Degli hombres e del dinero

31 Gennaio 2011

Guion_de_Cerdeña (particolare)

Bruna Cappai

Cagliari 1668. Un omicidio si consuma nel buio, i sicari scompaiono in un dedalo di vicoli, un mandante sconosciuto, un processo che si apre in un clima di sospetti, trame, odi, rancori antichi e vendette; due amanti, un secondo omicidio, un traditore. Un romanzo che si presenta come un giallo e come un giallo mantiene vivo l’interesse del lettore fino alla fine (Hombres y dinero, di Pietro Maurandi, Cuec).
Ma non è questa la sola lettura del romanzo.
Hombres y dinero, il titolo, riassume in due parole le richieste della Corona Spagnola ad una Sardegna povera, arretrata e mutilata nelle sue istituzioni: uomini da mandare in battaglia e soldi. Ma, le Cortes di Cerdeňa convocate nel 1665 per votare il “donativo”, in un momento particolarmente difficile per una Spagna avviata al declino sul piano internazionale, questa volta pongono una condizione e chiedono come contropartita di potersi autogovernare, in particolar esigono la riserva esclusiva ai sardi di tutte le cariche, civili, militari ed ecclesiastiche. Da questa richiesta nasce il conflitto fra il “partito sardo” e il “partito spagnolo”.
Protagonista della battaglia dei sardi all’interno delle Cortes è Agustin de Castelvì marchese di Laconi «rispettato per il suo potere, temuto per la sua spada», prima voce dello Stamento militare.
Romanzo storico dunque, che ha come centro narrativo e motore dell’azione l’aspirazione dei sardi all’autogoverno. Questa aspirazione è presente non solo nei numerosi protagonisti storici ma anche nei popolani che arricchiscono e completano il romanzo: Pasqual giovane archivista della Reale Udienza che «non si limita a catalogare e archiviare ma cerca di capire», Antonio, bastaxiu stampacino, costretto a difendere Maria, la sua donna, dalla prepotenza e dall’arroganza spagnola, Raimundo, studente universitario squattrinato, figlio di contadini.
Incastonate in questi episodi storici, le vicende di Antonio, Pasqual, e Raimundo introducono una ricca e articolata storia minore che ben si raccorda con i fatti documentati e di questi costituisce lo sfondo naturale. Attraverso questo nesso anche i personaggi storici acquistano una dimensione umana più completa, fatta di passioni personali e politiche, di dolore, di viltà, di compassione, di debolezze, che pur andando al di là del mero dato biografo è sempre con questo perfettamente coerente.
Con questi personaggi minori scopriamo una straordinaria Cagliari seicentesca che ci apre i suoi palazzi e le sue chiese, con loro ci addentriamo nelle strade e nei vicoli, entriamo in contatto con la vita dei pescatori, degli artigiani, dei bastaxius e dei monelli cagliaritani, sentiamo il profumo del mare portato dal vento di scirocco, della macchia che sale dalla campagna, della frutta che si sprigiona dagli orti, ci addentriamo nei vicoli di Estampache, Villanueva e della Marina, seguiamo gli odori delle cucine, dei giarrettus arrostiti sulla brace in mezzo alla strada impariamo a a cucinare la “burrida”. Ma conosciamo anche, senza sentimentalismi e autocompiacimenti, l’orgoglio e la dignità del popolo.
Parallelamente la storia procede: iI 21 giugno 1668 don Agustin viene ucciso in un agguato. La Reale Udienza, supremo collegio giudicante, apre un processo e individua i mandanti dell’omicidio nell’ambiente della corte viceregia, interessata a fermare l’attività politica del Castelvì. Un mese dopo viene assassinato il vicerè spagnolo, marchese di Camarassa che da subito si era opposto alle richieste dei sardi.
Il nuovo vicerè inviato a Cagliari dal governo spagnolo, riesce a far riaprire il processo e a spostare l’accusa di omicidio sulla moglie di don Agustin, donna Francisca Zatrillas marchesa di Sietefuentes, «di una bellezza sconvolgente». Di lei la tradizione ci ha tramandato l’immagine di una cinica dark lady che avrebbe ordito l’omicidio del marito con il suo amante, accusando poi la viceregina.
Immagine e sentenza che, però, non hanno convinto Pietro Maurandi il quale ripercorre con la precisione dello storico e la sensibilità del narratore le vicende storiche, compresa la storia della passione fra donna Francisca e don Silvestre Aymerich, ricostruendo il clima politico e intellettuale in cui è maturato il delitto nella Cagliari spagnola del Seicento e il fermento che scuoteva la società sarda.
Attraverso uno stringente percorso logico-argomentativo, Maurandi dimostra l’inconsistenza della tesi del delitto passionale utilizzata dal governo spagnolo per spogliare l’omicidio del Castelvì di ogni contenuto politico, discolpando – allo stesso tempo – gli ambienti spagnoli e, in particolare, la moglie del vicerè, fino ad allora ritenuta la principale indiziata.
Emerge dalle pagine del romanzo l’inizio di una moderna battaglia civile del popolo sardo per l’autodeterminazione che – secondo l’autore – si collega direttamente all’insurrezione cagliaritana del 28 aprile 1794 e ai moti rivoluzionari guidati da Giovanni Maria Angioy.
In tempi a noi più vicini questa battaglia ha assunto aspetti e forme del tutto nuove e non può dirsi ancora pienamente conclusa.

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