Granum et circenses

16 Gennaio 2010

riva

Redazionale

Un nuovo stadio per Cagliari. Il mitico S. Elia da abbattere.
La società dello spettacolo è davvero una delle modalità centrali per il funzionamento del capitalismo: da questo punto di vista, la vicenda colpisce per chiarezza e linearità. Molti gridarono allo scandalo per l’idea, di cui non si sente più parlare, di dotare la città e il quartiere di S. Elia, di uno straordinario museo. Riqualificazione culturale ed urbanistica? Si arrivò a contrapporre i seri bisogni sociali del quartiere rispetto al lusso di una struttura museale importante.
Ma ora non assistiamo alla stessa levata di scudi per l’idea del nuovo stadio del controverso mugnaio Cellino. Non esistono più problemi urbanistici e sociali da contrapporre. Meno ancora, naturalmente, la costruzione della città condivisa e partecipata.
Si distingue la ferma posizione di Gigi Riva, da sempre contrario ed ora schierato, con il peso del suo carisma e della sua onestà per impedire almeno la demolizione dello stadio S. Elia, a suo parere ancora funzionale e lasciato degradare.
Sinceramente a questo punto non capiamo la posizione dei democratici che non si dicono contrari alla costruzione del nuovo stadio, ma chiedono che non venga demolito il S. Elia. Siamo di nuovo al “ma anche”. Avremo in questo modo tre stadi: il pionieristico Amsicora, il glorioso S. Elia e il S. Cellino.
Potremo però non trascurare la considerazione interessante fatta da Mario Bruno sulla nuova destinazione del Sant’Elia come “luogo-arena per grandi spettacoli, eventi culturali e sociali, non solo sportivi”: magari sarebbe un’ottima occasione per liberare l’anfiteatro romano di Cagliari dalla vergognosa sistemazione che da anni lo affligge, grazie anche all’autorizzazione a suo tempo concessa dalla Soprintendenza Archeologica.
Il grande campione è l’unico a ricordare altre priorità sociali, le strade dissestate, i disoccupati: caro Gigi Riva, gli antichi romani avevano già capito tutto dei problemi sociali, costruendo ovunque anfiteatri con il modello del ‘panem et circenses’, che ora potremo chiamare “granum et circenses”.

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