Cosa può insegnare l’esperienza curda ai partiti indipendentisti sardi

20 Luglio 2023

[Roberto Loddo]

Delle ultime elezioni parlamentari e presidenziali in Turchia possiamo affermare con ragionevole certezza che il loro sistema elettorale antidemocratico è nato per distruggere le minoranze e in particolar modo il popolo curdo che rappresenta il 18% della popolazione della Turchia.

La soglia elettorale capestro per entrare in parlamento è del 7%. L’Hdp e tutte le precedenti edizioni del partito che rappresentava le comunità curde, storicamente connesse con una più ampia area della sinistra ecologista aperta a tutte le minoranze, hanno dovuto lottare da sempre contro una feroce repressione. Repressione sanguinaria che ha portato all’arresto con accuse di terrorismo oltre dieci mila attivisti compreso il suo leader Demirtas e alla rimozione e sostituzione di decine di sindaci dell’HDP.

Nonostante questo, il movimento per l’autodeterminazione delle comunità curde ha cercato sempre di uscire dall’isolamento politico. Nelle elezioni locali il sostegno dell’Hdp è stato decisivo per il successo del CHP, il maggiore partito di opposizione, nelle maggiori città e a Istanbul. Una scelta coraggiosa, nonostante la presenza dei partiti nazionalisti nella coalizione.

Quali altre scelte potevano avere? Per evitare il rischio dell’esclusione dalle elezioni e l’azzeramento della pattuglia di parlamentari l’Hdp ha consolidato un accordo politico con la Sinistra verde e libertaria (in turco Yeşil Sol Parti, in curdo Partiya Çep a Kesk). Un accordo che, di fatto, ha trasportato il consenso delle comunità curde al candidato socialdemocratico del Chp Kemal Kılıçdaroğlu.

Cosa insegna ai movimenti indipendentisti e per l’autodeterminazione della Sardegna l’azione politica nonviolenta del movimento curdo? Una cosa molto semplice. Che in politica vanno considerati i rapporti di forza. L’opposizione alle leggi contro la Sardegna, allo sfruttamento, alle prospettive neocolonialiste, l’antagonismo all’occupazione militare della nostra isola, non si può esprimere come in un gioco frontale a somma zero in cui i contendenti sono nello stesso terreno e hanno la stessa unità di misura. E no. Non abbiamo gli stessi strumenti dei nostri avversari. Di fronte ad una legge regionale antidemocratica fatta proprio per distruggere le minoranze non è possibile far finta di nulla e considerarsi comunque forti e autosufficienti.

Per competere con la forza muscolare del potere è necessario cambiare il terreno e conquistare spazi di partecipazione. Quanto è utile alla causa per l’autodeterminazione della Sardegna l’orgoglio muscolare del non partecipare alle elezioni? Quanto è utile condannarsi all’autodistruzione e all’azzeramento inventando liste dell’ultimo minuto che non supereranno la soglia di sbarramento? Quanto è utile comportarsi come dei kamikaze e darsi al suicidio politico pur di non farsi contaminare dagli impuri?

Considerare alla stregua dell’àscari ogni soggetto politico della sinistra che si propone di costruire l’alternativa di società è un errore che pagheremo caro. Non oggi, ma domani. Quando le prossime generazioni avranno solo il ricordo dei tentativi falliti e non ci saranno più opportunità per la liberazione della nostra terra.

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