Draupadi

1 Maggio 2014
foto Silvana 168
Silvana Bartoli

«Draupadi Mejhen venne tratta in arresto alle 18,53 … Alle 20,57, avvicinandosi l’ora delle cena, Senayak disse: ‘Fatevela. E fate il necessario’ …  Aprendo gli occhi dopo un milione di anni luce, Draupadi, strano a dirlo, vede il sole e la luna.  I chiodi insanguinati piantati nel cervello si muovono lentamente. Nel tentativo di spostarsi sente le braccia e le gambe legate a quattro pali. C’è qualcosa di appiccicoso sotto la vita e il sedere. È il suo sangue. Le hanno tolto solo il fazzoletto sulla bocca. Ha una sete indicibile ma si morde il labbro inferiore per paura che la parola ‘acqua’ le sfugga dalla bocca.  Sente la vagina sanguinante. In quanti sono venuti a farsela? … Quanti erano? Quattro-cinque- sei-sette, poi Draupadi era svenuta … All’improvviso una speranza, contro ogni speranza: forse l’hanno abbandonata lì, in pasto ai lupi. Ma ecco un rumore di passi … non deve aspettare a lungo: lo stupro ricomincia. Continua …
È mattino. Portano Draupadi in una tenda, la rovesciano sulla paglia e le gettano sopra il telo del sari … La guardia le mette davanti il bacile con l’acqua.  Draupadi si alza in piedi. Versa l’acqua per terra e strappa con i denti la tela del sari.
La sentinella dice: ‘è impazzita’ e corre in cerca di ordini … Senayak esce dalla tenda con aria sorpresa e vede Draupadi venirgli incontro nuda, in piena luce, a testa alta … con le cosce e i peli del pube intrisi di sangue rappreso. I seni sono due ferite aperte …
‘Dove sono i suoi vestiti?’
‘Si rifiuta di indossarli, Signore. Li fa a pezzi’.
Il corpo nero di Draupadi si avvicina ancora di più … ‘A cosa servono i vestiti? … Non ci sono uomini qui perché io mi debba vergognare. Non lascerò che mi vestiate di nuovo. Cosa potete farmi ancora?’ …
Coi seni maciullati Draupadi dà uno spintone a Senayak, e per la prima volta stare davanti a un obiettivo non armato gli fa paura.»

