Fenomenologia del Blue Whale

1 Giugno 2017
Amedeo Spagnuolo

Diciamo pure che finora sono stato fortunato e proprio per questo mi affretto a mettere in atto, ogni volta che ci penso, i doverosi scongiuri volti ad allontanare, almeno illusoriamente, l’angoscia che il terribile spettro del suicidio giovanile, dopo quasi 30 anni d’insegnamento, possa in qualche modo devastare la mia carriera di docente che, fortunatamente, finora mi ha dato più soddisfazioni che delusioni e che, senza ombra di dubbio, mi ha anche aiutato a vivere.

In verità ci sono stati dei momenti in cui ho seriamente pensato che nella testa di alcuni dei miei alunni il pensiero della morte autoindotta stesse effettivamente ossessionando quelle giovani menti. In particolare ricordo un mio alunno di prima superiore che studiava in una scuola milanese. Era un ragazzo dalla faccia simpatica e buona, ma l’espressione del volto, generalmente bonaria e tranquilla, tradiva in alcuni momenti della lezione un profondo malessere che si esplicitava con una mutazione repentina dei tratti del viso che assumevano caratteristiche grottesche giacché quel giovane volto dava l’impressione d’invecchiare nel giro di pochi minuti e assumeva le caratteristiche tipiche di una persona arrabbiata, molto arrabbiata con se stesso e, probabilmente, con la sua famiglia. Per giorni ho osservato preoccupato quel ragazzo, in alcuni momenti la mia ansia ha raggiunto livelli talmente inquietanti da indurmi a monitorare con attenzione quel mio alunno per la paura che potesse compiere qualche gesto scellerato. In effetti, in un’occasione particolare, dopo una strana affermazione fatta in classe dal ragazzo, mi spaventai molto e decisi che avrei parlato con i suoi genitori. Tornai sui miei passi quando ebbi l’opportunità, durante i colloqui periodici, di conoscere il padre. Raramente nella mia vita d’insegnante ho conosciuto un individuo più rozzo e volgare di quell’energumeno che in maniera minacciosa mi si parò innanzi e che seppe solo dire che non aveva molto tempo da perdere e che voleva sapere solo se il figlio faceva il suo dovere altrimenti lo avrebbe ritirato dalla scuola e messo a lavorare. La nostra discussione fu molto concitata e ci mancò poco che non degenerasse. Comunque sia, le cose, per fortuna, non degenerarono, ma la freddezza di quell’uomo, il suo egoismo, la sua totale anaffettività mi fecero comprendere quanto fosse giustificata la rabbia del mio alunno. Tutto ciò solo per dire quanto sia importante vigilare a scuola, ma non solo, sul comportamento dei nostri adolescenti e per introdurre un tema di strettissima attualità che sta agitando non poco il sonno di tantissimi genitori: il suicidio giovanile.

Probabilmente è arrivato il momento per noi adulti di trovare il coraggio di confessare apertamente e schiettamente che abbiamo costruito un sistema sociale veramente schifoso nel quale il valore stesso della vita non ha più alcun valore. Tutti, più o meno, eseguiamo ogni santissimo giorno, stancamente, gli stessi gesti, ci svegliamo, ci laviamo, andiamo a lavorare, ecc. ecc. Ma tutto ciò è caratterizzato da una profonda deprivazione di senso, non sappiamo perché lo facciamo, sono ormai gesti automatici guidati da altrettanti pensieri automatici, generati da un meccanismo sovraindividuale che non offre alcun senso e costringe le persone semplicemente a muoversi proprio come un automa programmato da un’entità superiore che però stentiamo a riconoscere. Non intendo in questa occasione servirmi degli utilissimi strumenti della filosofia marxista oggi più che mai valida per spiegare bene le cause che ci hanno portato a una situazione tanto devastante. In questa occasione m’interessa maggiormente riflettere sulle conseguenze, sul disastro che abbiamo generato. Il papà rozzo e ignorante incontrato al colloquio scolastico, concentrato esclusivamente sulla pragmatica ricerca dell’”utile” e totalmente disinteressato, non dico alla felicità, ma almeno a una qualche forma di gratificazione esistenziale del figlio, è rappresentativo di una tipologia di persone che ormai conosciamo bene e che si diffonde in maniera preoccupante. Il punto è, insomma, che l’adolescente deprivato di senso che qualsiasi insegnante nella sua carriera, prima o poi, inevitabilmente si ritrova ad osservare, spesso impotente, durante le sue ore di lezione, ha un grosso problema, colmare un enorme vuoto esistenziale e qualsiasi analisi sulle cause di tutto ciò risulta essere inefficace di fronte all’urgenza della richiesta di aiuto di quel ragazzo che ci guarda torvo e arrabbiato anche perché continuiamo a spiegare Kant e Pirandello invece di fermarci un momento a parlare con lui e a preoccuparci per un po’ della successione grigia delle ore della sua vita.

Poi arriva il fenomeno Blue Whale, l’inspiegabile spiaggiamento dei cetacei di cui parlava già Aristotele nel IV sec. a.C., ma che nell’allucinante mondo che abbiamo generato serve a indicare la volontà di “spiaggiarsi” di centinaia di adolescenti in mezzo mondo. Tutti allora si accorgono che c’è un problema, essere giovani, forti, belli, pieni di vita non significa essere immuni dalla devastazione interiore provocata dal vuoto esistenziale di una società come la nostra che ha deciso di sacrificare il futuro dei nostri giovani affinché una ristretta élite di subumani continui a ingozzarsi spaventosamente.  E allora cercano di farci credere che il suicidio di tanti giovani sia il risultato di una sorta di plagio psicologico che si realizza in 50 giorni e che induce una depressione grave nell’adolescente di turno spingendolo all’autodistruzione. La realtà però è un’altra, il suicidio tra i giovani è un fenomeno globale preoccupante che, solo per fare un esempio, è la prima causa di morte in Giappone tra i giovani tra i 15 e i 24 anni e tale fenomeno è cominciato ben prima che i giovani russi, a partire dal 2015, cominciassero a “spiaggiarsi”.

Giacché, dunque, non c’è alcuna volontà di cercare di rendere il nostro sistema sociale meno cinico e freddo cosa facciamo? Trasformiamo il devastante fenomeno sociale del suicidio giovanile in un circo mediatico orribile quanto superficiale chiamato Blue Whale.

 

 

 

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