In difesa dei beni comuni

1 Ottobre 2008

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Marco Ligas

Il 5 ottobre si voterà in Sardegna per abrogare o confermare la legge che stabilisce le norme di salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale. Come ormai succede da tempo, le consultazioni referendarie sono diventate un’occasione per affrontare temi più generali rispetto al quesito posto col referendum. Il voto del 5 ottobre non sfugge a questa tendenza. L’obiettivo principale della coalizione di centrodestra, che ha proposto la consultazione, appare in tutta la sua evidenza: sferrare un attacco all’attuale Giunta per sconfiggerla e sostituirla nelle elezioni di primavera alla guida della Regione. L’offensiva si dispiega su diversi fronti: non solo sulla tutela del territorio, ma anche su quello delle alleanze e del consolidamento di un blocco sociale e politico capace di mettere in minoranza l’esecutivo. Il tema referendario favorisce questo disegno. Cogliendo la possibilità di riprendere l’assalto del territorio per attuare le vecchie scorribande sulle coste, quale alleato poteva essere più congeniale della Confindustria? E infatti l’associazione degli imprenditori isolani ha subito dichiarato la sua totale disponibilità per una battaglia che sconfigga la politica dei divieti dell’attuale Giunta. Come già avviene su scala nazionale, anche in Sardegna la coalizione di centrodestra, le componenti imprenditoriali e i mezzi di comunicazione fanno prove di unità per realizzare questo disegno. Il quotidiano di Cagliari funge da ottimo supporto, speranzoso che il proprio editore riceva l’investitura come candidato presidente. Le argomentazioni usate in questa campagna referendaria sono scontate e, con un po’ di demagogia, vengono persino nobilitate. Si fa riferimento all’esigenza di riavviare il processo di sviluppo della Sardegna interrotto da questa legge nefasta, di dare lavoro a chi non ce l’ha e garantire un reddito dignitoso alle famiglie, di promuovere un’istruzione e una formazione professionale funzionale allo sviluppo (chissà se col sostegno della Gelmini o di Scaiola), e così via.
Non va sottovalutato comunque che molti amministratori si lamentano perché la legge salvacoste è ritenuta troppo rigida e, sebbene sia nata per colmare un vuoto normativo, si sarebbe trasformata rapidamente in un sistema complesso e definitivo di divieti. Altri riscontrano nelle decisioni della Giunta atteggiamenti autoritari e non sempre imparziali. Attraverso l’uso arbitrario della deroga, viene detto, si favoriscono interventi sul territorio dettati da ragioni clientelari. Non escludiamo che episodi di questa natura si siano verificati; ciò non attenua però l’esigenza di porre al primo posto la salvaguardia del territorio. Sarà necessario perciò prevedere in futuro interventi differenziati a seconda dei luoghi, e l’uso della deroga dovrà essere definito da regole precise, diversamente produrrà ancora illegalità e conflitti. Non è un caso che la crescita delle città lineari sia avvenuta spesso attraverso complicità e alleanze tra costruttori e amministratori che non sempre hanno applicato criteri omogenei di intervento.
Sicuramente i partiti della coalizione avrebbero potuto affrontare la campagna referendaria con più efficacia, dando maggiori informazioni sul referendum e caratterizzandosi come un’alleanza aperta e disponibile al confronto. Non mancano infatti argomentazioni che rendono convincente una politica di tutela e salvaguardia del territorio. Il referendum avrebbe potuto essere anche un’occasione per approfondire le analisi sul possibile sviluppo alternativo della nostra isola, rifiutando così l’ipotesi che la crescita della Sardegna possa avvenire soltanto attraverso le colate di cemento.
Anche per queste ragioni riteniamo che sia opportuno non cancellare il piano paesaggistico regionale. Cancellarlo dalla legislazione regionale significherebbe dare via libera alle speculazioni annunciate. Perciò il suggerimento che proponiamo ai nostri lettori è quello di votare NO o di astenersi dal voto perché non venga raggiunto il quorum previsto. Tra queste due indicazioni, quella dell’astensione ci pare debba avvalersi anche di un’altra riflessione, che investe – al di là degli argomenti – tutti e tre i referendum: l’istituto referendario è nella realtà preda del conflitto politico, ha smarrito nella sostanza le sue valenze di confronto tematico su temi di grande rilievo. Questa forma di  democrazia diretta, preda delle segreterie dei partiti, è snaturata. E’ un ulteriore drammatico  esempio di ‘demofagia’. In questo caso, e molto più che nelle elezioni politiche, l’astensionismo può esprimere un motivato no a partecipare ad un rituale che ci espropria dalla democrazia.

3 Commenti a “In difesa dei beni comuni”

  1. Francesco Amadori scrive:

    Caro, Ligas, sappiamo tutti che la schiera dei SI, come del resto quella dei No, non è formata da collegiali verginelle, e quindi non occorreva un articolo per svelarlo.
    Altra è la questione del “cosiddetto” piano paesaggistico, assai meno semplice di come appare.
    Io ho idee precise in proposito e mi dispiace che, per come è stato fatto e gestito si sia persa una buona occasione per la “difesa dei beni comuni”, come tu titoli il tuo articolo.
    Purtroppo le cose sono andate a questo modo e così male che alla fine tutto è diventato come lo scontro fra due tifoserie opposte ad una partita di calcio.
    Se me ne dai l’occasione potrei scrivere un articolo serio al riguardo, ma non so se disponi della indispensabile libertà di pensiero per pubblicarlo.
    Francesco Amadori

  2. Marco Ligas scrive:

    Caro Amadori, mi spiace che il mio articolo non ti abbia svelato niente di nuovo; d’altra parte credo che sia difficile dire cose nuove e interessanti ad una persona che ha le idee precise come le tue. Per quanto riguarda la mia disponibilità alla indispensabile libertà di pensiero non so che dirti: non ti conosco e credo che anche tu non conosca me. Non ho capito perciò la causa dei tuoi dubbi. Sai che cosa mi hai fatto pensare? Che tu appartenga a quel gruppo di persone che si insospettisce degli altri, ma in realtà sta pensando a sé.

  3. Angelo Liberati scrive:

    Carissimo Marco, come invidio la tua pazienza.
    Cosa dovresti fare secondo il Sig. Amadori per dimostrare la tua libertà oltre quello che fai?
    Quanti sapientini ci sono in giro amico mio.
    Un abbraccio,
    Angelo Liberati

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