Draupadi è il titolo di un racconto di Mahasweta Devi contenuto nel libro Il cortile segreto. Le scrittrici indiane raccontano (a c. di L. Holmström, La Tartaruga edizioni, Milano, 1994, pp. 102-118).
L’autrice ha scelto consapevolmente il nome della protagonista nella mitologica epica del Mahābhārata, dove Draupadī è una sposa bellissima appartenente alla famiglia dei Pāṇḍava. I quali, sconfitti dai Kaurava, sono costretti a cedere tutti i loro averi, compresa la giovane donna. Uno dei vincitori, volendo umiliarla, prende il lembo del suo sari per cominciare a spogliarla. Ma non ci riesce perché l’abito della ragazza, che aveva implorato la protezione di Krsna, sembra non finire mai. Sicché l’aspirante aguzzino deve rinunciare lasciando così intatto l’onore della donna.
La vicenda è ambientata durante una guerra in India, ma potrebbe essere ovunque: in Cecenia come in Bosnia, in America Latina, in Ruanda, in Armenia, in Nigeria, in Cina, in Spagna, in Italia … tutti luoghi nei quali pare che, nel corso delle tante guerre moderne e antiche, lo stupro, etnico o ‘normale’, sia avvenuto e avvenga nell’indifferenza totale delle divinità, orientali e occidentali.
Ed è proprio pensando all’uso violento del corpo femminile, tradizione comune ai secoli e alle latitudini, che molte ragazze protestano denudandosi. Le attiviste di Femen (movimento di nato in Ukraina, guarda il caso: oltre ai produttori di armi, chi può essere interessato a scatenare un’altra guerra?) mosse dalla rabbia verso quegli uomini che usano le donne come se fossero oggetti, si sono ormai fatte conoscere in tutto il mondo, e hanno protestato in topless al Louvre, proprio davanti alla Venere di Milo. Il monumento, simbolo della bellezza muliebre, è stato trasformato in vetrina per la protesta contro lo stupro e l’uso del corpo femminile. Il cartello posto sulla statua dice “stupratemi, sono immorale”: si trattava di attirare l’attenzione sulle accuse di “immoralità” scagliate contro una donna tunisina stuprata da due poliziotti.
“Il nostro seno è più pericoloso delle vostre pietre”: hanno urlato le femministe ukraine per lanciare una mobilitazione in difesa di Amina Tyler, la giovane attivista tunisina che ha osato postare su Facebook una foto a seno nudo, sfidando apertamente il costume del suo Paese. “Il corpo è mio e non appartiene a nessun altro”, diceva la scritta disegnata sulla pelle della attivista araba, una ragazza di diciannove anni dal coraggio di leonessa.
Il controllo del corpo femminile sembra essere una delle tradizioni più sante in molte religioni e una donna deve spogliarsi per obbedienza, mai per scelta. Infatti gli Imam si sono precipitati a chiedere che venga isolata: la “malattia” potrebbe diffondersi e quindi coinvolgere altre ragazze; poi hanno raccomandato la fustigazione in pubblico, affinché le altre potenziali ribelli sappiano cosa le attende; con grande rammarico degli Imam i tribunali della Tunisia non applicano la legge islamica. La famiglia di Amina ha rilasciato una dichiarazione pubblica per condannare il gesto della ragazza, della quale non si è saputo nulla per molti giorni, forse ricoverata in un ospedale psichiatrico, o richiusa in casa e opportunamente tenuta a bada.
Sembra di sentire ancora la voce della sentinella: Draupadi è impazzita ma, anche in Brasile, molte giovani donne devono essere impazzite, infatti hanno pubblicato autoscatti in cui si mostrano nude o coperte solo da un cartello: “Io sono mia”.
In Brasile le violenze carnali sono all’ordine del giorno e la motivazione degli stupratori è che quelle donne li avevano tentati essendosi presentate con abiti provocanti. Il corpo femminile, si sa, è un peccato ambulante, tocca alla donna nasconderlo e occultarlo per non indurre in tentazione le preziose anime e i corpi maschili, gli unici, dice la religione cattolica, a immagine e somiglianza di Dio. La narrazione di stupri e violenze, provocati dalle donne è ovvio, potrebbe continuare ma sarebbe una ripetizione di quanto si può leggere sui giornali di tutto il mondo in un giorno qualunque dell’anno.
Eppure, su un noto quotidiano, è apparso di recente l’articolo di un anziano intellettuale deciso a difendere i diritti della sessualità maschile a qualunque età. Mi chiedo quale reazione ci sarebbe stata se UNA anziana intellettuale avesse usato la pagina di un quotidiano per avanzare la stessa richiesta.
Dopo 5000 anni di storia, molti più di preistoria, quanti maschietti sono ancora convinti che il mondo debba ruotare attorno alle esigenze del loro pene?

p.s. Draupadi si riferisce a un episodio di guerra avvenuto nel 1971.

1 Commento a “Draupadi”

  1. Massenzio Ballerini scrive:

    Essendo maschio non dovrei permettermi di discutere di un problema come quello dello stupro di una donna, ma le recenti polemiche sulle violenze ai danni di attrici italiane ed estere innescate da Asia Argento mi spingono a un commento fuori tempo massimo e contemporaneo insieme. Avevo scritto le solite storie sociologiche (disagio,incomunicabilità,ambiente culturale etc.etc,); dopo ho avuto una strana idea mutuata da una ricercatrice milanese della caccia alle streghe anni ’70 : la immedesimazione. Perché noi maski non proviamo almeno una volta ,leggendo i particolari di uno stupro, a sentirci come quella donna ? (rectius una strega) ; a immaginare sul nostro corpo, che riteniamo inviolabile, cosa potrebbe essere prima fisicamente e dopo psicologicamente una simile violenza . Se non ci riusciamo, basta chiedere al “solito” amico omosessuale che tutti conoscono e “naturalmente” rispettano(sic!) e farsi raccontare i particolari per capire finalmente quello che si prova . Solo dopo si leggano quei giornali che hanno scritto : “prima la danno e dopo si lamentano” . Io non voglio attizzare la polemica, ma veramente proviamo a fare una specie di sana autocoscienza maschile e dopo si può parlare con cognizione di causa anche al bar o in ufficio . Ok ? Il mio sarà uno scarso psicologismo di risulta ma mi sono stancato delle solite analisi sociali .Scusatemi per questo, ma provate a fare quello che ho scritto e dopo ne parliamo … va bene ? nuovamente chiedo scusa per l’intimismo .

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