Coronavirus e sistemi di difesa

1 Aprile 2020

Immagine fonte Ilsole24ore.com

[Antonio Muscas]

Cosa si intende per Sistema di difesa di uno Stato? A rigor di logica dovrebbe essere un articolato insieme di elementi utili a proteggere il territorio di uno Stato e i suoi abitanti da qualunque evenienza capace di arrecare danno, finanche a minarne il funzionamento, smembrarlo o addirittura distruggerlo.

Poiché i tipi di attacchi che uno Stato può subire non sono esclusivamente di tipo bellico e perciò armato, al pari dei sistemi di difesa militare di cui l’Italia è certamente ben dotata, è indispensabile dotarsi anche di ogni altro sistema utile a far fronte ad altri pericoli imminenti, in questo caso specifico una pandemia di tipo virale. Come si affronta un’emergenza sanitaria? Sono tante le domande emerse in queste settimane in merito all’emergenza virus, ma due in particolare meritano di trovare una risposta:

1 eravamo predisposti ad affrontare un evento del genere?

2 è stato fatto tutto quanto possibile?

Per rispondere alla prima domanda bisogna andare a vedere se l’Italia si fosse dotata di un piano per le emergenze sanitarie. E cercando in rete è possibile reperire facilmente il piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale, visionabile sul sito del ministero della salute. Il piano contiene tutte le azioni da intraprendere prima, durante e dopo il diffondersi delle pandemie.

Il Piano Pandemico è stato raccomandato dall’OMS a tutti i Paesi “seguendo linee guida concordate” ed è il Ministero della Salute a farsi carico della sua elaborazione e attuazione, anche per il tramite del CCM (Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie), in accordo con le Regioni, i Dicasteri coinvolti, il Ministero degli Affari Esteri e gli Organismi Internazionali.

Così pure le Regioni/Province autonome, come si può leggere nel piano, assumono, ciascuna per gli aspetti di competenza territoriale e di concerto con il Ministero della Salute, le responsabilità di approntamento e mantenimento in efficienza e in armonia con la presente pianificazione di tutte le capacità/risorse indispensabili a porre in atto le contromisure per le fasi di prevenzione, contenimento, risposta, ripristino in relazione ad eventi epidemici influenzali.

Anche la Sardegna pertanto ha elaborato un suo piano regionale. Quindi la risposta alla prima domanda è: sì, eravamo predisposti ad un evento del genere – in conseguenza delle numerose emergenze degli ultimi anni e in ragione dell’alta probabilità che si potesse verificare -, e già dai primi anni del 2000 era stato elaborato un piano strategico per farvi fronte da aggiornare periodicamente.

Per rispondere alla seconda domanda è invece necessario andare ai contenuti del piano e verificare se sono state adottate tutte le misure previste. Analizzandolo emergono alcuni aspetti anche piuttosto ovvi relativi alle misure preventive.

Le misure preventive consistono in piani specifici da mettere a punto sin nei minimi dettagli e verificare accuratamente prima del verificarsi degli eventi anche con test e simulazioni e “con esercitazioni nazionali e regionali, cui parteciperanno tutte le istituzioni coinvolte in caso di pandemia”. Poiché “l’incertezza sulle modalità e i tempi di diffusione determina la necessità di preparare in anticipo le strategie di risposta alla eventuale pandemia…”, il piano generale contiene le procedure da seguire, dimensiona e individua le infrastrutture e i dispositivi da impiegare, dimensiona i quantitativi di apposite scorte di materiale e medicinali da avere sempre a disposizione, prevede la formazione del personale coinvolto, sanitario e non, l’informazione ed eventualmente formazione delle comunità interessate.

Sono sei le fasi pandemiche dichiarate dall’OMS e quattro i periodi: interpandemico, di allerta pandemica, pandemico, postpandemico.

Nel periodo interpandemico – ovvero quello di nostro interesse, precedente alla diffusione della pandemia e caratterizzato dall’assenza di “nuovo sottotipo di virus influenzale isolato nell’uomo” e, al massimo, dalla “presenza di rischio nella Nazione” – come si specifica nel pianoè cruciale mettere a punto le procedure per garantire un razionale accesso alle cure, in modo da ottenere l’uso ottimale delle risorse

In altre parole, è prima dell’avvento pandemico che bisogna organizzarsi, accertandosi di avere a disposizione quanto necessario e che tutto funzioni al meglio al momento del bisogno. Di seguito è riportato un elenco non esaustivo di voci contenute nel piano delle azioni da compiere nel periodo interpandemico:

– Censire la disponibilità ordinaria e straordinaria di strutture di ricovero e cura, strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali, operatori di assistenza primaria, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici di continuità assistenziale e specialistica ambulatoriale.

– Censire le strutture di ricovero e cura dotate di dispositivi per la respirazione assistita.

– Definire i livelli delle strutture dove i pazienti dovrebbero essere idealmente trattati durante una pandemia (primarie, secondarie e terziarie, incluse le unità di emergenza e cure intensive).

– Determinare il triage ed il flusso dei pazienti fra strutture sanitarie a vari livelli.

Individuare potenziali luoghi alternativi per le cure mediche (ad es. strutture socio-sanitarie, RSA, scuole, ambulatori).

Identificare il personale che può essere mobilitato per fornire assistenza sanitaria in caso di pandemia.

– Sviluppare una lista di servizi essenziali.

– Per ognuno dei servizi essenziali individuati, identificare il responsabile e mettere a punto piani di emergenza che includano le procedure per coprire le assenze durante la pandemia.

