Carceri, tutto procede come sempre

16 Luglio 2014
Vito Romano, le scale di Escher
Graziano Pintori

Circa un mese fa a Nuoro, al teatro Eliseo, è stato allestito uno spettacolo teatrale in cui i fraterni protagonisti erano detenuti e operatori di giustizia, parimenti applauditi da un folto pubblico. Alcune settimane fa, sempre a Nuoro, tra le mura di Badu ‘e Carros circa cinquanta avvocati hanno seguito un corso sull’ordinamento penitenziario, le lezioni sono state tenute dall’ergastolano Marcello dell’Anna, dottore in legge e avvocato in carcere. Il garante comunale del carcere, Gianfranco Oppo, parla di momento magico, di primavera dentro Badu ‘e Carros; mentre la direttrice, Carla Ciavarella, con solluchero afferma di dare un senso alla pena facendo in modo che il detenuto possa nutrire i propri pensieri, interessi culturali, sportivi e ricreativi.
Qualche giorno fa i sindacati dei lavoratori delle carceri chiedono le dimissioni della direttrice di Badu ‘e Carros, perché le relazioni sindacali sono ridotte al lumicino a causa dell’impegno a mezzo servizio della funzionaria, la quale non riesce a soddisfare le attese del personale, a garantire la sicurezza, mentre restano sospese le questioni inerenti la struttura e la gestione amministrativa .
Il trenta Giugno un quotidiano, con un trafiletto, annuncia l’ennesimo suicidio nel carcere di Buoncammino, un recluso di quarantaquattro anni ha infilato la testa in un cappio costruito da un lenzuolo dandosi così la morte. Altri detenuti con problemi psichici o colpiti da depressione hanno tentato il suicidio nel centro clinico carcerario. La corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per il “trattamento inumano e degradante” nei confronti dei carcerati del S. Sebastiano di Sassari, vittime di un folle pestaggio. La violenza fu scatenata da circa settanta agenti in mimetica che entrarono nelle celle e pestarono i detenuti dopo averli fatti spogliare per infradiciarli con secchiate di acqua gelata, e poi andargli addosso con pugni, calci, schiaffi e sputi e di seguito fatti sfilare davanti al provveditore regionale Della Vecchia, la direttrice Di Marzio, il nuovo comandante Ettore Tomassi, che in una delirante performance sull’onnipotenza urlava ai detenuti:”…sarò il vostro Dio”.
Insomma il mondo carcerario ha risvolti positivi ma altrettanti negativi, un modo per galleggiare sullo stagno dell’immobilità. Come sempre.
Da poco sono state rese disponibili nuove strutture carcerarie facendo intendere che con esse dovrebbero cambiare in positivo anche i ritmi della vita dei detenuti, infatti per abbattere l’affollamento carcerario è in corso lo “svuotacarceri”, cioè la storia dei “braccialetti elettronici”ai piedi, l’affidamento ai servizi sociali fino a quattro anni di condanna, facilitare l’allontanamento degli stranieri entro i due anni di pena, sconti di pena in base a condizioni meritorie ecc. Sarebbe interessante capire se fra le condizioni meritorie sono previsti la collaborazione, il pentimento, l’accettazione incondizionata del regime carcerario ecc. Intanto, come avviene sulle annunciate novità, il legislatore si “sbrodola” sui media parlando del rispetto costituzionale del recluso, del recupero della persona e del solito bla, bla, bla sulla umanizzazione dei penitenziari.
Mentre invece ben sappiamo che continua a essere vigente il “carcere duro” (art. 41 bis) applicato all’1% della popolazione detenuta. Il carcere duro comporta severe limitazioni sia nei contatti con l’esterno, sia nelle attività nel carcere, oltre a sottoporre a strettissima sorveglianza i detenuti; rendendo inspiegabili le cause dei suicidi, che sono, tra i reclusi del 41 bis, 3,5 volte superiori a quella del resto della popolazione reclusa. Altri dati sulla sostenibilità della vita carceraria dicono che nel 2012, media mensile 66.449 detenuti, i suicidi sono stati 56, mentre i morti per cause naturali sono stati 153. Dal 2000 al 2014 su 2311 detenuti morti, 822 si sono suicidati; al 06 luglio 2014 i suicidi sono stati 21 su 73 morti.
La Custodia Cautelare è divenuta una vera e propria “anticipazione della pena”, nonostante il 40% degli imputati è destinato a essere assolto, non a caso lo Stato dal 2002 al 2007 ha speso 212 milioni di euro come riparazione per le ingiuste detenzioni. Nelle carceri si soffre più del dovuto perché circa 10.000 detenuti, in attesa degli effetti dello “svuotacarceri”, sono in attesa di misure alternative per scontare pene residue inferiori di un anno; si soffre infinitamente perché vengono incarcerati malati terminali, paraplegici, per furti di scarsa consistenza, per resistenza a pubblico ufficiale. Molti immigrati sono “catturati” in questura quando vanno per il rinnovo del permesso di soggiorno, si arrestano tossicodipendenti in stato di disperazione, ecc. Infine, un accenno meritano le condizioni sanitarie che vanno avanti in uno stato di perenne confusione, in quanto ancora si discute sulle competenze tra i Ministeri della Giustizia e della Sanità. Mentre invece risulta abbastanza chiaro il taglio alle risorse mediche destinate alle cure dei carcerati, nonostante i morti per motivi di salute siano sempre in aumento. Il carcere, secondo il presidente dei medici penitenziari, è una “fabbrica di handicap”, prova ne sia che molti condannati oltre a perdere la libertà sono destinati a perdere anche la salute, se non le “penne”. Il diritto alla salute è negato come sono negati il diritto all’istruzione, ai rapporti affettivi, ecc.
Sarebbe opportuno che la corte europea dei diritti dell’uomo continuasse a far sentire il fiato sul collo allo Stato italiano, affinchè nelle carceri venga a cessare la tortura che sa di medioevo, pur non essendo praticata con le ruote e i ferri ardenti ma stillata, goccia dopo goccia, perché tesa al disfacimento e alla spersonalizzazione dell’individuo.
Il decreto svuota carceri è solo un atto di copertura della drammatica realtà carceraria italiana.
La stagnazione continua, tutto procede come sempre.

I dati sono stati estrapolati da: “ Dossier morire di carcere” Centro Studi di Ristretti Orizzonti

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