La scossa dell’Ogliastra

16 Febbraio 2016
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Nadir Congiu

Il 22 febbraio 2016 sarà una data da ricordare, si spera con un sorriso. Già, perché le somme non sono ancora state tirate e le voci e i movimenti sono tantissimi. Ma intanto una scossa ha attraversato l’Ogliastra.

Per la prima volta nella sua storia, l’intero territorio ha urlato unito. Le candele hanno illuminato le vie dei paesi, le persone, di ogni estrazione, si sono riversate nelle piazze. Lunghe code si sono formate nei centri, vere e proprie armate di sardi determinati a rivendicare diritti, compatti, uniti come mai si era visto prima d’ora in questo luogo. Famiglie, studenti, bambini, lavoratori di ogni sorta, tutti schierati su un unico fronte. I social sono stati tempestati, prima dalle preoccupazioni e dagli hashtag di protesta, (da cui nasce il comitato che vedremo in seguito) riflettendo in qualche maniera i discorsi e le angosce che si udivano nei bar, nei negozi, dai vicini, poi dalla gioia ritrovata nel combattere una battaglia comune, dalla condivisione di un pensiero, un’idea territoriale. Lanusei era uno spettacolo di luci, con tante fiaccole, piccole e grandi, con tante speranze riposte nella lotta di una regione intera. E così lo erano anche a Tortolì, a Seui, a Girasole, a Tertenia e via dicendo. Ventitré comunità che bocciano l’eco pervenuto da Cagliari e Roma, senza tanti fronzoli e soprattutto con poche paure. Perché un po’ di paura c’è, inevitabilmente, ma è proprio questa che tiene viva l’attenzione.

Qualcuno ha già parlato di “Davide contro Golia” come breve riassunto di quello che sta succedendo in queste settimane. Una protesta che è partita da chi si sente abbandonato da uno stato inefficiente, da chi crede nel futuro dei piccoli posti. Piccoli, che parola! Sembra quasi aver preso un’accezione negativa, da rifiutare. Eppure quando i piccoli sono uniti qualche timore si fa strada. Forse è quello che si sta pensando in queste ore in Via Roma a Cagliari, o forse no. In tutti i casi non possono sottovalutare i segnali.
Qualcuno mi ribatte, “Sì ma siete comunque pochi”. Sorrido e dico quello che i “grandi” e i “tanti” non amano sentirsi dire; siamo abbastanza.

In Ogliastra ci sono un ospedale e un tribunale. Sono servizi che esistono da tempo, alla quale la gente tiene e si è abituata (che selvaggi!), fanno parte del territorio a tutti gli effetti. Ci lavorano professionalità di livello, hanno superato in passato tempeste imprevedibili ed esistono ancora, che qualcuno ci creda o no, saldi, statuari ma vissuti. Entrambi ora sono a rischio. Il primo a rischio di sostanziale ridimensionamento, il secondo potrebbe perfino chiudere bottega: sia chiaro, SMS ministeriali permettendo.  Fatti spiacevoli a cui la popolazione locale non vuole nemmeno pensare. D’altronde già negli anni ’70 c’era stata questa temutissima possibilità a cui la popolazione di Lanusei rispose senza paura alcuna e ottenne una vittoria politica e sociale. Anche lì, l’unione d’intenti ebbe la meglio e qualche ragioniere a Roma rinviò il grattacapo ai suoi successori. E così per anni – con una forte spinta dovuta al sogno del boom economico, ossia il “posto fisso” – ci fu serenità, persino con qualche schiamazzo notturno ritenuto un “Al lupo, al lupo” inconsistente. Ora è lampante, i lupi sono vivi.

Il tessuto socioeconomico dell’Ogliastra non è morto, anche se a una prima diagnosi non si trovano dati confortanti. La carenza di diversi servizi di qualità, un aeroporto chiuso che ridimensiona i numeri del turismo, un porto che ne affronta una nuova giorno dopo giorno e la dispersione scolastica sono solo alcuni degli elementi che incidono sulle vite dei quasi sessantamila abitanti. L’ospedale Nostra Signora della Mercede e il Tribunale di Lanusei sono visti come i due fari che illuminano il buio, dove risiede lo sconforto. Sconforto, non docilità. Perché spesso sembra che ci sia un vero e proprio copione scritto, in cui gli antagonisti sono i piccoli, i pochi, i periferici, quelli che vanno tenuti per il guinzaglio e ridimensionati, pratica alla quale tentano di abituarci frequentemente in Sardegna.
Per questo ho voluto fare domande e raccogliere qualche breve testimonianza di chi in questi giorni e settimane sta lottando insieme alla popolazione per far valere dei diritti essenziali, in due battaglie che hanno sì soluzioni differenti, ma ineluttabilmente lo stesso fronte.

