Il lavoro ai tempi del Covid

1 Dicembre 2021

[Roberto Mirasola]

I dati pubblicati dal Ministero del Lavoro concernente le comunicazioni obbligatorie, fanno emergere un saldo positivo per quanto riguarda le attivazioni dei contratti di lavoro rispetto alle cessazioni.

Bisogna però dire che il mercato del lavoro non ha ripreso a correre visto che siamo ancora sotto rispetto ai livelli pre pandemia.  Emergono, però dei dati interessanti per quanto riguarda le cause concernenti le cessazioni del rapporto di lavoro, in particolare vi è un incremento delle dimissioni volontarie pari all’85,2% sul totale delle cessazioni. Sembrerebbe che la pandemia da Covid 19 abbia modificato anche il mercato del lavoro in Italia. Il fenomeno noto come “Great Resignation”  partito dagli Stati Uniti è ormai arrivato anche a casa nostra. Esperti, studiosi della materia e operatori del settore cercano di dare una risposta.

 Da una parte c’è chi sostiene che i lavoratori con i lockdown abbiano preso coscienza delle molte ore dedicate al lavoro, diventate insostenibili, il più delle volte con salari molto bassi, e oggi diano maggior importanza alla qualità della vita. Ad esempio con lo smart working “forzato”, le riunioni nell’ambito privato hanno visto un incremento di tempo e non sempre questo ha portato ad un aumento della produttività. Sarebbe dunque opportuna una regolamentazione del lavoro a distanza. Le strutture organizzative dovrebbero superare la cultura del controllo per dare maggiore importanza ai risultati raggiunti dai lavoratori dipendenti.

Una seconda tesi sostiene, invece, che il fenomeno delle “grandi dimissioni” sia dovuto a una scelta degli stessi lavoratori che oggi s’indirizzano nei settori meno colpiti dalla pandemia (salute, nuove tecnologie) a discapito di quelli maggiormente in difficoltà (ristorazione, turismo). Ciò sarebbe confermato dai dati che evidenziano che i maggiori spostamenti di settore siano avvenuti ogni qualvolta si raggiungevano i picchi della pandemia con conseguenti chiusure. Tali spostamenti comportano anche uno squilibrio tra domanda e offerta di lavoro, dove a fronte di una buona richiesta di lavoro e un numero elevato di inoccupati e disoccupati, non si ha comunque un adeguato aumento dei posti di lavoro. Le imprese difatti hanno difficoltà a trovare manodopera qualificata poiché la stessa l’offerta non si è adeguata alle esigenze del mercato. Vi è necessità di maggiore formazione professionale volta allo sviluppo ed ampliamento delle competenze.

A tal proposito pare totalmente fuorviante ed inopportuna l’idea che il reddito di cittadinanza, più volte chiamato in causa, possa disincentivare le persone a cercare lavoro, ci troviamo infatti di fronte ad un mercato dinamico a cui non eravamo più abituati.

Forse dobbiamo porci la domanda se questo mercato così dinamico ed a volte senza regole sia solo frutto della crisi pandemica o evoluzione naturale delle regole del liberismo.

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