L’altro G8: la rete delle comunità

16 Aprile 2008

Raffaello Ugo

Bene, adesso possiamo ricominciare con il consueto ottimismo a ragionare seriamente sulle cose da fare per cambiare il mondo. Due lunedì fa siamo stati, Csf e Comitato NoalG8, a Roma per una riunione informalissima con una trentina di rappresentanti di un folto insieme di gruppi e associazioni italiane e siamo tornati a casa confortati per molti aspetti. Più che fare una relazione (nessuno me l’ha chiesta) che richiederebbe un distacco di cui non sono capace, dirò semplicemente la mia alla luce di quanto è emerso là. Senza la minima intenzione di rappresentare i sardi abbiamo raccontato quello che secondo noi si muove quaggiù e le associazioni e gruppi lì presenti ci hanno parlato delle loro impressioni. Una rivendicazione emersa nettamente è quella che riguarda per quei giorni la possibilità di spostarsi, un diritto ineludibile in democrazia. Le difficoltà logistiche date dall’isola di La Maddalena tuttavia sono evidenti a tutti. Qualunque cosa succeda ci si sta stretti e andare lì finirebbe facilmente per fare il gioco dei provocatori e oscurare le vere ragioni della contestazione. Inoltre dopo Genova è confermato per tutti i torturatori che “yes, we can”: in Italia si può fare. Si potrebbe quindi per prima cosa lasciarli lì intruppati a sudare nelle loro armature (inizi di luglio) e andarcene in un posto fresco e piacevole a parlare con le persone visto che nostro compito è seminare tutte quelle informazioni che tv e giornali negano ai cittadini. E per far questo si possono organizzare una miriade di iniziative che partono dal territorio e che si rivolgono al mondo mostrando la faccia sarda della globalizzazione nella forma di eventi che parlino di basi, degli agricoltori, dell’usura bancaria, della disoccupazione, del precariato eccetera. Fare incontrare le storture del nostro territorio con quelle analoghe che il resto del mondo patisce in modo sempre più insopportabile sarebbe un bel segno di apertura in contrapposizione alle follie identitarie che hanno ripreso a costruire steccati. Per dare visibilità a questi eventi si potrebbe creare sul web una mappa delle iniziative aggiornata in tempo reale per un quadro preciso di ciò che succede sull’isola. Con la creazione di un menu classico da ristorante online che comprenda primi piatti, secondi, contorni fino alla frutta e al dolce, le varie iniziative verrebbero presentate giornalmente anche in una scaletta di facile lettura: al dolce potrebbe corrispondere un evento musicale sui temi del G8 mentre un secondo un po’ pesante potrebbe essere rappresentato da una conferenza classica sulla fame nel mondo. Ogni evento potrebbe realizzarsi in qualunque luogo della Sardegna che se ne prendesse carico. Piccole comunità isolate verrebbero così coinvolte ufficialmente nella rete di eventi e potrebbero dire la loro con i mezzi a disposizione senza dissanguarsi con spese inopportune. Alleggerire l’organizzazione anche da qualunque regolamentazione dall’alto sarebbe opportuno e utile anche per evitare episodi come l’assalto della polizia al Media center di Genova e rappresenterebbe un segnale evidente di rovesciamento degli schemi organizzativi classici. Il Movimento dei movimenti farebbe in sostanza quello che ci si aspetta da lui e cioè movimento. Naturalmente sarebbe necessario comunicare in modo molto fitto tra tutti per evitare sovrapposizioni ed equivoci. Anche un’eventuale marcia finale su La Maddalena potrebbe diventare, da stantia rappresentazione di forza, un evento simbolicamente rilevante se si rappresentasse come un movimento di persone che si spostano da tanti luoghi verso un luogo prima di tutto simbolico. Il loro movimento diventerebbe significativo al di là della reale possibilità che tutti possano arrivare o meno al posto stabilito. Chi parte a piedi, in treno, in bicicletta, a cavallo, spingendo la carrozzina col bambino, partecipa ad un evento significativo in sé. Centinaia di videocamere messe in rete riprenderebbero la globalità della manifestazione. “Vado a La Maddalena”. Come l’Utopia che secondo la bella immagine di Eduardo Galeano serve semplicemente per camminare. Nelle stazioni dei treni, sulle strade, le persone che si dirigono verso il luogo prescelto realizzano contestualmente l’evento e a un’ora concordata potrebbe esplodere la voce dei miliardi di senza voce del mondo dovunque siano, un urlo di rabbia e dolore di chi e per chi non ha diritti o i cui diritti vengono calpestati. Un urlo liberatorio e collettivo dalla Sardegna e dal mondo per mandare in briciole i muri dell’indifferenza, dell’arroganza, della violenza: “… e quando il popolo udì il suono delle trombe lanciò un gran grido, e le mura crollarono. Il popolo salì nella città, ciascuno diritto davanti a sé, e s’impadronirono della città. Giosuè 6:20”. C’è bisogno di preparare il terreno con incontri tra le varie comunità, magari a una tavola intorno a cui si possa scambiare cibo insieme alle idee. Il Comitato NOalG8 vuol far parte di questo processo. Stiamo preparando la prima cena di guerra. Siete tutti invitati.

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