Forse si inizia a fare qualcosa di buono contro il dissesto idrogeologico e le calamità innaturali

1 Marzo 2019
[Stefano Deliperi]

Il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (S.N.P.A., formato dall’I.S.P.R.A. e dalle A.R.P.A. regionali) ha presentato il 27 febbraio 2019 il Rapporto Ambiente 2018, dove, fra le tante informazioni ambientali utili a stabilire lo stato di salute del territorio italiano, si riporta che le 620.808 frane avvenute negli ultimi 900 anni hanno interessato complessivamente il 7,9% del territorio nazionale, un’area di circa 23.700 km quadrati, mentre il consumo di suolo continua a crescere, pur segnando un importante rallentamento negli ultimi anni: tra il 2016 e il 2017 le nuove coperture artificiali hanno riguardato circa 5.200 ettari di territorio, in media poco più di 14 ettari al giorno, circa 2 metri quadrati di suolo persi irreversibilmente ogni secondo.

Erano addirittura 8 metri quadrati al secondo degli anni 2000, il rallentamento iniziato nel periodo 2008-2013 (tra i 6 e i 7 metri quadrati al secondo), “è probabilmente dovuto all’attuale congiuntura economica, più che a una reale aumentata sensibilità ambientale verso le problematiche della conservazione del suolo”. Si tratta delle basi di quanto ben noto, ma sempre in secondo piano: purtroppo, in Italia, negli ultimi 55 anni, sono stati più di 5.000 i morti a causa delle ripetute, consuete calamità innaturaliSi ripetono sistematicamente, un lungo rosario di disgrazieDa Olbia a Genova fino a Refrontolo, a Livorno, a Casteldaccia.   In tutta Italia.  Le cause?   Sempre le stesse: quella calamità che si chiama uomo.

L’allora Governo Renzi, tre anni fa, affermava di voler voltare pagina con il nuovo programma nazionale Italia sicura, il successivo Governo Gentiloni non pare che abbia fatto seguire molti fatti. L’attuale Governo Conte, inizialmente non ha messo nemmeno tre righe in proposito nella Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (D.E.F.) 2018, successivamente ha agevolato il condono edilizio per gli immobili abusivi terremotati di Ischia con il recente  art. 25 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 (Disposizioni urgenti per la citta’ di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze), ma ora sembra aver avviato una positiva inversione di tendenza.

Il 27 febbraio 2019 ha presentato il piano nazionale per la protezione del territorio ProteggItalia, ben 11 miliardi di euro ((1,6 di fondi comunitari) per sostenere un programma intersettoriale di interventi per affrontare il dissesto idrogeologico, la protezione del suolo, la difesa delle aree agricole, il risanamento dei danni determinati dalle più recenti calamità innaturali dell’autunno 2018 (756 milioni di euro per il Veneto, 333 per la Liguria, 277 per il Friuli-Venezia Giulia, 202 per l’Abruzzo, 135 per l’Emilia-Romagna, 66 per la Sardegna).

Noi del GrIG, da tempo, abbiamo proposto un vero e proprio New Deal a livello nazionale e regionale, un grande piano di risanamento idrogeologico per salvaguardare l’ambiente, la vita, il lavoro. Abbiamo formalizzato la proposta a livello regionale anche in sede di osservazioni per la politica di gestione dei fondi comunitari 2014-2020In realtà, finora ben poco è stato fatto e basta una serie di temporali per ritrovarci, come al solito, con strade interrotte, paesi isolati, gravi pericoli per l’incolumità pubblica, centinaia di milioni di euro di danni. Le proposte sono sempre attuali, eccole. Il territorio sardo rivela un diffuso rischio idrogeologico: l’80% dei Comuni (306 su 377) è a rischio frane e alluvioni, con oltre 613 kmq. interessati (dati Ministero ambiente, 2013).

Purtroppo, in particolare nell’autunno 2013, in concomitanza con eventi atmosferici intensi (“Ciclone Cleopatra”), si è verificata l’ennesima calamità innaturale in Gallura, nel Nuorese, nel Campidano, con nuovi gravissimi lutti e danni materiali. Nell’autunno 2015, negli stessi luoghi, la calamità innaturale s’è ripresentata. Nell’ottobre 2018 l’intera costa sud-occidentale sarda è stata isolata per giorni isolata per l’interruzione della strada statale n. 195, sommersa e semi-distrutta dall’acqua. Non solo.  Si stima che le reti idriche isolane attualmente perdano circa il 55% dell’acqua trasportata (dati Agenia Consulting, 2014), a causa di carenze manutentive e di opere di adduzione obsolete.

Per contro, emerge la fragile consistenza del complessivo livello di scolarizzazione: ben il 38,2% della popolazione residente ha solo la licenza media e ben il 24,5% solo quella elementare o, addirittura, alcun titolo.  Tuttora il 25,8% dei sardi fra 18 e 24 anni ha solo la licenza media, il dato più elevato in Italia (dati M.I.U.R., giugno 2013).     Vuol dire che il 62,7% dei residenti in Sardegna in età lavorativa (dai 16 anni in poi) è privo di qualifica professionale (da Sardegna Statistiche, anno 2009). Questo non fa che aggravare l’attuale crisi estremamente dura, con conseguenze pesantissime sul contesto economico-sociale.

Riteniamo, quindi, utile insistere con la proposta di destinare almeno un terzo del complessivo importo dei fondi disponibili inerenti la programmazione comunitaria sia destinata a un vero un vero e proprio new deal nel campo del risanamento idrogeologico e della distribuzione idrica, con il sostegno dei fondi comunitari 2014-2020, così anche da fornire occasioni di lavoro per imprese, professionalità, maestranze di ogni livello, con indubbi riflessi positivi sulla qualità ambientale e della sicurezza del territorio, nonché del miglioramento del contesto economico-sociale sardo nel breve-medio termine. La proposta, se accolta, andrebbe a integrarsi bene con il piano nazionale per la protezione del territorio ProteggItalia, approvato dal Governo nazionale in questi giorni. Sarebbe un buon inizio per la nuova Legislatura regionale e la neoeletta Amministrazione regionale SolinasCosì dovrebbe essere, se vogliamo davvero voltare pagina.

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