L’Asia nuovo “pivot” di un ordine globale policentrico

1 Maggio 2019

Parag Khanna

[Gianfranco Sabattini]

Parag Khanna, studioso indiano di relazioni internazionali, dopo il libro provocatorio “La rinascita delle città-Stato”, pubblicato nel 2017, ha dato alle stampe quest’anno il saggio “Il secolo asiatico”, che ha riscosso l’apprezzamento di economisti e politologi del calibro di Lawrence Summers e Graham Allison; nel nuovo saggio Khanna indaga sul significato e le implicazioni del fenomeno culturale ed economico “Asia”, sino ad avanzare la previsione di una ineludibile futura “asiatizzazione” del mondo. La previsione è formulata dallo studioso indiano con dovizia di argomentazioni storiche e con la “spavalda” sicurezza di chi si sente espressione rappresentativa del continente in ascesa, partendo da una sua definizione non proprio convenzionale.

L’Asia, a parere di Khanna, non è solo costituita dai Paesi dell’Oceano Pacifico, in quanto, dal punto di vista geografico, essa si estende dal Mar Mediterraneo e dal Mar Rosso fino al Pacifico, “abbracciando due terzi del continente euroasiatico e comprendendo 53 Paesi e quasi cinque miliardi di persone, di cui 1,5 miliardi nella sola Cina”. Questo aggregato di Paesi e di popoli, a parere di Khanna, tende a cristallizzarsi “in un tutto maggiore della somma delle parti”; quando questo processo, già iniziato, si concluderà, avrà inizio, secondo lo studioso indiano, il “secolo asiatico”. Tra cent’anni, quando retrospettivamente si penserà “all’anno in cui è stata posta la pietra angolare del nuovo ordine mondiale a trazione asiatica, quell’anno sarà il 2017”; ciò perché, nel maggio di quell’anno, sessantotto Paesi, comprendenti due terzi della popolazione del pianeta, rappresentando la metà del PIL mondiale, si sono riuniti a Pechino, per il primo vertice sulla “Nuova Via della Seta” (BRI – Belt and Road Initiative), in occasione del quale, leader asiatici, europei e africani “hanno simbolicamente inaugurato il lancio del più grande piano coordinato di investimenti infrastrutturali della storia umana”.

Questo progetto, secondo Khanna, oltre ad avere un significato economico, riveste anche un’importanza sul piano politico e diplomatico, che lo rende il più significativo del XXI secolo, l’equivalente “di ciò che la creazione delle Nazioni Unite, della Banca Mondiale e del Piano Marshall ha rappresentato per il XX secolo”. A differenza di quest’ultimo piano, la Nuova Via della Seta è – afferma Khanna – “concepita e lanciata in Asia” e sarà guidata esclusivamente dagli asiatici. Il riproporsi dell’Asia come protagonista della storia contemporanea non può stupire, se si considera che, per buona parte della “storia documentata”, essa, a parere dello studioso indiano, è stata la “regione più importante del globo”; fino alla metà del 1800, Cina, India e Giappone “hanno generato collettivamente un prodotto interno lordo (a parità di potere d’acquisto) superiore a quello degli Stati Uniti, del Regno Unito, della Francia, della Germania e dell’Italia messi insieme”. E’ solo dopo l’avvento delle Rivoluzione Industriale che gli Stati occidentali, grazie alla modernizzazione delle loro economie, hanno potuto creare ed espandere i loro imperi, soggiogando gran parte dell’Asia.

Dopo il periodo in cui l’Europa ha dominato il mondo, gli Stati Uniti sono diventati la nuova potenza egemone, soprattutto grazie al loro contributo nel porre fine alla Grande Guerra e alla sconfitta del nazismo; ma è soprattutto dopo la fine del secondo conflitto mondiale che i Paesi economicamente più avanzarti dell’Occidente, smettendo di “conquistarsi reciprocamente”, hanno concorso alla creazione di un “ordine occidentale stabile”; si è trattato di un ordine “incarnato” dal potere economico e militare degli Stati Uniti, dall’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO) e da diverse altre istituzioni internazionali, quali l’Organizzazione delle Nazioni Unite, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale.

