I diari ritrovati. La storia dei metalmeccanici sardi

10 Marzo 2023

[Tonino Oppes]

La recente protesta degli operai di Portovesme, rimasti asserragliati per giorni sulla ciminiera a 100 metri di altezza, ha riproposto all’attenzione nazionale il difficile momento della grande industria sarda.

Avamposto di antiche battaglie sindacali, il Sulcis racconta ancora oggi una lunga storia di lotte in difesa dell’occupazione. “Ma come sembrano lontane – mi diceva un caro amico – quelle lotte operaie che hanno caratterizzato, quasi in ogni angolo, la vita in Sardegna dalla metà degli anni Settanta fino al Duemila.”

Molte cose sono cambiate negli anni. E quanto sono cambiate? La risposta non è semplice, ma chi non ha vissuto quel periodo, lontano oltre quaranta anni fa, può sfogliare il lavoro lungo e minuzioso di Salvatore Cubeddu che ci consegna, fresco di stampa, per conto della Edes (costo 48 euro), il quarto volume de I Diari ritrovati.

Un’opera di memorie e di presenza, questa di Salvatore Cubeddu che diventa un viaggio “nella straordinaria avventura dei metalmeccanici sardi e delle loro battaglie nell’Isola”, a cominciare proprio dalla metà degli anni Settanta fino agli inizi degli anni Novanta: quasi venti anni di impegno e di lotte che rivivono negli appunti che l’allora giovane sindacalista aveva l’abitudine di prendere durante le riunioni di lavoro. Come spiega l’autore, raccolgono appunti su vicende a volte personali ma strettamente legate a temi di attività sindacale, politica e sociale.

Dunque, una ricostruzione rigida, essenziale, su un’esperienza per certi versi irripetibile della stagione sarda dei metalmeccanici e della loro organizzazione sindacale attraverso la FLM che di quell’esperienza Cubeddu fu un protagonista di primo piano.

E, allora, quelle pagine diventano un documento per rivisitare con serenità, con gli occhi di oggi, le vicende sindacali di un periodo, a volte turbolento, ma sicuramente fervido dal punto di vista del confronto e della crescita sociale. La tecnica usata da Cubeddu è di grande semplicità e abbastanza collaudata. C’è chi lo ricorda presente alle riunioni con il suo inseparabile Block-notes. E chi fine avranno fatto quegli appunti? si chiede qualcuno che lo ha visto scrivere ogni cosa.   Ecco quegli appunti diventano libro e offrono, nella loro essenzialità, un pezzo della storia dei metalmeccanici sardi.

Così nasce il diario sindacale, apparentemente privato ma che ha la forza di aprirsi a tutti e che attraverso i nomi di uomini e donne (tanti non ci sono più) aiuta a rileggere- e, perché no? – a riscoprire una storia tutt’altro che marginale della vita sarda, ma che rischia di essere dimenticata. Prendiamo a caso l’elenco dei partecipanti ad una riunione del direttivo della federazione regionale Cgil e Cisl e Uil. Ci sono: Angelo Zucca, Nino Manca, Giorgio Macciotta, Dante Ennas, Piero Contu, Franco Boi, Simplicio Sotgiu, Giampaolo Buccellato. Le conclusioni sono affidate a Giannetto Lay, altro storico dirigente del sindacato in Sardegna, cui sfogliando le pagine si aggiungono Villio Atzori, Giovanni Motzo e poi ancora Damiano Giordo, Antonello Dessì, Franco Porcu, Giuliano Murgia, Antonello Giuntini, Pasquino Porcu, poi Giovanni Marras, Antonio Uda, Mario Medde e Gigi Matta, che assurgeranno ai vertici della Cisl sarda; ma l’elenco è lunghissimo (ai non citati valgano le parole di don Milani: “cari altri, non vi offendete se non vi ho rammentato”) e comprende nomi di intellettuali e, soprattutto, di politici che hanno governato la Sardegna in quegli anni.

Leggere i loro nomi (tutti testimoni di lunghe vicende non solo strettamente sindacali) aiuta a sfogliare pagine di battaglie di migliaia di operai impegnati in vertenze che attraversano tutte le aree industriali della Sardegna: da Macchiareddu a Portotorres, da Sarroch a Ottana, da San Gavino a Portovesme, da Villacidro a Bolotana, da Arbatax a Macomer.

