Lettera, in extremis, a Gesù Bambino

21 Dicembre 2023

[Gianni Loy]

Non ho vaghezza di aprire il pacchetto contenente il regalo di Natale, ormai imminente, giorno più giorno meno. Già immagino cosa mi aspetti, cosa ci aspetta!

Sembra fatale, inevitabile che, per una serie di ragioni – sulle quali non spenderò neppure una parola – l’auspicio che il prossimo governo della Regione, della Nazione sarda, sia di segno progressista e di sinistra, non si avvererà. I Re magi porteranno i loro doni a governanti di altro segno.  Subito dopo, mi sovvengono le parole di un Santo che andava predicando che la vera speranza è quella che si coltiva quando non c’è più alcuna speranza.

Non so se quel Santo avesse ragione, ma vorrà dire che, ad onta di ogni funesto presagio, mi rimane – voglio che mi rimanga – almeno un briciolo di speranza, la speranza che all’interno pacchetto che apriremo tra qualche giorno ci sia, seppure in extremis, una buona notizia.

L’idea di recarmi alle urne quando il nostro gesto avrebbe solo il significato di dare un voto in più o in meno a due contendenti di un’area contigua, che lo inseriranno nella loro contabilità solo per affermare di aver avuto ragione, non solo non mi esalta ma mi deprime, persino mi umilia.

Sia ben chiaro: avrei dato – darei – il mio voto a entrambi o a ciascuno dei due che in questa vigilia di Natale se lo contendono – il voto mio e di altri – senza alcun tentennamento. L’uno lo conosco, ritengo che in ordine di tempo sia stato l’ultimo presidente di valore, di grande valore – al di là delle rappresentazioni e dei distinguo che lo accompagnano – e penso che un suo ritorno alla guida della Regione sarebbe utile e auspicabile. L’altra non la conosco, nondimeno tutti gli amici e compagni (al maschile e femminile) che – con più attenzione – seguono le vicende della politica nostrana mi forniscono elementi che m’inducono a sostenere, senza tentennamenti, una sua candidatura. 

Ma ciò che non desidero, ciò che non voglio, è che mi venga chiesto di scegliere tra i due. Un’aggregazione elettorale, tenendo conto, realisticamente, del sistema elettorale,  ha il compito e il dovere di scegliere i propri candidati avendo chiaro l’obiettivo politico che si prefigge nell’affrontare le elezioni. I candidati stessi, dal canto loro, devono tener conto, con altrettanto realismo, non solo delle aspettative personali, ma anche delle nostre, ed aver chiaro se, in questo contesto, hanno come obiettivo realistico quello di riportare una speranza progressista al governo della Regione sarda, oppure quello di dimostrare, più semplicemente di avere una ragione in più, o un consenso maggiore, rispetto ad un contendente della stessa area.

Hanno entrambi molte ragioni, ragioni che rispetto, tutte. Ma mi rifiuto di avviare il discorso, in tonalità minore chiedendomi o ragionando su chi ne abba di più. Non voglio neppure immischiarmi nelle ragioni, e nelle riserve mentali, di partiti e movimenti che ruotano nelle loro orbite e sono portatori di interessi non sempre coincidenti e non sempre alla nostra portata. 

Ho come riferimento l’arte della politica, che è anche capacità di mediazione, capacità di trovare una soluzione, persino di trovarla a tutti i costi, anche quando sembra impossibile. Come ci insegnano i vicini spagnoli, capaci di mediare anche col diavolo, pur di impedire la iattura tremenda che un altro stato, uno degli ultimi rimasti in Europa, soccomba di fronte alla prepotente avanzata di una destra xenofoba.

La brezza che sfiora le nostre orecchie è la paura. Sì, la paura di un’Unione Europea che si trova in bilico e che, da un momento all’altro, potrebbe cadere nelle mani di una nuova maggioranza, che già scalpita all’interno dei confini, pronta a cancellare diritti, a limitare le libertà, a praticare la xenofobia, a calpestare l’ambiente… È la paura che anche un piccolo errore possa far pendere l’equilibrio dall’altra parte.  

E poi, il Natale è così vicino, il tempo fugge, devo affrettarmi a chiudere la busta e sperare che qualcuno la consegni a destinatari che abbiano la voglia di cimentarsi in un’operazione politica di grande spessore, essenziale. Un’impresa sicuramente non facile – ma niente è impossibile – che si potrebbe avviare mettendo da parte ogni riferimento a chi abbia ragione. Alla ricerca di una convergenza che riporti unità, che ci faccia appassionare, che ci restituisca la speranza di un futuro migliore.

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