La sveglia alle sei

16 Novembre 2022

[Amedeo Spagnuolo]

La sveglia alle sei, dopo oltre quarant’anni le cose non sono cambiate, anche adesso, in maniera piuttosto automatica metto la sveglia alla stessa ora. A parte la sveglia però è cambiato proprio tutto, non mi riferisco ovviamente ai naturali cambiamenti psicofisici dovuti all’inesorabile scorrere del tempo, e meno male che scorra, è cambiato molto altro e mai avrei immaginato che il cambiamento avrebbe assunto le caratteristiche odierne.

Sveglia alle sei, dicevo, ero un adolescente che quando sentiva quel trillo stridulo, siamo negli anni Ottanta e le sveglie trillavano ancora, si sentiva felice e pieno di energia, pensava alle tante cose che avrebbe dovuto fare durante la giornata e il tempo che aveva a disposizione gli sembrava insufficiente. Mi sentivo come un giovane lupo affamato, ne volevo ancora, ma le ore a disposizione quelle erano e allora me le facevo bastare. Sedici anni, che meraviglia, energia, entusiasmo, ansia, torpore e poi gioia, innamoramenti, il cuore che batte forte, per cosa? Per chi? E che te lo dico a fare, per innumerevoli cose, per quelle splendide ragazze, per favolosi amici che ti fanno da fratelli visto che hai solo sorelle, per quel libro che hai letto e ti ha fatto scoprire un mondo intero fino ad allora sconosciuto, per quell’incredibile goal di Diego alla Juve, su calcio di punizione in area, a pochi metri dal portiere, per il nove in filosofia e per lo sguardo ammirato della prof., per la paura di essere massacrati di botte dai giovani camorristi che non volevano nel loro quartiere i manifesti del PCI.

Il pullman è affollato come sempre, io e i miei amici liceali ci collochiamo sempre nella parte posteriore dell’autobus, ci piace assecondare il movimento del pullman che balla con ritmo cadenzato a causa della strada dissestata e mentre saltiamo come bambini organizziamo la giornata: «Alle 17.00 abbiamo le prove di teatro all’ARCI, tra qualche mese siamo in scena e questa volta si fa sul serio “Miseria e nobiltà”, ma ci pensate, siamo riusciti ad ottenere il San Ferdinando. Oh noi due dobbiamo fare presto, alle 19.00 abbiamo gli allenamenti di pallavolo, no non è possibile, non ce la facciamo, alle 18.00 c’è il direttivo in sezione e stasera viene a parlare da noi il segretario regionale del PCI, ma il compito di matematica è per domani? Noooooo non è possibile e poi dopo cena io mi vedo con Giulia, a proposito chi mi presta la macchina ». Ogni giorno così, è la regola non l’eccezione e quando la vita è così è proprio bella e anche le inevitabili disavventure vengono fagocitate in fretta.

Sveglia alle 6.00, circa quarant’anni dopo, un po’ di energia in meno anche l’entusiasmo è un po’ calato ma resiste ancora raggiungendo in alcuni giorni picchi piuttosto interessanti. Faccio l’insegnante, sono stato fortunato, un lavoro che mi piace ancora molto, nonostante tutto. Oggi devo interrogare tre ragazzi, mi devono parlare di Karl Marx, no non mi sono ancora stancato, il marxismo, quello autentico, ne sono fermamente convinto, può essere ancora un antidoto per la miseria esistenziale dei nostri giorni e dei nostri giovani. Arriva alla cattedra Marco, nome di fantasia ovviamente, comincia a cantilenare a memoria, in maniera insopportabile, gli appunti dei due foglietti di quaderno che gli ha passato il compagno nell’ora precedente.

A un certo punto non ce la faccio più, lo interrompo, cerco di spiegargli che studiare in quel modo, soprattutto la filosofia, non serve a nulla. Interrompo l’interrogazione e cerco di capire, cosa? Perché questo ragazzo ha sempre gli occhi bassi e tristi, in fondo ha solo17 anni, gli anni più belli. Gli chiedo se gli piace quello che studia o se comunque c’è qualcosa che lo entusiasma, la sua risposta è raggelante: «Prof. voglio essere sincero con lei perché la stimo, a me non interessa nulla in particolare, faccio tutto quello che mi serve a non sentire la noia anzi sto pensando di mollare anche la scuola per avere più tempo per lavorare e avere qualche soldo in tasca da spendere». Rimango zitto per qualche secondo, ho bisogno di trovare le parole, quelle giuste, quelle che potrebbero, forse, fare breccia in lui e indurlo almeno a pensare sulla qualità delle sue scelte, poi comincio a parlare: «Ma scusa vuoi lasciare la scuola ora che stai finendo e per fare cosa, andare a lavorare in nero in qualche bar o ristorante, pensi di poterlo fare per tutta la vita?».

Lui mi guarda, accenna un sorriso, un sorriso tenero, poi mi risponde: «Prof. ma lei veramente pensa che noi riflettiamo su tutte queste cose, noi viviamo così, alla giornata, ci prendiamo quello che arriva e se non arriva niente pazienza, ci giriamo dall’altro lato e continuiamo a dormire». Ho scoperto durante la mia carriera, soprattutto negli ultimi anni, che molti di questi ragazzi, non tutti per fortuna, per varie ragioni, non hanno la forza di reagire a questo stupido mondo nel quale sembra essere prevalsa in via definitiva l’idea che la vita sia non senso e che i giovani possono al massimo ambire a diventare consumatori compulsivi, insomma assumere come filosofia di vita quella di guadagnare qualcosa per poi subito spendere e non pensare che, in futuro, si potrebbero ritrovare a cinquant’anni a continuare a vivere in preda alla noia.

Non credo assolutamente che questo processo sia irreversibile, non è qualcosa di paragonabile a una sorta di condizione esistenziale dell’uomo, tutto ciò ha avuto un inizio ben preciso e così com’è cominciato potrebbe finire. Qual è stato l’inizio? Non uno solo di certo, ce ne sono stati tanti, uno dopo l’altro che hanno devastato la mente di tanti giovani che sarebbero potuti diventare altro da ciò che sono. Comunque, giusto per essere un po’ pragmatici provo a indicare una data: 26 gennaio 1994, Silvio Berlusconi registra un messaggio televisivo di 9 minuti che invia a tutte le reti televisive nazionali, è l’inizio della sua “discesa in campo”, da quel momento l’inquietante ribaltamento dei valori della pseudofilosofia berlusconiana ha cominciato a svuotare di senso la vita di tanti e quel modello continua a essere dominante ancora oggi, con effetti ancora più distruttivi, rendendo grigia la vita di tanti nostri giovani e non solo.

Comunque la vita è imprevedibile, chissà, può darsi che domattina alle sei risentirò il trillo fastidioso di quella vecchia sveglia e con essa tutta la bella vita di quarant’anni fa e allora…

Nell’immagine un murale di Blu, il tempo sta per scadere

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