelava un bluff, un’azione inutile, una crociata destinata a fallire perché carica di sola rabbia e priva di obiettivi. Infatti, una volta occupato il Parlamento, gli invasori si sono trovati senza sapere cosa fare, quindi hanno dato sfogo ai loro istinti comportandosi da vandali, trasformando il “colpo di stato” in una parata di zoticoni mascherati, esibizione di tatuaggi e bandiere che garrivano per i suprematisti bianchi, i terrapiattisti, i complottisti, i negazionisti e così via.

Trump non si è lasciato travolgere dalla depressione come l’eroe del Risorgimento italiano pur sapendo delle cinque morti e della devastazione che si compiva all’interno della Casa Bianca da parte dei suoi seguaci; al contrario, continuava a sentirsi l’eroe della “Nuova Nazione” a capo dei suoi ottanta milioni di follower, di cui buona parte (parliamo di milioni di persone) sono pronti a seguirlo nel delirio del nazionalismo bianco contro la democrazia pedofila, anticristiana, abortista. Il delirante presidente fin dall’inizio del suo mandato dimostrò la sua indole antisistema e un’incontrollata mania di grandezza, sostenuta da un fortissimo egocentrismo che l’hanno accompagnato nei quattro anni d’incontrastato padrone della nazione più potente e più armata del pianeta.

Parliamo di un miliardario, che ammira il fascismo, le polizie e si compiace dei poliziotti razzisti e di estrema destra che in gran numero hanno partecipato, armi in pugno, all’invasione della Casa Bianca. Se gli stessi poliziotti, in servizio d’ordine, trovandosi davanti a una simile manifestazione, però organizzata dal movimento “Le Vite Nere Contano”, non avrebbero esitato a sparare sui dimostranti al solo tentativo di avvicinarsi al Campidoglio.  Donald Trump con la mania di impomatarsi la testa è diventato un Testadipaglia, è una miscela di Berlusconi, Salvini e Meloni nel suo modo di essere, di dire e di fare; è narciso e cinico, o meglio un “narcinista” come l’ha definito il noto psicoanalista Massimo Recalcati.

Testadipaglia è un costruttore di muraglie divisive oltre a costruire grattacieli, torri, hotel di lusso e campi da golf in tutto il mondo, dispone di una ricchezza pari a 3,1 miliardi e si colloca al 766° posto fra i più ricchi del mondo. E’ divenuto popolare perché ha partecipato a molte e brevi apparizioni in certi film e programmi televisivi trash, è stato ospitato in diversi concorsi di bellezza tipo miss universo, miss USA di cui fino al 2015 è stato padrone dell’evento. Nel mondo degli affari è definito uno squalo, nella vita amorosa è un drago; sposato più volte ha pagato milioni di dollari i conseguenti divorzi. In politica è uno schiacciasassi nel senso che travolge i suoi avversari affermando spudoratamente tutto e il contrario di tutto.

Non esita ad accusare i radicali e la sinistra responsabili di tutto ciò che accade di male nelle città, seppure le violenze siano scatenate e praticate da gruppi di estrema destra e dalla polizia che spara, arresta e imprigiona e molte volte uccide impunemente durante i dibattiti elettorali, e con l’uso ossessivo dei twitter il Testadipaglia, mentre giocava a golf, accusava di brogli i democratici di manipolare il voto, senza mai esibire un minimo di prove. Testadipaglia è un negazionista, va in giro senza alcuna precauzione di base contro i contagi da Covid 19, soprassedendo o negando che gli Stati Uniti siano il luogo più contaminato del pianeta, in cui si contano più morti rispetto agli altri paesi. E’ maestro di populismo, di sovranismo, di pressapochismo, d’incongruenza. Una macchietta carica di pericolosità tipo federale fascista, dittatore e monarca insieme.

Il liberismo del grande capitale finanziario si è reso conto che con Trump ha fallito l’intento di contenere l’allarmante condizione sociale, che da tempo pressa sul sistema liberista statunitense. Oggi è arrivato J. Biden, sicuramente persona più equilibrata e dotata di un progetto politico più affidabile e conforme al potere politico, economico, espansionista dell’America del Nord nello scacchiere mondiale. Nella sostanza il mondo degli esclusi, degli emarginati, dei senza voce, dei disoccupati e sotto occupati, dei poveri e dei nuovi poveri prodotti dagli effetti della pandemia, avrà poco da sperare: la luce in fondo al tunnel per loro sarà sempre tenue.

Scrivo della società americana ma penso all’Europa, cioè all’Italia, Francia Germania e via discorrendo, ossia quella società occidentale intrisa di liberismo sfrenato che non accenna a cambiare sistema di produzione e consumo delle merci, nonostante la pandemia abbia fatto emergere le voragini sociali in termini di garanzia dei diritti fondamentali. Voragini perché in tutto l’occidente è assente un’alternativa che contrasti tale sistema economico; non esiste in occidente una sinistra organizzata in grado di poter porre freno all’espandersi di questa società sempre più disuguale.

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