L’insalata di riso

17 Agosto 2022

[Marinella Lőrinczi]

L’insalata di riso risplendeva al centro della candida tovaglia. Nella ciotola, bianca, troppo piccola per contenerlo del tutto, il riso era stato ammonticchiato a cupola oltre i bordi.

Bianco, nel bianco, sul bianco, sarebbe risultato quasi invisibile, rivelato soltanto dai granelli multicolori dei legumi e degli ortaggi usati come condimento. Ma un’improvvisa fantasia l’aveva pazientemente ricoperto di pezzettini croccanti di peperone rosso e di pomodoro, che durante il passaggio dalla cucina al soggiorno si erano riempiti di vescicole minuscole di un umore rosato e madreperlaceo. La luce si scioglieva nelle infinite goccioline e ora il trionfo rosso brillante attirava gli sguardi degli affamati.

L’inizio fu tuttavia esitante. I grandi contemplavano assorti e disorientati la forma e i colori che solitamente indicavano un fine pasto, che so, un sorbetto, una gelatina di frutta, qualcosa come un cocomero rivoltato, mentre il più piccoli chiedevano incessantemente, con voci pigolanti , “mamma, che cos’è? ho fame! è buono?”, e appreso che era soltanto l’insalata di riso che tutti conoscevano, reclamavano: “ne voglio! anch’io! prima io!” e i braccini bruni con i piatti bianchi si tendevano a raggiera verso il cucchiaione che qualcuno teneva sospeso in aria.

L’attesa si ruppe col primo intacco che mostrò il bianco macchiettato di cosine saporite. Ogni tanto una forchetta avanzava con finta disinvoltura, un po’ tremula, per prelevare qualche chicco particolarmente invitante: pisellino verde o granturco giallo? Capperetto acidulo o pezzettino di tonno? Il fondo della scodella incominciava a ricordare i terreni rovistati dai cinghiali in cerca di ghiande o di radici o di bulbi, mentre nelle sfere più alte si incrociavano sbuffi soddisfatti e sguardi rilassati.

La dodicenne, composta, ne aveva consumato due porzioni, senza mai tentare di frugare nel recipiente comune. Con gesti tranquilli aveva ripulito il piatto, poi toccò agli angoli della bocca ad essere nettati. Poggiò la forchetta senza far commenti e quando tutto fu finito, aiutò a sparecchiare.

Dopo pranzo la compagnia si sciolse e si sparpagliò. Con le residue energie le sdraio furono prese d’assalto dai più pigri; altri, i più golosi, con la scusa di fare quattro passi, si diressero verso il bar fantasticando intorno alle composizioni di gelato che avrebbero ordinato. Qualcuno, malato di immagini, si attaccò al televisore portatile e all’urlo corale “abbassa il volume!” si accontentò brontolando (“tanto poi me la guardo comodamente a casa, quando torniamo”) di un sussurro che si confondeva col fruscio delle foglie.

La siesta stava coinvolgendo tutti e anche nel vicinato i rumori si erano attenuati: stoviglie, madri e bimbi, qualche risata che risentiva di un bicchiere di vino in più, il chiacchiericcio pomeridiano, tutto quanto si sovrapponeva lieve allo sciabordio marino che la brezza faceva a tratti perire nell’ondeggiar del fogliame.

Era l’ultima domenica, ultimo giorno della vacanza estiva, immalinconito dalla vicinanza dell’autunno. Il ritorno in città, a casa, era stato anticipato dalla crescente brevità del giorno e dal pensiero della settimana che sarebbe iniziata l’indomani. Pur facendo finta di sentirsi ancora liberi da impegni, durante le conversazioni incrociate tutti avevano cominciato ad ammucchiare vicino all’ingresso i pacchi, le borse, i sacchi che dovevano essere riportati. Poi ci fu la ribellione generale: si va al mare! Ricomparvero i costumi, da sotto le magliette che li nascondevano, o da dove erano stati già riposti. E la casa si svuotò.

Dopo un bagno non troppo lungo ritornarono – li attendeva il viaggio! – e si accinsero a caricare in macchina tutto quello che doveva essere riportato. Il sole stava calando dietro la collinetta, ed emanava il calore mielato che hanno soltanto i tramonti settembrini.

Al centro di tutta la confusione di armadi svuotati, persiane chiuse a furia di colpi – “che razza di legno ha usato il falegname, ecco che sono di nuovo storte!” -, richieste infantili di bicchieri d’acqua per placare l’ultima sete, seguite poco dopo da “bambini, andate a fare la pipì che tra un po’ si parte!”, la dodicenne, con i capelli ancora bagnati, si era seduta tranquilla nella veranda, davanti a un bel piatto di insalata di riso, fresca e scintillante. Il tepore del sole le ammorbidiva il volto di ragazzina seria e studiosa e lei, divisa tra la luce calante e lo spuntino, tirò un grosso sospiro: “Che bello!”

Immagine da cookidoo.ch

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