Salvatore Cubeddu, originario di Seneghe, arriva a Cagliari alla fine del 1973: ha alle spalle studi in Teologia, Filosofia, Laurea in Sociologia a Trento, quando approda alla Cisl sarda che, guidata da Ugo Pirarba, in quegli anni triplica i suoi iscritti e comincia ad avere un ruolo importante nella Federazione die metalmeccanici. Diventa presto Direttore del Centro Studi dove si occupa di ricerca socio-economica, poi il passaggio all’attività sindacale. Il periodo è cruciale.

Conflitti sociali incrociano riflessioni private, sullo sfondo c’è la famiglia ma in primo piano resta sempre il sindacato con i successi e gli episodi spiacevoli; le speranze e le attese deluse: dai sogni della Rinascita alla crisi della Rinascita, la lotta per il lavoro, da conquistare e da difendere; le battaglie per un nuovo ruolo dell’industria metalmeccanica nell’Isola, la crisi della Sir; poi i rapporti con la politica, la questione sarda, i temi dell’Autonomia e dell’identità, con il bilinguismo che entra, sia pure a fatica, nel dibattito in Consiglio regionale con l’intervento in lingua logudorese del democristiano Giuseppe Masia.

Nel 1977 i metalmeccanici sardi sono più di 12 mila distribuiti in 128 aziende. Sono anni difficili, le piazze si riempiono di uomini in lotta, la classe operaia vuole partecipare al processo di crescita del paese.

In Sardegna si intensificano le marce po su trabagliu. Nelle manifestazioni per il lavoro risuonano in versi dell’inno composto dal docente universitario Gianni Loy. Lo canta spesso un altro sindacalista Antonello Giuntini accompagnato alla chitarra da Gino Benossa. Questa è la prima delle otto ottave che si muovono sulla strada tracciata, alla fine del Settecento, da Francesco Ignazio Mannu con il suo Procurade Moderare, Barones, Sa Tirannia:

Oe falamus da-e Logudoro/da-e Barbagia,da-e Campidanu, e imparis si damus sa manu/ po chi siat s’unione pius forte/ ca gherramus po sa nostra sorte/ca gherramus po sa nostra vida! O Sardigna, como t’ischida,/da-e nou nos invadet su moro!

Parte dal congresso dei metalmeccanici, celebrato a Oristano nel 1975 e si ferma al 1989, il “Diario” di Salvatore Cubeddu: è l’anno in cui il direttore della Fondazione Sardinia lascia, non senza dolore, i metalmeccanici e il sindacato. A chi può interessare la lettura della cronaca striminzita delle riunioni sindacali dei metalmeccanici? si domanda l’autore nelle prime pagine del suo corposissimo lavoro. Il “Diario” offre una lettura “interiore” alternando la secchezza delle annotazioni alle riflessioni sulla realtà di allora e sul ruolo degli economisti, degli intellettuali e dei cattolici di una Sardegna che vuole crescere accanto alla sua classe operaia.

Centinaia di fotografie in bianco e nero (i colori della memoria) sembra vogliano fissare ancora meglio il racconto di quegli anni e dare una ulteriore visibilità a quel periodo. Per non dimenticare. Il Diario racchiude una lunga storia, complessa e minuziosa, scritta giorno per giorno, con annotazioni scrupolose, riunioni, incontri, elenco di partecipanti, commenti riservati ma, come dicevamo, scrupolose riflessioni.

Tutto è raccolto in tre volumi, ben 1700 pagine, che si possono sfogliare in formato digitale: nella quarta di copertina dell’ultima pubblicazione – il quarto volume, appunto –  ci sono tre “QR code” da cui si può accedere ad altrettanti Pdf per consultare il lavoro nella sua interezza. Il primo volume, che va dal 1974 al 1978 “Gli anni delle grandi battaglie sindacali”; il secondo, 1979-1980, “La lotta per un lavoro nuovo”; il terzo, 1981-1989, “Verso la fine del sogno industriale.”

C’è molto della storia sindacale sarda degli ultimi anni del Novecento ma non mancano gli sguardi sul mondo, sulla politica nazionale e su quella regionale.

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