Cosa fare dei soldi del Recovery Plan?

16 Marzo 2021

[Roberto Loddo]

Recovery Plan, che fare? È la domanda che ha dato il titolo alla prima discussione seminariale di venerdì 5 marzo a cui ne seguiranno altre, organizzate da Il manifesto sardo e AladinPensiero in diretta dalla pagina Facebook, YouTube e dal sito del manifesto sardo.

Cosa fare quindi di tutti i soldi del Recovery Plan? Come evocato dal suo stesso ambizioso nome potrà portare una nuova stagione del processo di integrazione europea? Rappresenta veramente la manna che scende dal cielo? È un nuovo piano Marshall che ci porterà verso la fine dell’austerità? Si andrà oltre l’impatto macroeconomico e si avranno anche delle implicazioni politiche? Cosa accadrà nei singoli stati, in Italia, nel meridione e in Sardegna? Durante il confronto del 5 marzo hanno esposto i loro punti di vista Lilli Pruna, docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro dell’Università di Cagliari; Chiara Maria Murgia, laureanda in Cooperazione Internazionale e Sviluppo a La Sapienza, Università di Roma; Alessandro Spano, docente di economia aziendale dell’Università di Cagliari; Enrico Lobina della Fondazione Sardinia; Graziella Pisu, esperta fondi strutturali europei e già direttore Centro di Programmazione RAS; Umberto Allegretti, professore emerito di diritto pubblico dell’Università di Firenze e Andrea Soddu, sindaco di Nuoro.

Sono le disuguaglianze, i giovani, il Sud e la transizione ecologica i temi che la galassia della sinistra sarda dovrebbe considerare prioritari. Perché non possiamo certo dimenticare che L’Italia è entrata nella pandemia con un’economia barcollante e in stagnazione con un quadro di finanza pubblica incompatibile con le regole europee, un quadro di recessione aggravato ulteriormente dalla stessa crisi pandemica. Luigi Pandolfi, giornalista esperto di economia e politica che nell’ultimo numero di Alternative per il socialismo si chiede cosa accadrà quando ritorneranno le regole del fiscal compact.

Ha ragione il direttore della Svimez Luca Bianchi che ricordando i parametri individuati dall’Unione per l’attribuzione delle risorse del Recovery chiede che più della metà delle risorse siano convogliate verso il Mezzogiorno. Come Aladin pensiero e il manifesto sardo pensiamo infatti che sia urgente bloccare il crescente divario infrastrutturale tra regioni meridionali e settentrionali d’Italia compreso il divario tra l’Italia e la Sardegna. Pensiamo che sia necessario con questo investimento tentare una manovra di “riallineamento” dell’economia del Sud a quella delle regioni europee maggiormente sviluppate, nell’ottica del rafforzamento della coesione territoriale in ambito Ue, ma anche per far sì che il Sud e la Sardegna possano concorrere alla crescita complessiva del Paese.

Sul fronte dei giovani andrebbero sostenute con maggiore forza le organizzazioni che hanno lanciato la campagna Uno non basta che denunciano la mancanza di un piano organico e coerente nell’attribuzione dei fondi destinati a giovani e politiche del lavoro, sono infatti solo 2,35 miliardi, poco più dell’1% del totale.

Con il Recovery non abbiamo nessuna certezza di arrivare alla transizione ecologica e verso una società più giusta e umana, a misura d’uomo. Non abbiamo nessuna certezza di poter accedere al benessere, ai servizi essenziali, a un modello di sviluppo sano e alla garanzia dalle cure per tutte le persone. Per questo mi affido alle parole usate del direttore di Aladin Pensiero Franco Meloni che propone di leggere l’impatto della pandemia sulla vita delle persone con un approccio sindemico, una modalità che connette alle cause della SARS-CoV-2 le condizioni che si manifestano nelle fasce sociali più escluse e che vivono una condizione di disuguaglianza.

L’uscita dalla pandemia passa per un sistema sanitario universale e pubblico e da una visione politica diversa e nuova che ci aiuti a non ripetere gli errori del passato e a comprendere come il concentrarsi della pandemia su uno sfondo di disparità sociale inasprisce pericolosamente le disuguaglianze mettendo a rischio la vita delle persone, soprattutto quelle più fragili e deboli.

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