Il Tribunale di Lanusei

In queste ultime giornate sono usciti un po’ di numeri sulla criminalità in Sardegna. Qualcosa di preoccupante e di cui si discute molto, specie alla luce degli ultimi fatti di cronaca. Infatti, si registrano altre azioni d’intimidazione nei confronti di amministratori, con due brutti episodi a Desulo e Norbello. Ma la soluzione dove sta? Difficile dirlo. Se da un lato viene istituito un osservatorio speciale per seguire e analizzare le tipologie di reati commessi contro gli amministratori locali, dall’altro si lanciano appelli poco consistenti come quello fatto dal Presidente dell’ANCI Sardegna Pier Sandro Scano che chiede una maggiore presenza di forze dell’ordine per combattere il crimine nel “centro Sardegna”. Esenti le città costiere della Sardegna totalmente prive di criminalità come tutti sappiamo benissimo, vero? Rievochiamo la nota “Caccia Grossa” di Giulio Bechi? Questo per dire che c’è confusione: in alcuni territori togliamo tribunali, in altri disponiamo più forze dell’ordine, almeno a parole.

Come si colloca il presidio di giustizia ogliastrino in tutto ciò? Lo vediamo insieme a chi gioca la partita in campo.
Incontro Gianni Carrus e Sebastiano Tronci al Tribunale di Lanusei, dove oggi si tiene l’importante assemblea degli avvocati del foro. Gianni Carrus è il Presidente dell’Ordine degli Avvocati, Sebastiano Tronci è il Consigliere Segretario del medesimo ordine. Sanno che hanno settimane difficili davanti, si evince dall’aria che si respira in tribunale. L’argomento è solo uno, i pensieri molteplici, la determinazione infinita.

Facciamo chiarezza: quali sono le preoccupazioni per il Tribunale di Lanusei?

Gianni Carrus: “Le nostre posizioni e preoccupazioni hanno un riscontro oggettivo. Sono scaturite delle polemiche da parte di alcuni che accusano gli avvocati del foro di Lanusei di strumentalizzazione, ma c’è poco da girarci intorno. Abbiamo preso visione del documento finale della Commissione Vietti. Quindi un testo approvato con un’introduzione di carattere generale, una relazione sulla geografia giudiziaria e l’organizzazione delle procure, che si conclude con la proposta della legge delega. Esiste, è inutile tentare di nasconderlo. La nostra presa di posizione nasce dall’essere stanchi di chi ragiona solo ed esclusivamente sui numeri. Il concetto che abbiamo sempre espresso è questo: il diritto asservito all’economia è un controsenso, deve essere il contrario, l’economia deve rispettare il diritto, l’economia deve rispettare i diritti. I diritti fondamentali di un cittadino sono il diritto alla salute, alla giustizia e all’istruzione, da questi tre condiscende il diritto al lavoro. Se mancano i primi tre manca tutto il resto.”

Che ruolo ha avuto la politica regionale in tutto ciò?

Gianni Carrus:  “Nei giorni vicini alla nostra protesta dell’11 dicembre 2015 (manifestazione a Lanusei) quando noi avvocati eravamo già in astensione e le assemblee territoriali erano state convocate, c’è stata la dichiarazione del Presidente della Regione Francesco Pigliaru che sostanzialmente riteneva che la geografia giudiziaria sarda non andasse modificata. Quindi in termini politici – e anche politichesi – ha preso un impegno. Abbiamo sempre riconosciuto l’impegno del consigliere regionale ogliastrino Franco Sabatini,  ma avremmo voluto una discussione sulla geografia giudiziaria in Consiglio Regionale, prima del termine di chiusura dei lavori della Commissione Vietti, proprio per dare un input, un segnale forte della Regione nei confronti dei lavori della commissione. Anche qui diciamo le cose chiaramente, queste sono scelte politiche che stanno ricadendo negativamente sul territorio. Le scelte politiche c’è qualcuno che le fa. Nel momento in cui mettono in discussione i diritti dei cittadini, la nostra professione di avvocati ci impone di scendere a dare battaglia insieme a loro.”