Per ogni servizio essenziale, compilare un elenco di persone la cui assenza pone in serio pericolo la sicurezza o interferisce pesantemente con la risposta alla pandemia. Il personale di questi servizi deve essere identificato come prioritario per la vaccinazione.

– Censire la popolazione relativamente alle caratteristiche demografiche e del profilo di rischio (es.: popolazione esente per patologia, invalidi).

– Censire la rete dei laboratori con relativi livelli di biosicurezza e possibilità di implementazione delle ricerche diagnostiche in caso di pandemia.

– Identificare e formare persone-chiave che possono essere mobilitate in caso di emergenza di un nuovo ceppo virale influenzale, nell’ambito degli assetti organizzativi già presenti ed in base al modello organizzativo definito nel piano pandemico.

– Costituire, previo censimento dell’esistente, una riserva nazionale di: antivirali, DPI (Dispositivi di Protezione Individuale), vaccini, antibiotici, kit diagnostici e altri supporti tecnici per un rapido impiego nella prima fase emergenziale, e, contestualmente.

definire le modalità di approvvigionamento a livello locale/regionale nelle fasi immediatamente successive

Definire misure di potenziamento dell’assistenza medica in comunità residenziali (atte a ridurre il ricovero in ospedale degli ospiti).

– Valutare la preparazione del sistema sanitario utilizzando, come controllo, le azioni previste nel piano.

– Identificare la catena di comando e controllo del sistema sanitario in caso di pandemia.

– Identificare le priorità e le strategie di risposta per il sistema di assistenza pubblico e privato, ad ogni livello, includendo, dove è necessario: il triage, la capacità di risposta all’aumento della domanda, la gestione delle risorse umane e strumentali.

– Mettere a disposizione: protocolli e algoritmi per l’identificazione, gestione e trattamento dei casi; linee guida per il controllo della infezione; linee guida per il triage; istruzioni per la gestione dell’incremento della domanda e per la gestione del personale.

– Stimare le necessità di approvvigionamento di farmaci e altro materiale; iniziare la negoziazione per un approvvigionamento sicuro.

– Avviare la formazione intensiva degli operatori sanitari sulla pandemia.

– Condurre esercitazioni regolari sul Piano, inclusa la catena di comando e controllo.

Sono inoltre previsti:

– la messa a punto di un Piano di formazione degli operatori impegnati nelle diverse fasi per consentire risposte pronte e corrette e sviluppare la motivazione e il coinvolgimento degli operatori, potenziare le competenze tecnico-scientifiche e comunicativo-relazionali, favorire la condivisione del Piano e la sua applicazione operativa.

– programmi formativi specifici per tutte le figure professionali coinvolte compreso personale dei servizi essenziali, e giornalisti.

L’intera attività formativa deve essere e concordata a livello nazionale, regionale e locale, deve essere eseguito il Monitoraggio sull’emanazione dei Piani regionali e sulla coerenza con le Linee Guida per la stesura dei Piani regionali e sull’implementazione delle capacità/risorse individuate dal Piano e dai Piani regionali e devono essere effettuati i Censimenti delle capacità/risorse previsti dal Piano, devono essere previsti piani di formazione continua; le attività in preparazione e risposta alla pandemia sono sia di tipo sanitario, incluso l’ambito veterinario, sia non sanitario. È prevista inoltre la creazione di una Struttura Operativa, implementata a livello centrale (Stato) e territoriale (Regioni/Province autonome) che ha il compito di monitorare e coordinare tutte le azioni previste dal Piano e di gestire i rapporti con le organizzazioni nazionali ed internazionali.

Alla luce di quanto riportato sopra e di quanto avvenuto in Italia a seguito dell’evento pandemico, si può affermare che il piano sia stato attuato e rispettato nella fase interpandemica? Si può affermare che sia stato preso in considerazione e attuato durante l’emergenza? La gravissima carenza di DPI e l’impossibilità di approvvigionarsi in tempi ragionevoli, la carenza di strutture sanitarie e la loro inadeguatezza, la carenza di personale, l’elevato numero di infetti e di decessi tra lo stesso personale impiegato fanno palesare come il piano sia stato largamente disatteso nei suoi aspetti fondamentali.

Una banale considerazione riguarda i DPI e l’informazione alla cittadinanza: ancora oggi la gente non conosce la differenza fondamentale tra le varie tipologie di mascherine e neppure si è pensato di realizzare e distribuire nelle nostre case un opuscolo con tutte le indicazioni indispensabili su come comportarsi durante questa emergenza.

Le responsabilità, sia chiaro, non vanno certo ricercate nel governo attuale, non tutte almeno, quanto tra tutti i governi succedutisi ultimi decenni e tra i funzionari interessati. Come si può comprendere, non si è trattato esclusivamente di aver smantellato la sanità pubblica ma di aver minato nel suo complesso, compromettendone gravemente la funzionalità, il sistema di difesa sanitaria nazionale.

Viene da chiedersi perché se un evento del genere può mettere in ginocchio un intero paese – bloccandone le attività e costringendo a casa i cittadini e può comportare danni spesso più gravi di un conflitto armato – non si investono risorse adeguate per il suo contrasto. Ciò, mentre le spese per la difesa militare continuano a lievitare incessantemente pur senza rischio concreto di dover entrare in guerra con chicchessia.

Eppure anche il linguaggio impiegato per descrivere questa pandemia avrebbe fatto supporre la messa a disposizione di risorse monetarie, umane, materiali e immateriali almeno equivalenti a quanto si sarebbe fatto per un conflitto bellico.

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