Il condizionatore di Draghi

12 Aprile 2022

[Antonio Muscas]

Preferite il condizionatore acceso o la pace?”. È la frase infelice divenuta già famosa con cui Draghi ha risposto in conferenza stampa ad un giornalista riguardo al blocco del gas russo. Il senso, chiaramente, è che a determinare la situazione attuale di dipendenza dell’Italia dal gas russo è il nostro stile di vita. Vogliamo una vita agiata? Questo allora è il prezzo da pagare.

Ci sarebbe pure da crederci non fosse che a smontare questa balzana teoria abbiamo già da tempo numerosi e consolidati dati scientifici a disposizione. Dati di cui lo stesso Draghi e il suo governo dei migliori sicuramente disporranno. Ma per loro è sempre meglio addossare la responsabilità a tutti indistintamente, soprattutto ai comuni cittadini, altrimenti bisognerebbe fare ammissione di colpa e condannare le politiche neoliberiste di cui proprio Draghi è in Europa uno dei maggiori rappresentanti.

Un esempio tra i tanti ce lo fornisce il rapporto “Carbon inequality in 2030” pubblicato il 5 novembre 2021 dalla Oxfam (Carbon inequality in 2030 | Oxfam International) e basato sulle analisi degli studi dell’Istituto per la politica ambientale europea (IEEP) e della Stockholm Environment Institute (SEI). Un rapporto a dir poco scomodo, che avrebbe dovuto rivoluzione le nostre politiche energetiche e diventare base di confronto e partenza per le future politiche energetiche a livello planetario, rimasto invece lettera morta. Ebbene, cosa ci dice questo documento?

Molto banalmente che l’1% più ricco del pianeta, pari ad appena 80 milioni di persone, è responsabile di oltre il 15% delle emissioni globali (e conseguentemente del consumo equivalente di energia), 16 volte la media globale e 30 volte le emissioni pro capite compatibili con l’obbiettivo di contenimento del riscaldamento a 1.5⁰C. Il 10% più ricco è invece responsabile del 48-49% delle emissioni globali e degli equivalenti consumi, mentre il 50% più povero conta con una quota compresa tra il 7 e il 9%. Come a dire che, qualunque sia lo sforzo compiuto dal 90% della parte meno ricca della popolazione per ridurre il proprio impatto sul clima e sul consumo energetico, il risultato sarà praticamente ininfluente. Per contro, se il 10% più ricco dimezzasse appena i propri consumi, si abbatterebbero le emissioni globali di quasi il 25%, e quindi già nell’immediato si potrebbero raggiungere gli obbiettivi climatici senza praticamente nessun ausilio di rinnovabili. Incredibile, no? Questo chiaramente non vuol dire che il restante 90% può stare tranquillamente a guardare: anche noi dobbiamo fare la nostra parte, ma sicuramente non è colpa del nostro condizionatore se consumiamo molta più energia di quanta dovremmo.

Prima di passare ad altre considerazioni è bene continuare a soffermarsi ancora su alcuni aspetti del rapporto Oxfam. Per esempio, sul fatto che un singolo volo spaziale su navicella privata, utile a soddisfare le bizze di simpatici turisti miliardari, produce più emissioni di quante ne producano un miliardo di persone più povere del pianeta in un anno intero. Oppure che non più dell’1% della popolazione è responsabile da sola del 50% delle emissioni nel settore dei trasporti aerei. A determinare l’impatto ambientale di questa piccola ma determinante quota di ricchi e super ricchi sono le abitazioni, i veicoli, gli aerei e gli yacht oltre naturalmente i consumi associati ai loro investimenti.

A livello globale vale anche la pena soffermarsi sui consumi dei singoli stati. Non può non saltare all’occhio, per esempio, il raffronto tra Cina e Stati Uniti, dove la prima, nonostante sia il motore dell’industria a livello globale, si attesta su un 18% di emissioni, in linea con la percentuale di abitanti sulla Terra, mentre la seconda, pur avendo appena il 4,2% della popolazione mondiale, conta, secondo i dati attuali, con circa un quarto delle emissioni globali, ovvero oltre 5 volte la media generale e perciò oltre 10 volte gli obbiettivi di riduzione delle emissioni utili a contenere il riscaldamento globale.

Alla luce di tutto quanto sopra resta ben poco da commentare: semplicemente allineando i consumi dei più ricchi – intesi come singole persone e interi Paesi come appunti gli Stati Uniti – a quelli della classe media, potremmo quasi dimezzare i nostri fabbisogni energetici. Il problema non è perciò l’aria condizionata mia o altrui, ma gli aerei, gli yacht i suv, lo stile di vita e le scelte di investimento del 10 % più ricco e dell’1% più specificatamente. Scelte che comportano la rapina di risorse naturali e territori, l’inquinamento e la devastazione ambientale, la produzione di armi, le guerre ed ogni altra insensatezza utile esclusivamente ad aumentare a dismisura il proprio patrimonio come anche i recenti dati sulle diseguaglianze chiaramente dimostrano.

A far specie è il silenzio attorno ai report come quello della Oxfam sui quali dovrebbe invece incentrarsi il dibattito e che avrebbero dovuto suscitare indignazione e scandalo così tanto da far vergognare i diretti interessati e i governi al loro servizio. E invece siamo qua ad ascoltare con profondo senso di colpa un presidente del consiglio che ci accusa di essere noi in qualche modo i responsabili delle guerre e dello stato in cui versa il nostro pianeta.

Effettivamente, noi siamo tutti in qualche modo responsabili, ma non per via del nostro stile di vita quanto per il fatto di continuare ad accettare passivamente l’espropriazione del diritto di vivere dignitosamente e in pace in un ambiente sano e accogliente, e l’espropriazione per tanti dello stesso diritto di vivere.

La nostra transizione energetica e l’auspicato futuro di pace dovrebbero cominciare da questa constatazione. Perché diversamente non ci saranno pale o pannelli utili a garantirci un futuro migliore.

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