L’ordine costituito dopo il secondo conflitto mondiale ha dato luogo ad un assetto stabile dei rapporti internazionali tra gli Stati del mondo occidentale, anche se, dopo lo scoppio della Guerra Fredda, era difficile prevedere quando esso potesse durare; solo alla fine del secolo scorso, l’”ordine occidentale” è divenuto globale, allorché la cessazione della Guerra Fredda, il crollo dell’URSS, l’adesione di molte ex repubbliche sovietiche all’Unione Europea e alla NATO, nonché l’adesione di molti Paesi in via di sviluppo a organismi internazionali (come l’Organizzazione Mondiale del Commercio che promuoveva il libero scambio e la deregulation dell’attività economica), hanno creato le condizioni perché esso (l’”ordine occidentale”) si dissolvesse nella globalizzazione, ovvero nella interconnessione di tutte le economie del globo, il cui governo, negli ultimi vent’anni, è stato assicurato, non senza contrasti interni, dalle potenze occidentali, per lo più sulla base dall’uso della forza e del potere economico.

Gli anni trascorsi dall’inizio degli anni Novanta allo scoppio della Grande Recessione del 2007/2008 saranno ricordati, a parere di Khanna, “come uno spartiacque rispetto ai precedenti decenni di dominazione occidentale”. Oggi, i Paesi occidentali sono afflitti da “una lunga lista di mali”, quali lo scollamento tra l’economia finanziaria e quella reale, l’instabilità economica, l’espansione del debito pubblico consolidato, l’approfondimento delle disuguaglianze distributive, l’aumento fuori controllo della disoccupazione, l’indebolimento della capacità di governo della classe politica ed altro ancora.

L’insieme di questi ”mali” sono all’origine delle profonde trasformazioni economiche e politiche occorse nel mondo negli ultimi decenni, per cui quello di oggi, non è più il mondo del dominio occidentale, ma quello dell’”ascesa asiatica”; ovvero, quello dell’area del mondo “nella quale si trovano – afferma Khanna – molte delle economie più grandi del mondo, la maggior parte delle riserve di valuta estera al mondo, molte delle banche e imprese tecnologiche e industriali più grandi del mondo, nonché la maggior parte degli eserciti più grandi del mondo”. Inoltre, l’area asiatica in ascesa rappresenta il 60 per cento della popolazione mondiale, per cui, in un mondo che sta per raggiungere i 10 miliardi di abitanti, essa sarà la “patria” del maggior numero di persone che comporranno la popolazione del globo. I motivi sin qui elencati, a parere dello studioso indiano, sono di per sé sufficienti a motivare le potenze occidentali a considerare il mondo anche dal punto di vista dell’Asia.

Dopo secoli di divisioni, e a quasi trent’anni dalla fine della Guerra Fredda, i Paesi asiatici, consapevoli della loro forza economica, si stanno identificando – secondo Khanna – in un “sistema coerente”; cioè, in un insieme di Paesi che, pur restando indipendenti, risultano “legati tra loro non solo dalla geografia ma anche dalle forze della diplomazia, della guerra e del commercio”. Ma la loro traduzione in sistema li rende fortemente interdipendenti, trasformandoli, appunto, in “sistema coerente”, che sta concretizzandosi attraverso “alleanze, istituzioni, infrastrutture, commercio, investimenti, cultura e altri fattori unificanti”. Nonostante la vastità geografica e culturale dell’Asia, i suoi “deboli legami storici e culturali di una volta si sono evoluti in una robusta interdipendenza economica che viepiù sta assumendo le sembianze di un solido coordinamento strategico”, sino a prefigurare, sin d’ora, “una visione prettamente asiatica dell’ordine mondiale”.

Le stesse circostanze, che hanno alimentato l’ascesa imperiale dell’Europa, e consentito agli Stati Uniti di diventare la superpotenza globale, sino a trasformare, in momenti successivi, la prima e i secondi nei due sistemi più integrati del globo (attraverso la coesione assicurata loro dal capitalismo industriale, dalla stabilità interna e dalla disponibilità di mercati globali) si stanno ora verificando a favore dell’Asia. Negli ultimi anni, la Cina è diventata la principale potenza commerciale del mondo, mentre l’India, sostituendo la Cina, è divenuta l’economia a più rapida crescita al mondo e i Paesi del Sud-Est asiatico stanno attraendo più investimenti esteri della Cina e dell’India.

