L’Europa che vogliamo: un piccolo passo in avanti?

1 Maggio 2020

[Franco Ventroni]

Ho l’impressione che nell’ambito del dibattito sull’utilizzo degli strumenti finanziari europei, soprattutto su quelli più utili per avviare la ricostruzione del dopo corona virus, si stia prendendo una grossa cantonata incentrando la discussione sul solo MES (Meccanismo Europeo di Stabilità).

Premetto che ho apprezzato buona parte del contenuto degli interventi, proposti su questo giornale da Roberto Mirasola e Salvatore Multinu.  Devo però precisare che il pur condivisibile richiamo, fatto da Multinu “sull’Europa che vogliamo” o “sull’altra Europa,” rischia di essere, rispetto al dibattito attuale, “una nobile discussione”, ma di scarsa incisività rispetto agli impellenti problemi quotidiani scatenati dalla pandemia. Prometto, pertanto, che tornerò a breve su questo giornale per aprire un confronto franco su un argomento complesso e spinoso come “l’Europa che vogliamo” aperto peraltro, ormai da tempo, dal Movimento Europeo Italia che ha, tra l’altro, promosso una petizione in tal senso. Il Presidente Pier Virgilio Dastoli, ex collaboratore e assistente al Parlamento Europeo di Altiero Spinelli, è da tempo impegnato in tal senso anche con alcuni sostenitori sardi di questo progetto.

Secondo gli ultimi dati degli esperti circa 9 milioni e 400mila italiani sono a rischio povertà. Si calcola che nel 2021, l’Italia avrà 26 miliardi in meno di entrate fiscali. Secondo il Fondo Monetario Internazionale il tasso di disoccupazione salirà alla fine del 2020 al 12,7%. Il rapporto Deficit-PIL salirà invece al 10% rispetto al 2,2 per cento stimato nel DEF prima del Covid19.

La crisi incombe: esiste, quindi, una priorità assoluta. Riguarda nello specifico la soluzione di alcuni problemi di sopravvivenza delle popolazioni, soprattutto dei soggetti marginali. Per questa operazione servono risorse cospicue. Ciò richiede sicuramente una maggiore attenzione agli argomenti relativi al reperimento delle risorse finanziarie necessarie per la ricostruzione.

Su questo devo ripetere: il MES che ho prima richiamato, contrariamente a quanto sostenuto da pochi competenti e tantissimi “incompetenti”, non è il solo strumento finanziario a disposizione. Devo rilevare, invece, che ieri nel breve dibattito parlamentare, che doveva costruire la posizione italiana da portare alla discussione dell’Eurogruppo, quasi tutti, con qualche rara eccezione, hanno argomentato usando il solo MES rispetto alla proposta articolata e complessa del Presidente Conte.

Credetemi un dibattito povero di contenuti, pretestuoso, tutto proteso ad esprimere posizioni in grado di raccattare una manciata di voti. Ben lontano, quindi, da quelli fatti nel passato carichi di contenuti e di posizioni ben argomentate e con approfondimenti rispetto ai temi trattati. Gli stessi leader politici, sia della maggioranza ma anche quelli dell’opposizione, non hanno brillato nell’esporre le argomentazioni, tutti protesi ad affermare il si o il no sull’uso di tale strumento.

Nulla di unitario, nessuna argomentazione sugli altri strumenti nessun mandato collettivo a Conte che oltre ad esporre in solitudine la posizione italiana al Consiglio Europeo di giovedi 23, dovrà ratificare le decisioni dell’Eurogruppo.

Sarà un incontro con la storia, ha scritto ieri l’amico Nicolò Migheli su La Nuova Sardegna. Che ha poi aggiunto: li si vedrà se la classe dirigente europea ha la statura degli uomini di Stato o se la contingenza li ridurrà a politici timorosi della perdita del consenso del proprio elettorato.

In attesa che ciò avvenga, caro Nicolò, devo dire che anche buona parte della classe politica italiana, oltre a non avere gente di caratura europea, non possiede neanche la statura dei vari uomini di Stato che hanno contribuito a fare l’Italia nel dopoguerra e negli anni successivi. Lo stesso Conte lo deve ancora dimostrare.

Sul fronte europeo, invece, debbo dire che analizzando con molta cura l’evoluzione della trattativa all’interno dell’Eurogruppo, rispetto ai comprimari europei (Macron, Sanchez, Conte e qualche altro) pur lavorando spesso sottotraccia, ha certamente brillato la politica dei piccoli passi attuata dalla signora Merkel.

Ne ho parlato nel mio intervento del 2 Aprile su “Democrazia Oggi”, rilevando che la Germania aveva rinunciato ad alcuni dogmi facendo cadere anche alcuni ostacoli che si frapponevano nella strada della riforma degli strumenti finanziari europei.

