La centrale termodinamica

1 Aprile 2013
Graziano Pintori
Il no degli abitanti di Cossoine alla costruzione della centrale termodinamica è assai significativo, perchè  mette in evidenza il carattere di chi possiede la consapevolezza di non lasciarsi incantare dalle solite sirene: quelle che cantano la melodia dell’occupazione e l’automatismo tra sviluppo e  rispetto dell’ambiente.
La decisa contrarietà dei cossoinesi, 88,7% dei no alla centrale termodinamica espressi con il referendum dell’amministrazione civica, mette a nudo, fra le altre cose, l’incapacità della Regione Sarda a occuparsi di utilizzo e produzione energetica con le risorse naturali presenti nella nostra terra. Un dato di fatto evidenziato dalla maggiore produzione di energia rispetto ai nostri consumi, sovrabbondanza energetica che avrebbe potuto alimentare almeno cinquecento aziende agricole, con le prevedibili ricadute economiche e occupazionali.
Invece, succede che questa energia finisce oltre Tirreno, creando ricchezza e benessere in altri luoghi, mentre, paradossalmente, alla Sardegna restano i costi dell’energia più alti d’Italia.  Non bisogna mai stancarsi di ripetere che questa anomalia economica è causa di difficoltà e chiusura di tante aziende e industrie e scoraggiamento per eventuali nuovi insediamenti produttivi. Sono palesi, su questo fronte, le responsabilità della classe politica regionale, anche perché a distanza di tanti anni, dal 1986 dopo il disastro di Chernobyl, non è stata in grado di adottare il Piano Energetico Ambientale Regionale, l’unico strumento concretamente in grado di salvaguardare l’ambiente e fermare i propositi speculativi dei pirati postindustriali dell’energia. Più in generale: la disastrosa politica energetica isolana, a mio parere, ha radici abbarbicate nel consociativismo tra Stato e Regione in auge da diversi  decenni, in nome del quale il più navigato decisionismo statale ha messo sotto i suoi tacchi lo spirito autonomista dei sardi.
Da questo presupposto possiamo capire il perché dei veleni di Quirra, la storia dei Rovelli e dei Moratti in Sardegna, le trivellazioni della Saras ad Arborea, per citare uno degli ultimi scempi da perpetrare  sull’isola. Come pure il consociativismo può spiegare la storia dell’Aga Kan e della Costa Smeralda, del disastro ecologico in quel di Porto Torres e del ruolo della E. On, la quale con la testa in Germania decide ciò che bisogna disfare con i piedi in Sardegna, senza rendere nessun conto ai sardi.
Al centro dell’isola, invece, come in una strozzatura tipo clessidra, non passa nemmeno la storia se non quella, frutto del consociativismo citato più volte, seminata dalla Commissione Medici, di cui restano le macerie della cattedrale di Ottana e la più recente beffa dei Contratti d’Area.
Tutto accade e continua accadere perché lo Stato non vede, la Regione non sente, i sindacati e i partiti sono muti, o tali sono rimasti; perciò ben vengano i comitati spontanei dei cittadini di Cossoine, Arborea, Perdasdefogu, Narbolia, Decimoputzu, Santadi, Vallermosa, Villasor ecc. che si oppongono alla sottomissione e allo sfruttamento del proprio territorio. Ben vengano questi comitati spontanei perché hanno dimostrato di essere gli unici veri oppositori all’invasione di faccendieri e finanzieri senza scrupoli, attratti solo dalle smisurate incentivazioni, sulle quali calcolano i propri interessi milionari proporzionalmente al territorio devastato e sottratto all’agricoltura sana. Quindi, bene hanno fatto i cossoinesi ad opporsi alle incursioni piratesche delle multinazionali; bene ha fatto Cossoine, un Davide dei comuni, a respingere la forza del Golia energetico di turno: l’Energo Green, società del gruppo Fintel Energia Group SpA con interessi in altre regioni d’Italia  (Umbria, Toscana, Lombardia), in Serbia, negli Emirati Arabi, nell’Arabia Saudita, in Brasile ecc. In Sardegna la F.E.G. nutre propositi di sfruttamento energetico anche a Flumini Mannu, Gonnosfanadiga, Bonorva presentando sempre, con modi francescani, il lato positivo dei loro intenti, come le chimere occupazionali e il benessere diffuso fra gli abitanti del posto.
A Cossoine il colosso dell’energia aveva promesso posti di lavoro in una cooperativa intitolata, guarda il caso, “Campu Giavesu”, per produrre, nei terreni marginali alla futura centrale, erbe medicinali e fiori per l’apicoltura. Una proposta irrispettosa dell’intelligenza di quegli abitanti, i quali dovevano coprire con il lato buono dell’occupazione il lavoro cattivo della holding, ossia lo sfruttamento energetico e incassare cospicui incentivi.
Cossoine ha avuto la forza di dire no nonostante i suoi disoccupati, che non credono alla centrale termodinamica come la panacea dei loro problemi. Gli abitanti di Cossoine con i suoi disoccupati hanno creduto nella bontà del loro territorio con le sue potenzialità produttive, ben diverse da quelle che arrivano da lontano…dal mare. Essi hanno creduto nella loro terra, nei luoghi in cui da secoli si svolgono, nel bene e nel male, le loro vicende umane. Anche per questo bisogna riconoscere ai comitati spontanei il ruolo e la funzione di custodi, di controllori e difensori della storia e dell’ambiente in cui sono immersi. La politica ufficiale dei governatori e governanti della Regione Autonoma della Sardegna traggano esempio e insegnamento da queste vicende.

1 Commento a “La centrale termodinamica”

  1. mario fancellu scrive:

    ho letto con attenzione il vostro articolo ,che condivido , ma mi permetto di aggiungere una considerazione forse impotante :.non si parla che il progetto in esame e’ palesemente in contrasto con il p.u.c. del comune di cossoine, considerato che gli srumenti urbanistici comunali sono alla base della pogrammazione del territorio cosi come la costituzione inpone.
    perche in tutte le sedi ,anche nel cosiglio c.le ,non si vuole tener conto di un atto pubblio di consistenza istituzionale ,abbiamo gli strumenti per poter contrastare certi progetti ,perche non li usiamo?

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