Elezioni: le risposte dipendono anche dalle domande

8 Giugno 2016
Musacchio
Roberto Musacchio

A leggere i fb, ma anche qualche ragionamento più strutturato, la sinistra che ha provato a ritrovarsi unita alle recenti elezioni rischia già di riprecipitare in una crisi di nervi. Per carità, cose già viste. Diciamo che dai tempi dell’arcobaleno in poi non c’è mai stata grande serenità post elettorale. O, se vogliamo prenderla ancora piu’ alla lontana, nei tempi successivi alla fine del Pci difficilmente ad un risultato elettorale non e’ seguita qualche rottura. Anche quando le cose erano andate bene nelle urne. Si ruppe piu’ volte il vecchio Prc. Si e’ rotta Sel. Dopo le Europee l’Altra Europa con Tsipras ha conosciuto difficoltà e diaspore. Questo solo per dire che il tema della ricostruzione di un soggetto autonomo e forte della sinistra in Italia e’ tormentato da tanto tempo e cioè da quando ci fu lo scioglimento del Pci. Il punto deflagrante e’ stato sempre, o quasi, proprio il rapporto con ciò che da quello scioglimento proveniva. C’e’ in questo una peculiarità italiana rispetto al resto d’Europa in quanto quello scioglimento ha fatto si che il tema della rifondazione di una sinistra avvenisse in presenza di una rescissione forte delle radici e, di conseguenza, senza una radice originaria se non quella che alimento’ all’inizio Rifondazione essendo pero’ altro dal soggetto originario stesso. Non ho ora il tempo, ne’ mi sembra il caso visto che voglio parlare delle ultime elezioni, di approfondire un tema su cui pure molto si e’ detto ma forse non abbastanza. Sta di fatto che in quasi tutta Europa c’è invece un permanere di un ceppo originario su cui si innestano ripartenze. Penso alla stessa Germania dove rinasce una sinistra alternativa, che non c’era piu’ dai tempi di Weimar, con l’unificazione. Dirà qualcuno che e’ meglio non avere radici piuttosto che averne di un certo tipo. Puo’ essere vero ma fin qui si fa fatica a reimpiantare un albero che regga le intemperie. E questo nonostante che le semine non siano mancate visto che in questi ultimi 25 anni in questo nostro Paese non sono mancate lotte e movimenti. Il punto e’ che ricostruire un pensiero forte non e’ facile. Soprattutto in tempi avversi, non solo per noi ma in tutta Europa. Il terreno in cui si gettano i semi infatti e’ sempre piu’ desertificato. Volutamente perche’ irrorato di veleni. Nella lunga transizione europea e italiana, nell’era della globalizzazione, tutto e’ cambiato. La societa’, le istituzioni, i soggetti e le persone. Fatalmente la politica. Torno qui bruscamente alle elezioni perche’ anche esse sono cambiate. Innanzitutto perche’ per il sistema del pilota automatico non dovrebbero decidere niente. E infatti cosi’ si tenta di imporre nei fatti, come in Grecia, e cambiando le regole, come con la deforma costituzionale e l’Italicum da noi. E’ un processo che va avanti da tantissimo tempo, come dicevo. E il cambiamento della legge elettorale per comuni e Regioni ne fu una parte. Da li’ parte l’enfasi sulla governabilità e sul plebiscitarismo con lo svuotamento dei consigli e della partecipazione. Enfasi per altro del tutto ipocrita visto che nell’era del pilota automatico il governo si riduce a mera governabilità subalterna. Ma dai livelli territoriali l’enfasi si e’ spostata sempre piu’ verso le istituzioni centrali in un maggioritario sempre piu’ ademocratico fino al culmine dell’Italicum. Di pari passo la politica si e’ fatta sempre piu’ impermeabile alla societa’ al punto che le grandi proteste non hanno mai trovato uno sbocco perche’ volutamente impedito. E i corpi politici si sono modellati su questo nuovo stato di fatto. L’attuale tripartizione e’ figlia di un lungo periodo di incubazione attraverso il quale si giunge a tre soggetti che incorporano tutti e tre dosi di populismo e di trasversalismo. Li divide, ma solo in parte, il tema della casta che pero’ alla