Credo che sia opportuno ricordare, in modo più ordinato, alcuni passi in avanti fatti dalla Cancelliera e dalla Germania, rispetto alla intransigenza professata dalla Merkel negli ultimi dieci anni.

Qui appresso alcune delle innovazioni promosse o accettate da Frau Merkel:

  • ha accettato e sottoscritto, seppure a denti stretti e senza fiatare, la sospensione del Patto di Stabilità;
  • ha superato il mantra del pareggio di bilancio, rigorosamente rispettato per sette anni, approvando un Piano da 1.200 miliardi di euro di aiuti, crediti e garanzie;
  • ha accettato, dopo averlo ostacolato strenuamente e senza battere ciglio, l’istituzione del Fondo per la disoccupazione Sure proposto dal Commissario Gentiloni;
  • ha proposto nell’Eurogruppo del 9 Aprile una nuova linea di credito, all’interno del MES, alla quale possono accedere tutti i Paesi dell’Euro senza condizionalità, fino al 2% del PIL, per fare fronte alle spese determinate dal corona virus;
  • ha accettato, senza obiettare, che la BCE varasse un mega piano di acquisti di Titoli di Stato da 1.100 miliardi di euro;
  • ha concesso l’ennesima apertura sul pacchetto europeo anticrisi, promettendo il sostegno della Germania ad aiuti ben più sostanziosi di quelli varati finora pari a 540 miliardi;

Si può, pertanto, affermare senza essere smentiti che, attraverso la sua Cancelliera, la Germania ha eliminato dalla sua politica europea alcuni tabù che sembravano intoccabili, aprendo anche se gradualmente ad una eventuale modifica dei Trattati.

Quindi sono convinto che la nostra diplomazia economica guidata da Conte e Gualtieri è riuscita, anche con l’aiuto della Francia e della Spagna, dopo aver percorso un sentiero tortuoso, ad aprire una piccola autostrada che ci porterà sino all’obiettivo finale: il finanziamento, attraverso alcuni strumenti   europei, di una serie di interventi a favore dell’occupazione, della politica sociale e delle imprese.

Non iniziamo da zero. Anche a costo di sembrare un po petulante ripeto: le risorse provenienti dalla BCE risultano disponibili; sono certe le risorse che perverranno attraverso La Banca Europea degli Investimenti; risulteranno disponibili anche i 36 miliardi provenienti dal MES a condizionalità zero; Sono disponili anche le risorse provenienti dal Fondo Sure finalizzato ad alleviare i problemi rinvenienti dal nostro martoriato mercato del lavoro.

Devo però dire, ad onor del vero, che l’Italia, sul ricorso al Meccanismo Europeo di Stabilità, deve ancora decidere attraverso un pronunciamento dei due rami del Parlamento.

Pertanto la discussione delle prossime riunioni del Consiglio Europeo saranno incentrate, prevalentemente, sulla proposta della Francia, condivisa da Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda, finalizzata ad istituire un nuovo strumento chiamato RECOVERY FUND di circa 600 miliardi di euro, in grado di emettere delle obbligazioni basate su garanzie comuni dei 27 Stati membri. Si tratta, in particolare, di costituire un fondo che dovrebbe avere “l’obiettivo di favorire una ripresa coordinata dell’economia dell’Unione Europea finanziando, attraverso il bilancio comunitario, azioni specifiche a favore di progetti nel campo dell’economia circolare, nell’ambito della transizione energetica e del digitale. Ci vorranno ancora circa 10 giorni per avere il risultato finale.

Quindi è inutile che il leghista Salvini e la patriota Meloni urlino contro l’Europa, cosi come dovrebbe smettere di minacciare censure il “profugo iraniano” pentastellato Alessandro Di Battista. Le loro proposte sono fanta economia. Sono ormai fuori dalla storia. Anche perché le uniche risorse che vedremo nel futuro prossimo, come potete notare, sono quelle comunitarie. Questo potrebbe essere un segnale significativo per l’Europa che vogliamo.

1 Commento a “L’Europa che vogliamo: un piccolo passo in avanti?”

  1. L’Europa è una sola, non è quella dei nostri sogni – SCUOLA DI CULTURA POLITICA FRANCESCO COCCO Cagliari scrive:

    […] dell’Europa che, messi insieme come dice Franco Ventroni (http://www.democraziaoggi.it/?p=6530; http://www.manifestosardo.org/leuropa-che-vogliamo-un-piccolo-passo-in-avanti), fanno segnare una vera svolta della politica dell’istituzione comunitaria di fronte ai problemi […]

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI