Fare cinema in Sardegna

1 Luglio 2008

Davide Zanza

“Leggo con qualche sgomento di timori e paure per ‘la fine della cultura e la chiusura della Cineteca’. Voglio rassicurare i promotori della petizione, che con qualche schematica approssimazione descrivono un quadro apocalittico, poco coincidente con la realtà. Intento della Regione Sardegna è proseguire ad investire sulla cultura e sulla promozione del settore cinema, non a caso si intende dar vita alla Cineteca regionale per valorizzare il lavoro di tanti operatori e renderlo, come molti chiedono, più efficace, in luoghi più accoglienti, con risorse adeguate e ben spese.” Parola dell’Assessore alla Cultura Maria Antonietta Mongiu. Affermazioni che però hanno più il sapore di proclami già sbandierati, di promesse disattese, di ingiustificati cambi di rotta e di continue interferenze per sovvertire una legge regionale che ha trasformato l’affare cinema in un enorme e continuo paradosso. Paradosso perché siamo stati la prima regione italiana a costruire con molti sforzi, una legge di governance della materia in tempi nei quali la legge nazionale, ha mostrato le prime falle strutturali, mentre il denaro ha disposizione iniziava a scarseggiare. Paradosso perché dall’approvazione in consiglio regionale alla scrittura delle direttive di attuazione (che governano, in maniera pessima, solo una parte della legge) ci sono voluti due anni e due finanziarie che hanno cercato di minarne la prima struttura. Una paralisi incomprensibile, se pensate che la seconda regione italiana che ha lavorato sulla materia cinema, il Friuli Venezia Giulia, approvava la legge un mese dopo la nostra e le direttive uscivano a meno di un anno di distanza. Loro si che hanno lavorato sodo! Per loro nessun problema ma un’idea chiara e semplice. Creare ed applicare uno strumento di innovazione culturale, fare del cinema e dell’audiovisivo un traino per l’economia di una regione, sostenere e far crescere le strutture produttive come eccellenze. Tutte finalità contenute anche nella nostra legge ma, che di fatto, sono solo e soltanto parole al vento. La realtà è che su questo specifico tema, a meno di illuminanti cambi di rotta, la Regione Sardegna politica ed amministrativa, ha completamente fallito, specchio di un più ampio processo governativo dove ha sempre regnato il caos e dove la soluzione non era la migliore possibile, neanche la meno peggio. Era quella impraticabile. Ora, è comprensibile che le parole dell’assessore e del presidente Soru, siano distensive e pacate, ma è possibile credere a promesse che arrivano da una struttura che non è riuscita ancora a creare il fulcro della legge cinema, il motore di tutto l’apparato: la Film Commission. E’ancora bruciante la sconfitta in consiglio regionale di dicembre quando un emendamento riguardante la Film Commission passava monco. Provvedimento resosi paradossalmente necessario dopo l’ignobile comma (chi è il colpevole?) inserito dentro la passata finanziaria, che ne voleva dare ai privati il totale controllo. La Film Commission da oggi è un organismo associativo senza fini di lucro, dove al suo interno fanno parte organismi senza fini di lucro, ma, udite udite, la Regione che prima deteneva giustamente la maggioranza, ora non ne detiene più il controllo. Ciò che si è creato con quest’inutile modifica è una Film Commission innaturale, un monster che in Italia non esiste da nessuna parte. Creiamo un organismo importante e vitale per la regione in termini di servizi e attrazione, di visione del territorio, ma non ne abbiamo il controllo, aprendo la strada, di fatto, a privati (ovviamente senza scopo di lucro) che potrebbero comunque influenzare e complicare il futuro organismo associativo, a vantaggio dei soliti noti. E perché non ricordare (bisognerebbe farlo più spesso perché emblema di una certa cattiva gestione del denaro pubblico) cosa avvenne appena due mesi dopo l’approvazione della legge quando la Regione, sulla base di un bando pubblicato nei primi giorni di settembre ha appaltato alcuni servizi di competenza della Film Commission. L’appalto è stato vinto dalla società ArteVideo scrl di Marco Benoni per un importo di 87.500 euro per un anno, rinnovabili. L’importo era inizialmente di 108 mila euro. Il dato rilevante è che si sono appaltati servizi a un un privato che, con palese conflitto d’interessi, lavora proprio nel settore cinema/audiovisivo come casa di produzione. Perché? Ma ritorniamo alle tanto citate direttive di attuazione e ai bandi pubblicati per ottenere il denaro quota 2007. Le direttive d’attuazione si riferiscono a: contributi dati alle sceneggiature, alla produzione di corti di interesse regionale, ai lunghi; alla distribuzione per la diffusione e il lancio delle opere prodotte; al sostegno di rassegne circuiti, festival, premi, seminari e convegni; contributi all’università e gli istituti pubblici e privati per l’incremento e l’innovazione della didattica del cinema; borse di studio per l’alta formazione; studi e ricerche per progetti di sperimentazione sui nuovi linguaggi audiovisivi. Anche qui problemi a non finire visto che in un’azione congiunta, tutti gli autori sardi, hanno scritto un documento nel quale esprimevano il loro dissenso su molti fronti. Secondo gli autori i decreti attuano, rigidamente, meccanismi poco innovativi o inadatti alla Sardegna. Si chiede di eliminare lo spoil system (fallito anche nazionalemente); e il requisito anagrafico per almeno un potenziale beneficiario del fondo di sviluppo sceneggiature riservato (nel testo della legge) agli esordienti (e che le direttive di attuazione vogliono dai 16 ai 29 anni invece che interpretare quel passaggio della legge come riferito all’opera prima e non all’età). Chiedono di temperare i vincoli relativi alla costituzione delle società di produzione. E cancellare la richiesta, per l’ammissibilità ai contributi, di aver realizzato almeno 1 lungo (anche se si tratta di finanziare corti, ammazzando sul nascere identità produttive nuove) distribuito nazionalmente. Pensate che questi sacrosante richieste migliorative che arrivano da registi di ormai fama nazionale, siano stati ascoltati? Figuriamoci. Proprio quando due registi sardi (Grimaldi e Mereu) partecipavano ad un prestigioso festival di cinema come il Festival di Berlino. L’idea era quella di non perdere le cifre del 2007 spendendole entro l’anno. Così la fretta ha fatto da cattiva consigliera. Ad oggi non sono usciti i risultati dei bandi (atteso quello sulla produzione di lungometraggi perché carico di problemi), mentre si dovrebbe già pensare come spendere la cifra 2008. Si altro paradosso. I soldi ci sono. Manca la sensata strada per renderli produttivi. Intento della Regione Sardegna – spiega Mongiu – è proseguire ad investire sulla cultura e sulla promozione del settore cinema, non a caso si intende dar vita alla Cineteca regionale per valorizzare il lavoro di tanti operatori e renderlo, come molti chiedono, più efficace, in luoghi più accoglienti, con risorse adeguate e ben spese. Il progetto Cineteca regionale prevede anche la realizzazione del Centro di restauro del multimediale, per ovviare alla sofferenza conservativa di cui spesso soffrono tali preziosi beni culturali. Credo sia il caso – conclude Mongiu – che stiamo nella serenità delle cose reali, trasparenti e sotto il sole, uscendo dalla linea d’ombra dei timori e delle dietrologie. Insieme dobbiamo immaginare una Cineteca regionale della Sardegna con risorse umane e materiali sarde, con quella ricchezza che sin qui abbiamo espresso e stratificato”.

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