Minima 9.

1 Luglio 2008

Costantino Cossu

“Aprirò il libro dalla dedica. Non guarderò la copertina. Ci ritorno dopo un po’: è rilegata in brossura cucita a filo refe, così da resistere di più all’usura. La sovracoperta è bianca, il nome dell’autore è scritto in nero, mentre per il titolo si è scelto il colore rosso e forse non a caso: alla frontiera del libro e delle parole, come qualcuno ha scritto, c’è sempre una ferita. Sotto il nome e il titolo c’è la fotografia dell’autore. Cerco quel dettaglio che Roland Barthes definisce punctum, ‘l’elemento casuale che mi colpisce, mi ferisce’, la chiave di lettura dell’immagine stampata. In questa foto di uomo canuto, di gentiluomo elegante, quasi un ritratto d’altri tempi (Rinascimento o Risorgimento?), il punctum per me è il fondo nero, forse non è un semplice espediente fotografico che gioca con le tonalità dominanti della copertina che s’accostano e s’incrociano – il bianco, il rosso, il nero. Quel fondo è un sipario: il volto dell’uomo è in primo piano e dietro ha un sipario nero. Si aprirà?”

E’ l’incipit della recensione (prima pagina dell’Unità, venerdì 27 giugno) di Walter Veltroni al libro di Eugenio Scalfari, “L’uomo che non credeva in Dio”. C’è bisogno di aggiungere altro?

Sì, forse sì. Un piccolo gioco: cercate il punctum al quale vi conduce la contemplazione del volto del segretario del Pd.

1 Commento a “Minima 9.”

  1. Massimo Onofri scrive:

    No, caro Costantino, non c’è bisogno di aggiungere altro. Questo è il paese: a destra per un conto (tristo conto), a sinistra per un altro (sconfortante assai).

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