Costa d’Avorio. Lavori in corso…

16 Aprile 2011

Francesco Mattana

Nel numero precedente abbiamo affrontato, in compagnìa della professoressa Carcangiu e dei preziosissimi africanisti del dipartimento di Scienze politiche, la situazione in Nord Africa. Ora continuiamo la nostra panoramica sull’Africa, e posiamo l’occhio su un paese che sta vivendo un momento di trambusto politico particolare: la Costa d’Avorio. La chiacchierata che segue è a nostro avviso di estremo interesse. Come è di estremo interesse il sito internet www.affrica.org, ricco di continui aggiornamenti su questo continente così lontano ma, piaccia o no, così vicino…

Ricostruiamo in poche battute la storia della Costa d’Avorio indipendente
Un paio di premesse prima di ricostruire brevemente le tappe storiche. La Costa d’Avorio era una delle economie africane più fiorenti in epoca coloniale, e lo è a tutt’oggi. Abidjan, la capitale economica, è un porto di mare molto importante soprattutto per i paesi che non hanno sbocco sul mare, come il Mali e il Burkina Faso. Proprio dal Burkina Faso sono arrivati migliaia di migranti, e in questo momento siamo alla terza generazione di migranti in Costa d’Avorio. Il paese ha conquistato l’indipendenza politica dalla Francia nel 1960, e ha vissuto la lunghissima stagione di potere di Boigny fino al 1993, anno della sua morte. Finchè Boigny ha vissuto, i rapporti con la Francia erano saldissimi. Sono gli anni in cui la Costa d’Avorio ha vissuto il suo boom economico, il famoso ‘miracolo del cacao’. Durante questo periodo il ministro delle finanze era un personaggio che poi ritroveremo anche nella storia più recente: Bedie, un signore coinvolto in poco edificanti storie di corruzione. Per via della sua corruzione, Boigny lo silurò come ministro delle finanze, ma non potendo eliminarlo del tutto lo trasforma in Presidente dell’Assemblea Nazionale. Boigny è stato sicuramente un dittatore: un dittatore che se non altro aveva saputo trovare un equilibrio nel paese, garantendo buoni rapporti sia coi vari capi,  sia col governo francese che col Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Come tutti i dittatori, Boigny amava le cose in grande, e la costruzione della basilica di Yamoussoukro, identica a S.Pietro come architettura ma ancor più grande di dimensioni, ne è un esempio lampante. Boigny, prossimo alla morte, nomina un successore, Ouattara. Mentre Bedie era un uomo del popolo, senza cultura, soprannominato addirittura ‘L’ubriacone’, Ouattala invece è un intellettuale che proviene da studi importanti, anche negli Stati Uniti. Diventa talmente importante in ambito occidentale da assumere addirittura la vicepresidenza del Fondo Monetario Internazionale. Con la morte di Boigny, segue l’inevitabile conflitto fra Belie e Ouattara. Che si conclude col consiglio, dato a Ouattara dalla comunità internazionale, di mettersi da parte e lasciar posto, momentaneamente, a Belie. La prima drastica mossa di Belie è di far sì che potessero godere dei diritti di cittadini soltanto gli ivoriani ‘puri’, cioè che non hanno genitori stranieri.. Ouattara, avendo uno dei due genitori di provenienza non ivoriana, risultava in questo modo fuori dalla lista. E’ a questo punto che entra in scena un altro personaggio chiave dei recentissimi scontri in Costa d’Avorio: Gbagbo. Gbagbo è un uomo diversissimo da Ouattara: è un cattolico (un cattolico bigamo, visto che per ingraziarsi il nord di fede islamica si è sposato anche con una donna del nord), un sindacalista e un socialista che ha dalla sua parte gran parte del popolo. Soprattutto, a differenza di Ouattara, non accetta l’intromissione delle potenze occidentali, tantomeno della Francia. Col tempo, le incomprensioni fra Gbagbo e Ouattara si accentuano, e arriviamo quindi alla guerra civile, scoppiata nel 2002, e che si è protratta fino ai giorni nostri. Con l’intervento della Francia e dei Caschi blu, e l’arresto di Gbagbo, il potere è ora nelle mani di Ouattara, che ha vinto le contestatissime elezioni del novembre 2010.

Ecco. Che tipo di situazione si prospetta ora, dopo l’arresto di Gbagbo datato pochissimi giorni fa?

Ouattara parla di riconciliazione, e non potrebbe che parlare in questi termini per acquistare credito verso i suoi interlocutori interni e internazionali. La verità è che il paese è iper-frammentato: non solo un nord ‘musulmano’e un sud ‘cristiano’ (le virgolette sono d’obbligo, perché nell’Africa occidentale e subsahariana l’Islam e il cristianesimo hanno un’accezione decisamente differente rispetto a quella che si dà nel resto del mondo), ma anche un’infinità di etnie che, questo è sicuro, non accetteranno di certo un modello unico di democrazia rappresentativa in senso occidentale. E non si potrà pensare a un governo e a uno stato unitario, come la ‘buona volontà’di Ouattara vorrebbe dare a intendere. Questo processo di ‘riconciliazione’non dovrà escludere nessun elemento ivoriano, e sarà un’impresa davvero ardua. L’Occidente in toto guarda con molta simpatia a questo nuovo avvento di Ouattara. Obama, intervenendo nelle ultime ore, ha dichiarato che Gbagbo dev’essere giudicato da un tribunale internazionale, per rispondere delle sue colpe.