Eppure il Tribunale di Lanusei è un’eccellenza o sbaglio?

Gianni Carrus: “ Nel marasma della giustizia italiana, è un’eccellenza in termini di efficienza e tempi di definizione dei procedimenti. Questo perché a Lanusei un procedimento viene definito, quindi si arriva a sentenza, in 576 giorni. Confrontato con tantissimi altri tribunali la differenza è chiara e va a nostro favore. In questi termini il nostro è il primo tribunale della Sardegna.”

Sebastiano Tronci: “Quando il Presidente del Consiglio Renzi e il Ministro della Giustizia auspicavano che il procedimento civile si dovesse chiudere in 365 giorni, dunque un anno, a molti pareva un’utopia. Noi ci siamo quasi e siamo al top in Italia. E la cosa che ci fa rabbia è che fra i criteri utilizzati dalla Commissione Vietti non c’è criterio dell’efficienza, bensì solo quello numerico.”

Come si pone la magistratura sarda?

Gianni Carrus: “La magistratura sarda sta ricoprendo un ruolo a dir poco sconcertante e paradossale, continuando a sostenere la politica, sbagliata, dei grandi numeri, cosa che ho prontamente rimarcato all’inaugurazione dell’anno giudiziario.”

Oggi voi avvocati sarete riuniti in assemblea, che azioni si prospettano?

Sebastiano Tronci: “Oggi si tiene l’assemblea generale e straordinaria di tutti gli avvocati del foro. Assemblea che deciderà che posizione prendere per poi vedere anche come si comporteranno gli altri fori della Sardegna. Questo perché quella bozza elaborata dalla commissione non mette in repentaglio soltanto il Tribunale di Lanusei, ma risulta in pericolo anche Oristano, Tempio e Nuoro. Forse è un po’ tardi, ma ci si sta rendendo conto che il nostro non è l’unico tribunale a rischio.”

In sostanza pare ci sia un concetto condiviso in ogni riforma portata avanti in Sardegna: la creazione di due poli di potere politico ed economico, sulla quale riversare ogni forma residua di servizio al cittadino. Chi ne sarà beneficiario si capisce senza grosse meditazioni, ancora meglio si capisce chi ne subirà passivamente le conseguenze.  Nel frattempo, mentre scrivevo queste righe, mi è giunta la notizia che la decisione espressa dall’Assemblea degli avvocati di Lanusei è di portare avanti uno sciopero ad oltranza, altro gesto significativo nella protesta ogliastrina di cui vedremo gli sviluppi.

L’Ospedale 

L’ospedale non dista tantissimo dal tribunale, dopotutto Lanusei non è un paese gigantesco, anche se ha e soprattutto ha avuto in passato ruoli importanti nello scacchiere politico e culturale in Sardegna. Partendo dal tribunale, per arrivare all’ospedale si passa dalla Via Roma, Il Corso, com’è abitualmente chiamato qui, incontrando prima la sede del Comune. È qui che ha avuto origine un focolaio della protesta ogliastrina, con lo sciopero della fame portato avanti cinque giorni dal Sindaco Davide Ferreli e il Vicesindaco Salvatore Acampora per manifestare dissenso nei confronti della riorganizzazione della rete ospedaliera. Digiuno che ha fatto storcere il naso all’Assessore alla Sanità, Luigi Arru scatenando polemiche e contagiando Giorgina Secci, presidente dei volontari di soccorso di Urzulei, che ha digiunato in segno di protesta per nove giorni.