Nonostante le tensioni storiche e quelle contemporanee, connesse a questioni riguardanti prevalentemente rivendicazioni territoriali, tutti i Paesi asiatici hanno formato istituzioni comuni (come l’Asian Development Bank, l’Association of South-East Asian Nations, l’East Asian Community, la Regional Comprehensive Economic Partnership, l’Asian Infrastructure Investment Bank, ecc), il cui scopo principale è quello di facilitare gli scambi commerciali e finanziari e la libertà di movimento delle persone in tutta l’area asiatica, con l’estromissione degli USA dagli organi decisionali di tali istituzioni. La tendenza dei Paesi asiatici a compattarsi in un sistema integrato non prevede la costituzione, come in Europa, di istituzioni comuni, ma solo la costruzione di complementarità e lo stabilimento di modalità appropriate per la gestione di eventuali conflitti di interessi di natura economica e territoriale, al fine di renderli tutti coesi nella critica dell’ordine globale del passato; il nuovo ordine internazionale, secondo gli asiatici, non dovrà necessariamente identificarsi in un Paese o in un unico sistema di valori, come nel caso – osserva Khanna – “dell’ordine internazionale liberal-occidentale, oggi nella sua fase crepuscolare”. I nuovi pilastri del nuovo ordine globale saranno espressi, insieme, dai sistemi integrati delle potenze occidentali e da quello dell’area asiatica.

In tal modo, per la prima volta nella storia, sarà possibile che la superpotenza egemone all’interno dell’ordine mondiale non “passi lo scettro a un’altra superpotenza, ma a un ordine veramente multipolare e multicivilizzato”, in cui America del Nord, Europa e Asia rappresentino ciascuna una quota importante di potere”, dove, però, l’Asia, in base alla sua forza crescente rispetto agli altri due pilastri, rimodellerà l’ordine globale. Ciò significa che l’Asia non si sostituirà all’America e all’Europa, ma, grazie alla sua forza economica, le plasmerà, tanto quanto, ma non su basi policentriche, esse hanno plasmato l’Asia. L’europeizzazione del mondo, nel XIX secolo, ha portato con sé l’integrazione delle colonie nell’economia mondiale, le forme moderne di amministrazione pubblica e le idee liberali dell’Illuminismo. Queste idee – afferma Khanna – hanno a loro volta “dato origine a vari movimenti nazionalisti e al tentativo delle colonie di diventare nazioni indipendenti”; tentativo, questo, che è stata sostenuto dagli USA nel momento in cui “hanno preso in mano le redini del mondo”. Nel corso del XX secolo, l’americanizzazione del mondo “ha ratificato l’autodeterminazione democratica […], promosso la diffusione del capitalismo e dell’industrializzazione attraverso il commercio globale […] e ispirato l’apprezzamento per il grande potenziale insito nella libertà individuale”.

L’asiatizzazione, dopo aver assimilato tutti questi aspetti, ne riconosce però anche le criticità, consistenti nel fatto che molti Paesi asiatici, oltre a praticare, a differenza dei Paesi delle aree occidentali, una politica economica neomercantilista, non ispirata al libero mercato, sono anche altamente burocratizzati, preferendo regolare le loro economie attraverso una forte ingerenza pubblica, piuttosto che attraverso le regole del libero mercato. Considerate tutte queste importanti differenze, Khanna è convinto che, con l’asiatizzazione, l’Asia “non miri a rimpiazzare il passato”, ma solo a modificarlo. Quella che il mondo sta vivendo è solo la fase iniziale di un processo che vedrà l’Asia plasmare tutte le altre aree-pilastro del nuovo ordine mondiale, come ha fatto l’Occidente nei confronti del resto del mondo nel corso dei secoli.

Khanna conclude la sua analisi sul “secolo asiatico” affermando, con maggior cautela rispetto ai toni trionfalistici con cui ha illustrato l’ascesa dell’Asia a protagonista della storia del mondo, che la nascita di un pensiero globale (qual è quello col quale l’Asia dovrà plasmare i sistemi integrati dell’Occidente) richiederà “molto di più che la semplice creazione di spazi per il confronto tra idee e culture diverse”. Tuttavia, secondo lo studioso indiano, l’Asia avrebbe ormai fatto i conti con l’impatto della storia occidentale sul suo presente. Adesso, sarebbe giunto il momento in cui deve essere l’Occidente a dover fare i conti con l’impatto dell’Asia sul proprio futuro; ciò che l’Occidente dovrebbe fare è immergersi “nella visione asiatica del mondo nel tentativo di trascendere sia sé che l’altro”, alla ricerca di una sintesi che sappia garantire una coesistenza pacifica di tutti i sistemi integrati presenti nel mondo.

Si tratta sicuramente di un auspicio condivisibile; c’è solo da sperare che il suo perseguimento, durante la transizione dall’ordine globale ancora prevalente verso il nuovo ordine mondiale, non esponga l’umanità al rischio di conflitti indesiderati, che avrebbero l’unico effetto di dare corso ad un caos distruttivo irreversibile e globale.

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