Soltanto Gbagbo deve dunque rispondere delle proprie colpe?
Ecco il vero errore degli occidentali, a nostro avviso: ritenere che solo Gbagbo abbia delle colpe da scontare per la carneficina degli ultimi anni. Ora, a parte che fonti molto veritiere sostengono che l’elezione di Ouattara sia stata viziata da molti brogli (di sicuro nel primo turno ha prevalso nettamente Gbagbo, che infatti gode ancora di un grandissimo appoggio popolare), e già questo dovrebbe far riflettere gli occidentali, che invece gli danno un appoggio incondizionato(oltretutto sua moglie è una rampante donna in affari con l’Occidente, e bisognerebbe aprire un capitolo a parte sull’influenza che le mogli di Gbagbo e di Ouattara hanno avuto sulle scelte dei loro mariti). Ma soprattutto, gli uomini vicini a Ouattara si sono macchiati eccome di crimini, e una corte penale internazionale come si deve dovrebbe giudicare questi crimini. C’è da dire che Ouattara ha riconosciuto che c’erano delle cose che non andavano anche nel suo fronte, e ha chiesto che si faccia un adeguato controllo al riguardo. Ovviamente, la sua postilla è che i crimini avvenivano contro la sua volontà, e se c’era qualche ‘mela marcia’fra i suoi adepti, lui non ne è direttamente responsabile.

Ma dal momento che Gbagbo gode ancora di un appoggio popolare così vasto, è verosimile l’ipotesi di un suo ritorno in scena, passata la bufera dell’arresto?

E’ un’ipotesi altamente probabile. Aggiungiamo a questo che Gbagbo sostiene, chissà se a torto o a ragione,  che Goigny lo riteneva il suo successore più adatto. Di sicuro ha una bella schiera di delfini pronta a sostituirlo in suo nome. Proprio nelle ultime ore uno dei suoi ex ministri ha dichiarato che tutti i Padri della Patria dei paesi africani che sono andati contro la volontà dell’ex madrepatria, sono finiti uccisi (ad esempio Mugabe). Un’affermazione polemica per dire che anche Gbagbo potrebbe rischiare questa fine, e che bisogna impedire che francesi &Co. gli facciano fare questa brutta fine. Tutto questo interesse dei francesi verso la Costa d’Avorio si spiega ovviamente in termini di interessi economici, esattamente come l’Italia con la Libia. La cosa che colpisce negativamente è che anche la gauche francese mostra dei sentimenti fortemente sciovinistici. E’ capitato di andare a Parigi negli anni in cui cominciava la guerra civile, e anche per gli intellettuali ‘rossi’la preoccupazione principale era che la Francia non permettesse agli Stati Uniti di prendere tutto il controllo della situazione. Cioè, di fronte al dramma della guerra civile, questi intellettuali piagnucolavano per la paura che la grandeur francese non dominasse più in Costa d’Avorio

La percezione, da parte di un profano che osserva distrattamente la tele in questi giorni, è che ci sia stato un effetto domino fra i tumulti in nord-Africa e in Costa d’Avorio. Sono situazioni completamente diverse?

Proprio così, sono situazioni completamente diverse. I disordini in Costa d’Avorio hanno una storia del tutto autonoma alle spalle, per cui la cosiddetta Primavera Araba non c’entra niente con quel che sta accadendo in Costa d’Avorio. Sì è vero, il mondo è teoricamente un villaggio globale, quindi fuor di dubbio che gli ivoriani abbiano orecchiato quel che sta accadendo sopra le loro teste. Ma non dimentichiamo che nell’Africa sub-sahariana le maglie censorie sono particolarmente efficienti, per cui c’è da immaginarsi che la maggior parte degli ivoriani abbia poche idee, e confuse, su quel che sta accadendo in Nord Africa

Col disordine che si respira in questi giorni, gli ivoriani stanno scappando a frotte nei paesi confinanti. Come gestiscono questo enorme flusso migratorio i paesi che li accolgono come la Liberia e il Burkina Faso?
Centinaia di migliaia di ivoriani si sono già allontanati, e le migrazioni non sono ovviamente terminate. Il fenomeno è ovviamente preoccupante, e la Lega Africana dovrà gestire con accuratezza questo enorme flusso di profughi. Possiamo avere la certezza però su un punto, su cui c’è da ridere ma giusto per non piangere: noi italiani, con una cifra tutto sommato modesta come 20.000 tunisini, ce la facciamo sotto molto di più!E non solo gli italiani, ovviamente sappiamo che tutta l’Europa vive con imbarazzo l’idea di ospitare una manciata di cittadini extracomunitari

Certo, colpisce che tutto l’Occidente, in un sol blocco, parli in termini così entusiastici di Ouattara…

Colpisce, e spaventa. Ouattara non è affatto un santarellino, e come dicevamo prima queste generiche promesse di ‘riconciliazione’del paese fanno acqua da tutte le parti, proprio per via della complessità politica della Costa d’Avorio. Troppo affrettato questo appoggio occidentale a Ouattara: un uomo che, alla faccia della riconciliazione, già in questi giorni si sta macchiando di tutta una serie di ritorsioni contro i sostenitori di Gbagbo. Abbiamo delle foto di questi giorni, molto crude, che testimoniano queste ritorsioni, e a vederle c’è davvero di che mettersi le mani nei capelli! E’ davvero Ouattara l’interlocutore a cui l’Occidente dovrà fare totalmente riferimento in futuro? Beh, se il buongiorno si vede dal mattino, l’inizio non è stato sicuramente dei migliori…

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