Disabilità e filosofia

1 Febbraio 2020

Murale del progetto #disabilityinstrada, Benevento

[Amedeo Spagnuolo]

Qualche anno fa, alle 11.00 in un liceo milanese di periferia. La campana suona in maniera stridula e fastidiosa e come sempre, ogni giorno, autorizza i nostri alunni a scaricare, per una decina di minuti, l’accumulo ormonale che si è condensato durante le prime tre ore di lezione.

Belle ragazze molto curate nell’aspetto, piene di entusiasmo e di voglia di vivere, ragazzi palestrati e abbronzati, anch’essi molto curati, quasi tutti dotati di smartphone di ultima generazione. Non si direbbe che siamo in un paese in piena crisi economica, anzi, l’apparenza, che inganna quasi sempre, ci trasmette un’idea del tutto mistificata della nostra situazione economico – sociale. Comunque sia, durante l’intervallo, rimango seduto dietro la mia malandata scrivania polverosa, ma non sono da solo.

Con me, a farmi compagnia, c’è Silvestra la mia alunna affetta da una patologia piuttosto grave. Rimane da sola seduta nel banco, la collega del Sostegno mi ha chiesto la cortesia di darle un’occhiata, ha una necessità fisiologica impellente che non può più rimandare. Io cerco d’intrattenere una qualche forma di dialogo con Silvestra, ma non è facile, non siamo preparati adeguatamente per comunicare con i “diversi”, ci accontentiamo di comunicare in maniera ipocrita e svogliata solo con i nostri “simili”.

Un urlo stridulo interrompe in maniera traumatica quel tentativo di comunicazione tra diversi, è la solita Valentina che come sempre cerca di attirare l’attenzione, è troppo immatura e troppo presa da se stessa per rendersi conto di quanto siano sciocche le sue modalità di rapportarsi con gli altri. A un tratto, come in un fermo immagine, i miei occhi inquadrano le due ragazze, Silvestra e Valentina, all’interno di un’immaginaria cornice fotografica che alimenta in me la riflessione sulle qualità complessive delle due alunne, mi rendo conto che tali pensieri sono quanto meno discutibili ma non posso farci niente, è il potere dei pensieri automatici.

Insomma tale riflessione dopo un po’ m’induce a cambiare radicalmente le mie sensazioni emotive che in un primo momento mi avevano spinto a provare una profonda tenerezza per Silvestra e la sua solitudine vissuta in quella cupa classe in confronto all’allegra esuberanza della ragazza bella ma sciocca. Le mie emozioni mutano perché ripenso alle poche ma lucide e profonde riflessioni di Silvestra che spiccano il volo rispetto alla fiera delle banalità espresse, non solo per colpa loro, dai cosiddetti discenti “normodotati”. Tutto questo rimuginio mentale mi porta alla conclusione che in un altro sistema economico sociale, strutturato sulla logica del rispetto umano e non sulla logica del profitto, Silvestra non sarebbe la ragazza “malata” sola e bisognosa di “sostegno” ma sarebbe anche lei sostegno per gli altri grazie alle sue peculiarità che potrebbero essere trasmesse ai suoi compagni di classe e fuori della classe, luoghi in cui le “diversità sono innumerevoli.

La disabilità rappresenta ancora oggi, per il mondo occidentale, un vero e proprio scandalo, qualcosa da nascondere in una dimensione poco visibile. Mi stupisce e amareggia il fatto che anche la filosofia, purtroppo, non si è praticamente mai occupata di questo tema forse perché troppo impegnata a scalare le alte vette della speculazione teorica. All’interno di questa prospettiva francamente triste e desolante del pensiero filosofico fa eccezione il lavoro della filosofa americana Martha Nussbaum che anzi ha sviluppato la sua filosofia proprio intorno al tema della disabilità. La filosofa statunitense afferma che il tema della disabilità dovrebbe, essere centrale affinché si arrivi al più presto a un mutamento del modello politico dominante in Occidente ovvero il modello liberale soprattutto nella sua espressione contrattualista, quella classica di Locke e Hume fino a quella neocontrattualista di Rawls.

La Nussbaum afferma che l’errore originario del modello contrattualista risiede nel fatto che il contratto socio – politico che viene stipulato nelle democrazie occidentali è un contratto tra “pari” cioè tra individui “liberi, uguali e indipendenti”. Ciò ha come inevitabile conseguenza quella di escludere da questo contratto tutte quelle persone che non rispondono a questi requisiti come appunto le persone disabili. Non rispondono a questi requisiti soprattutto perché nella società liberale occidentale la caratteristica principale di chi sottoscrive il contratto politico è la produttività intesa ovviamente nel senso di valorizzare il soggetto capace di produrre un profitto, per ovvie ragioni chi è portatore di una qualche forma di disabilità, nella stragrande maggioranza dei casi, non può rientrare in questa categoria.

Secondo la Nussbaum il peccato originale del contrattualismo sta proprio nell’affermazione che un sistema liberale può essere formato esclusivamente da persone “libere, indipendenti e uguali” tutte caratteristiche che ovviamente non possono appartenere a un individuo disabile. Per superare questa marginalizzazione dei soggetti disabili all’interno del sistema liberale bisogna adottare un nuovo modello politico che tenga conto delle caratteristiche minime essenziali che rendono la vita di un uomo dignitosa, si tratta insomma di superare il pensiero unico centrato sulla capacità di produrre profitto.

La filosofa americana, infatti, elenca ben dieci capacità fondamentali che una società civile e democratica deve favorire per potersi considerare veramente degna, esse sono: Vita; Salute; Integrità fisica; Immaginazione; Sentimenti; Ragion pratica; Appartenenza; relazionarsi con altre specie; Gioco, Controllo del proprio ambiente. L’idea centrale che emerge da questo elenco è che una vita priva di una di queste capacità è una vita umanamente poco dignitosa. Insomma secondo la Nussbaum la giustizia sociale si realizza solo quando si garantisce a tutti, dunque anche alle persone con disabilità, una buona qualità della vita e non quando si garantiscono ricchezza e privilegi a una piccola categoria d’individui “liberi, uguali e indipendenti”.

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