L’opposizione a questo disegno si fonda sull’iniquità della riforma. Infatti, nella riorganizzazione si palesa che l’ospedale di Lanusei sta in un limbo fra “ospedali di base” e “ospedali di primo livello”, che è stato chiamato come “Ospedale nodo della rete ospedaliera”. Questo perché, a detta di chi propone la riforma, il bacino d’utenza per gli ospedali di primo livello deve essere almeno di 150mila abitanti. In parole povere siamo pochi.  Leggendola così si deduce una vaghezza che definire paradossale è poco, specialmente quando ci si ricorda delle rassicurazioni di Arru fatte a settembre dell’anno scorso e tutto il caos scaturito dal famoso reparto di emodinamica – tanto osannato anche dall’assessore precedente, Simona De Francisci – alla quale non viene ancora concessa l’apertura. Vanno sottolineati due aspetti che sono fattori scatenante della protesta: in primis la totale assenza di garanzie per il mantenimento dell’attuale struttura con gli attuali reparti, senza reclamare trattamenti speciali; in secondo luogo si deve tenere conto dei tempi di percorrenza elevati se non addirittura proibitivi per raggiungere qualsiasi altro ospedale (Nuoro o Cagliari che sia) da qualsiasi paese ogliastrino. Per questo si richiede il riconoscimento di Ospedale di Primo Livello, assicurando servizi basilari per gli abitanti dell’Ogliastra e un futuro per una struttura indispensabile.

Mentre gli avvocati parlavano in assemblea, fuori un sit-in di protesta animava ancora una volta le strade di Lanusei con i cartelli con scritto “Giù le mani dall’Ogliastra” che oltre a essere uno slogan è diventato anche il nome del comitato spontaneo sorto per coordinare le fiaccolate e varie forme di protesta di tutta l’Ogliastra . È lì che ho raccolto varie dichiarazioni, partendo da Giorgina Secci che afferma:
“Ieri ho sospeso lo sciopero, ma non avrò paura di calcare di nuovo la mano se sarà necessario. So bene cosa vuol dire viaggiare in ambulanza e inizio a pensare che forse bisognerebbe far provare tale esperienza a qualche politico in modo da fargli capire l’importanza di poter raggiungere un presidio vicino.”

Al sit-in erano presenti anche alcuni studenti, compreso un rappresentante d’istituto del Liceo Artistico di Lanusei, Stefano Franceschi che dice la sua:  “Bisogna coinvolgere con ogni mezzo le scuole e gli studenti in questa protesta. Non si possono chiudere servizi essenziali per la nostra terra.” L’ex-sindaco di Lanusei, Virginia Lai, si espone e ribadisce la necessità di questa protesta: “Va rilevata la contraddizione: da un lato si parla di interventi per evitare lo spopolamento, poi però la politica fa scelte in maniera schizofrenica, dimostrando di voler distruggere questa premessa. La gente è costretta a inurbarsi, ci vogliono togliere il meglio del vivere e mentre pensano alle quantità renderci degli esclusi.”

Infine ho strappato due parole al Sindaco e il suo vice. Fra noi ci si conosce, siamo membri dello stesso consiglio comunale e non potevo andarmene via senza avere delle dichiarazioni su questa battaglia.
Davide Ferreli: “La gente ha più forza delle istituzioni e ieri in 23 comuni lo si è dimostrato, scendendo nelle piazze e manifestando uniti per diritti che ci spettano. La politica deve avere maggiore rispetto di quelle che vengono definite aree marginali.” Salvatore Acampora:  “L’Ogliastra è sempre stata sotto attacco. Ospedale, tribunale, sono solo gli ultimi esempi di ripetute aggressioni per svuotare il nostro territorio di servizi, della possibilità di nascere, crescere e invecchiare qui. Sembra quasi che ci sia una folle volontà di ridurre le nostre comunità a una riserva indiana, potenziando i grossi centri, le città metropolitane e cancellando le zone marginalizzate. Quelle zone interne che hanno dato i natali a molti dei signori che a Cagliari oggi prendono decisioni sulla nostra testa. Abbiamo il diritto di vivere dove hanno vissuto i nostri antenati. Dobbiamo difenderci e ci difenderemo ad ogni costo”.

Il concetto è chiaro, “giù le mani dall’Ogliastra” è il mantra e la Giunta Regionale ha una bella matassa da sbrogliare.  Le proteste continueranno, ci saranno altri incontri e occasioni di scambio, ma una cosa è certa, non si era mai vista un’Ogliastra così determinata. Una vera scossa.

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