Diritti da bere

1 Aprile 2009

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Raffaello Ugo

Ogni 15 secondi un bambino muore per sete o perché l’acqua che beve è inquinata. Sono 4 bambini ogni minuto, 240 ogni ora e 5.760 al giorno. Non li sentiamo gridare probabilmente perché nella morte per sete la lingua si gonfia fino a impedire ladeglutizione. Due volte il numero di morti delle torri gemelle, ogni giorno che passa. A Istanbul, 16 al 22 marzo, si sono incontrate le grandi multinazionali dell’acqua, Veolia, Suez, Lyonnaise des Eaux, Vivendi e le altre per decidere chi, come, e a che prezzo, avrà accesso all’acqua nei prossimi anni ponendosi al di sopra degli stessi governi o delle Nazioni Unite. L’organizzatore del Forum, il World Water Council, è guidato dai presidenti delle multinazionali che si sono autonominati l’organismo che deciderà le sorti del mondo nei prossimi decenni. Dicono che l’acqua è un bene prezioso e che non va sprecata ma, in realtà, chi vende un prodotto ha solo interesse a incentivarne lo spreco se vuole aumentare i guadagni. In Sardegna ci tocca Abbanoa. La Coca Cola era uno degli sponsor principali del forum ma per fare un litro di Coca Cola occorrono nove litri d’acqua, c’è qualcosa che non quadra. La Coca Cola è quella che prosciuga le falde acquifere per produrre la bevanda che piace tanto ai giovani, per non parlare del massacro di sindacalisti che tentano di parlare di diritti dei lavoratori nelle sue fabbriche. Il risultato, assolutamente scontato, della privatizzazione sarà dappertutto l’aumento vertiginoso delle bollette dell’acqua senza alcun miglioramento reale del servizio. Se qualcuno proponesse di tassare l’aria verrebbe annichilito dalle risate mentre vendere l’acqua come fosse una merce sembra non suscitare troppo sdegno. A Cagliari, il 19 e 20 marzo si è tenuto nella Facoltà di Lettere e Filosofia un incontro/dibattito aperto al pubblico organizzato dagli “Studenti per un consumo critico”, il comitato “Acqua bene comune” di Planargia e Montiferru, Cagliari, social forum, lo Sci (Servizio civile internazionale), il comitato “Acqua pubblica” di Oristano, DomusAmigas  di Iglesias. L’incontro è servito a ribadire la necessità assoluta che il controllo dell’acqua rimanga in mani pubbliche per una questione di democrazia, di diritti civili ma soprattutto per una questione di sopravvivenza. È emersa la necessità di ostacolare la rapacità incontrollata delle multinazionali dell’acqua tornando, come prima cosa, a bere l’acqua del rubinetto, estremamente più controllata di quella commerciale e con parametri di potabilità molto più rigidi. Un ultima cosa: Per fare la bottiglia che contiene un litro d’acqua occorre un litro d’acqua. Qualcosa non funziona.

1 Commento a “Diritti da bere”

  1. Annamaria Janin scrive:

    Dice Raffaello Ugo che se qualcuno proponesse di tassare l’aria verrebbe sommerso dalle risate: io non ne sono poi così sicura: si accetterebbe anche quello supinamente…basta pensare alle sostanze nocive che si immettono continuamente, indisturbatamente, criminosamente e spensieratamente nell’aria… come se l’aria, al pari dell’acqua, non fosse di tutti. E come se, a fronte delle morti per sete, non vi fossero continuamente malattie e morti causate da ciò che respiriamo!
    Il fatto grave, gravissimo e, per come la vedo io ( cioè nera) è che coloro che ne sono consapevoli sono una ristretta minoranza che non riesce non dico ad opporsi efficacemente ma neppure a mobilitare se non quattro gatti.
    E’ tremendo, ma non c’è speranza che qualcosa cambi!

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