fin fine sta dentro la volontà sistemica di porre termine a qualsiasi forma di rappresentanza politica autonoma e organizzata. Si reincontrano sul considerare desiderabile la fine dell’autonomia politica della sinistra. Sono tre forze organizzate a cimentarsi sull’Italicum, strappandosi voti per andare al ballottaggio e poi vincere. Un rischio che, a mio avviso, il Pd, e non solo Renzi, considera necessario correre perche’ consente di spiantare definitivamente la sinistra. Obbiettivo perseguito in tante epoche e tante parti del Mondo compresa l’Europa, a volte dalle socialdemocrazie stesse. E cosa ha fatto, e fa, appunto la sinistra? Dopo l’epoca della resistenza attiva di Rifondazione, compresi i tentativi di incursione sul governo, c’è stata quella del tentativo di abbraccio di Sel che ha provato ad usare i nuovi materiali, per quanto pensati per ben altro uso, per farne armi strappate all’avversario. La centralità del governo e l’attenzione al centrosinistra come ” popolo” caratterizzano l’epoca piu’ recente. Ma la torsione drastica che viene dall’Europa e che certo non e’ passeggera ha ridato rapidamente le armi in mano ai loro proprietari. Dunque, per difendersi, non resta che ricostruire la propria corazza e i propri armamenti. Questo, per me, e’ il punto centrale. L’autonomia politica, culturale, direi antropologica della sinistra e’ l’elemento cardine della Storia e dell’ oggi. E’ ciò che consente di dare risposte perche’ si governano le domande. Dunque se devo dire se ho vinto o perso le elezioni la questione non e’ se ho eletto o no il sindaco ma se ho un programma autonomo e sono in grado di agirlo. A chi magnifica i sindaci arancioni la questione che pongo non e’ solo del perche’ non ci sono quasi piu’ ma perche’, come noi, sono stati sconfitti nella lotta contro l’austerita’ o addirittura non l’hanno proprio fatta. E sul perche’ hanno pesato poco o nulla sulla ricostruzione della sinistra o, per chi quello voleva, sulla difesa del centrosinistra, quando non hanno fatto il contrario cioè favorire il Partito della Nazione. O meglio uno dei tre Partiti della Nazione. Per questo sono contento che possa vincere De Magistris perche’ penso che si ponga questo tema. E per questo sono insoddisfatto del voto delle grandi citta’ ma apprezzo che per la prima volta dopo tanto tempo tornano nei consigli eletti autonomi, che dipendono dalle proprie forze e non dal traino del Pd, e che hanno propri programmi che, non a caso, sono alternativi a quelli di tutti gli altri. Ho detto che il voto e’ insoddisfacente. Ma bisogna chiedersi perche’. Manca innovazione? Certo, e bisogna che ci sia. Ma la prima innovazione sta nel saper essere all’altezza della ricollocazione che ci stiamo dando. Che e’ purtroppo tardiva e non convinta. Ancora. Veramente si puo’pensare che il problema sia Renzi e che se cade lui si torna alle magnifiche sorti e progressive del centrosinistra? E la Troika dove la mettiamo? La realtà e’ che nelle nostre citta’ c’è una sofferenza amplissima che da tanto tempo non incontra la sinistra ne’ come solidarietà ne’ come efficacia. E questo perché la sinistra ha smesso di pensarsi. Sa pensarsi in Grecia, con tutte le difficoltà drammatiche. Sa pensarsi in Spagna dove due ragazzi, Iglesias e Garcon, hanno saputo riconnettersi, confluire, come dicono loro, per ganar, cioè per vincere. Non si sa ancora pensare in Italia dove ancora non si decide cosa vogliamo essere e, al contrario della Spagna dove si uniscono le forze, si dividono le debolezze. Qualcosa di noi in queste elezioni abbiamo ricominciato a pensare. So bene che non possiamo essere soddisfatti, che non basta unire i pezzettini, che manca l’innovazione, che forse questo e’ meglio di quello…..Ma non buttiamo via il lavoro fatto ed anzi mettiamoci con piu’ impegno perche’ ci aspettano i Consigli, le citta’, i referendum, il Paese.

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