Claudio Natoli sulla deriva costituzionale

17 Febbraio 2009

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Pierluigi Carta

La deriva costituzionale in Italia è ormai realtà, anche se non sembra un argomento che desta particolare interesse per la larga parte dei mezzi mediatici. Sull’argomento si è chiesto il parere del professore di Storia contemporanea, Claudio Natoli, il quale si è detto ovviamente preoccupato per l’odierna situazione istituzionale, ma ha voluto evidenziare anche le responsabilità dei governi precedenti che hanno permesso lo scardinamento dei diritti e dei pilastri costituzionali da vent’anni a questa parte. Egli infatti afferma che in Italia la Costituzione è a rischio, ma ciò non è causato solamente dalle ultime iniziative; da vent’anni viviamo infatti in una situazione particolare, durante tale periodo interi settori del mondo politico hanno messo in discussione la legittimità della nostra legge base. Nel 1994, durante il governo guidato da Berlusconi, la maggioranza dei politici non si riconoscevano nella Costituzione; la coalizione composta dalla Lega, FI e AN rappresentava storicamente la parte dell’Italia che non aveva mai voluto fare i conti con il Fascismo e con la Resistenza. Si può affermare che a metà degli anni ’90 si è sancita una graduale cesura con quella che era stata l’Italia Repubblicana. La nostra nazione nel primo quarantennio di Repubblica ha sempre avuto schieramenti politici, sia di centro sinistra che democristiani, che si riconoscevano nei valori della Costituzione. In questi anni si assiste invece ad un progetto di revisione costituzionale che tende a stravolgere la divisione dei poteri, ovvero uno dei punti cardine della Costituzione repubblicana e di uno stato democratico. L’attacco, sostiene Natoli, è sferrato a diversi livelli. Il primo obbiettivo sotto offensiva è l’indipendenza della magistratura, la quale è stata garantita per la prima volta nel nostro paese dalla Costituzione; infatti né lo Statuto Albertino né il regime fascista assicuravano una magistratura indipendente. Il secondo livello di attacco è stato teso a svuotare il parlamento dei suoi poteri e autonomia. Il progetto di revisione costituzionale del 2005, approvato solo dalla maggioranza, bocciato fortunatamente dal referendum popolare, disponeva un accentramento dei poteri nel Presidente del Consiglio, sottraendo i poteri all’organo legislativo e al Presidente della Repubblica. Oggi con il “progetto Eluana” Berlusconi rivendica la facoltà del Governo di emettere DL senza la verifica di costituzionalità del Presidente della Repubblica; il Premier così facendo ha sferrato un colpo all’autonomia della magistratura e uno al potere costituzionale del Presidente della Repubblica. Natoli inoltre imputa la colpa di tale incrinatura nella macchina democratica anche alla debolezza e al deficit di cultura costituzionale rappresentata dalle forze del centrosinistra; egli sostiene infatti che tale formazione politica non abbia difeso adeguatamente i suoi valori. Anzi anch’essi hanno proposto progetti di revisione costituzionale che si basavano sul rafforzamento dei poteri del Premier, quindi non contrastando minimamente il progetto politico delle destre. Fatta eccezione per l’ex Presidente Scalfaro, che ne ha sempre difeso a spada tratta i principi. Gli esponenti del centrosinistra si sono accollati la responsabilità di azzerare la storia e l’identità democratica del paese, fondati sulla base dei valori dell’antifascismo e della Resistenza. Natoli cita infine Gustav Zagrebelsky, il quale ha affermato che le forze del centrosinistra si sono avventurate in progetti di revisione costituzionale volte a stravolgere l’equilibrio nella divisione dei poteri, spostando l’asse della bilancia in favore del Premier. Ma ciò che è più grave e avvertibile è il fatto che essi abbiano lasciato cadere, per gravi omissioni, il principio fondamentale dell’Uguaglianza, sia del Cittadino di fronte alla Legge che riguardo ai diritti sociali, ovvero ciò che concerne l’istruzione, la salute e il lavoro. I nostri governanti sono infatti scordati che le singole persone devono avere un trattamento salariale adeguato alla dignità umana, e che la proprietà privata è protetta dalla Costituzione, ma non può andare contro l’interesse pubblico e la dignità delle persone.

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