Eleonora d’Arborea non era una regina: lo svarione di Michela Murgia ed Emilio Lussu

13 Dicembre 2022

[Francesco Casula]

La nota intellettuale e scrittrice sarda, qualche settimana fa, all’interno della puntata di Ulisse dedicata da Alberto Angela alla Sardegna, è caduta in uno svarione storico imperdonabile: ha sostenuto che Eleonora d’Arborea era una Giudicessa ma non una Regina.

   Il medesimo svarione è stato commesso da un gigante della storia sarda:Emilio Lussu. A Roma il 21 luglio del 1947, nell’Aula di Montecitorio, Umberto Elia Terracini, Presidente dell’Assemblea Costituente apre i lavori della seduta . All’ordine del giorno dell’assise chiamata a scrivere le fondamenta della Repubblica c’è una mozione: la prima firma è quella di Emilio Lussu che interviene con la solita capacità oratoria, ironica e corrosiva. Commettendo però due gravi strafalcioni storici affermando che “Nella nostra povera storia dell’Isola, di illustre non abbiamo che una donna, che non era neppure re ma giudice, come i re del popolo d’Israele”. Non è questa la sede per affrontare la questione dei giudici e dei re israeliani, ricordo però che Lussu sbaglia: il popolo d’Israele aveva i Giudici ma solo fino a Samuele: con la fine del suo “Giudicato” si doterà di re. Il primo sarà Saul1  .

   Mi interessa invece contestare l’affermazione secondo la quale, per Murgia come per Lussu, Eleonora d’Arborea non fosse una regina: lei come tutti i Giudici erano veri e propri sovrani, i Giudicati sono dei veri e propri Regni: sos Rennos sardos: con ordinamenti propri, un territorio, frontiere, accordi interni, rapporti esterni e esteri.

C’è di più: in tutte le iscrizioni e i sigilli appare la scritta: Iudex sive rex (Giudice ossia re). Investito della summa potestas (somma potestà): non cognoscens superiorem (che non riconosce uno superiore).

Del resto nel Proemio alla Carta De Logu proprio Eleonora stessa precisa che la Carta di Mariano IV da sedici anni non era stata rivista e poiché non rispondeva più ai bisogni delle nuove condizioni sociali, occorreva rivederla e aggiornarla:”pro conservari sa Justicia et in bonu, pacificu e tranquillu istadu dessu pobulu dessu RENNU nostru…dessa terra nostra e dessu RENNU de Arbarèe”.

Certo si potrà persino obiettare che Eleonora pur chiamandosi giudicessa, ovvero regina, non fu regina regnante ma reggente (il figlio maggiore Federico Doria-Bas, non aveva la maggiore età e lei governò in sua vece) ma si tratta di una distinzione da azzeccagarbugli, di formalismo giuridico (peraltro del diritto di quei tempi). Ma la sostanza non cambia.

Si tratta di regni con ordinamenti propri, un territorio, frontiere, accordi interni, rapporti esterni e esteri. Certo si tratta di Regni particolari e specifici: intanto non sono patrimoniali, come erano quelli del medioevo italiano ed europeo feudale, ma superindividuali.Inoltre il re governava sulla base di un patto con il popolo (chiamato bannus consensus). Scrive a questo proposito lo storico medievista Francesco Cesare Casula: ”Contrariamente agli stati continentali dell’epoca, i giudicati sardi non erano patrimoniali – cioè di proprietà del sovrano – ma super-individuali (o subiettivi) dipendenti dalla volontà del popolo il quale, per mezzo dei suoi procuratores, concedeva al giudice il potere (bannus) e acconsentiva a sottomettersi a lui in cambio del rispetto delle proprie prerogative (consensus). In caso di violazione del vincolo, il re spergiuro poteva essere barbaramente ucciso dallo stesso popolo in rivolta, come in effetti capitò più volte nel corso della storia giudicale” 2.

In altre parole il re governava sulla base di un patto con il popolo: il potere veniva infatti concesso al Giudice-re (con l’intronizzazione) in cambio del rispetto delle prerogative popolari, tramite la Corona de Logu, ovvero il Parlamento.

Di qui dei regni che possiamo definire semidemocratici: scelti con un sistema misto: da una parte vige l’ereditarietà dall’altra l’elezione da parte della Corona De Logu).

Il re.giudice governava sulla base di un patto con il popolo: se non lo rispettava poteva essere detronizzato e persino legittimamente giustiziato dal popolo stesso.

Riferimenti bibliografici

1. Primo  libro di Samuele, capitolo VIII

2. Francesco Cesare Casula, Aggiornamento e note storico – diplomatiche al Codex Diplomaticus Sardiniae di Pasquale Tola, Tomo I, pag XI, Carlo Delfino Editore, Sassari, 1984.

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