L’Onda non si arresta?

16 Luglio 2009

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Pier Luigi Carta

Tra protezioni metalliche, caschi e visiere, mitragliatrici d’ordinanza, agenti in borghese e città sotto assedio inizia e finisce il G8, inaugurato da un’ondata di arresti preventivi ai danni degli studenti coinvolti negli scontri di maggio nel capoluogo piemontese. L’ hanno chiamata operazione Rewind, riavvolgimento. – Abbiamo rivisto i filmati girati a Torino il 19 maggio – spiega il capo della Digos Giuseppe Petronzi -. Li abbiamo esaminati fotogramma per fotogramma, individuando i responsabili degli scontri del G8 Università -. Con un blitz notturno la polizia ha arrestato 12 persone a Torino (di cui due cagliaritane), 2 a Padova, 4 a Bologna e una all’ Aquila; 35 le perquisizioni in case e centri sociali, fra cui il torinese Askatasuna, dove vivevano due arrestati. Una ventina gli indagati per violenza e minaccia a pubblico ufficiale, lesioni aggravate e violenza privata; il danno più grave inferto a un poliziotto: setto nasale spezzato all’agente Federico Gallo; le imputazioni contestate agli studenti non riescono però a gonfiare l’accusa in quanto sono i soliti reati inerenti agli scontri di piazza. A Torino sette giovani sono finiti in carcere. Due manifestanti padovani sono ancora latitanti: uno di loro, ricercatore universitario, è in Iran, suo Paese di origine. Le immagini mostrano quella che il procuratore capo di Torino, Giancarlo Caselli, ha definito la «mutazione genetica» del corteo, e anche come le forze dell’ordine abbiano curato la degenerazione in lebenunwertes leben con un’operazione di eugenetica del menganello. Il sei luglio una settantina di studenti dell’ Onda ha occupato il rettorato di Bologna; analoghe iniziative a Napoli, Venezia, Pisa e Milano. Lo stesso giorno duecento attivisti dell´Onda hanno occupato il rettorato della Sapienza a Roma. I manifestanti pretendono che i rettori prendano una posizione precisa riguardo gli arresti dei manifestanti. Caselli ha giustificato l’operazione affermando che si tratta di un’inchiesta sui singoli per accertare responsabilità individuali in modo tale da prevenire la reiterazione dei reati – così si difende il diritto di tutti di manifestare pacificamente – parole inopportune e controvertibili in quanto l’assetto antisommossa dei poliziotti, usato sempre più frequentemente, non è un segnale pacifico e la demarcazione delle zone rosse limita palesemente il diritto alla protesta anzi il diritto muoversi liberamente sul suolo pubblico. Perfino il prefetto di Roma si dice preoccupato per gli arresti ordinati dalla procura di Torino, Giuseppe Pecoraro ha infatti dichiarato che potrebbero essere letti come una provocazione. In effetti così è stato e ciò ha portato all’esplosione di manifestazioni, occupazioni e scontri culminati il 7 luglio a Roma. Dodici arresti (6 italiani e 6 stranieri) e una trentina di denunciati è il bilancio finale della «Giornata dell’ accoglienza» per i Grandi della Terra, organizzata appunto il sette luglio dai movimenti antiG8 nelle piazze italiane. A Roma secondo la questura sono riapparsi gli anonimi black bloc, giovani anarchici di varie nazionalità (tedeschi, spagnoli, belgi, greci, svedesi, polacchi, anche italiani) che hanno preso a sassate giornalisti e fotografi, cercando lo scontro da mattina a sera con le forze dell’ordine. Secondo i manifestanti invece all’Onda è bastato accennare un corteo appena fuori dalla cittadella universitaria per ricevere le prime cariche, finendo immobilizzati e malmenati. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo sui disordini scoppiati in diversi punti della città: occupati i binari alla stazione Termini; scontri nel quartiere di Testaccio e all’Università La Sapienza; copertoni e cassonetti bruciati in mezzo alle strade; Tangenziale in tilt per un campeggio improvvisato dai militanti. Una delegazione della «Rete antiG8» alla vigilia di tre giorni di mobilitazione ancor più serrata è stata ricevuta dal questore di Roma, Giuseppe Caruso. – La repressione – gli hanno detto i no global, con riferimento agli arresti avvenuti nella Capitale – non è stata commisurata alle azioni. Ma noi non ci fermeremo, le manifestazioni perciò continueranno. E non necessariamente concordate. Anche due studenti cagliaritani sono stati coinvolti nell’inchiesta avviata dalla Digos di Torino per gli scontri del G8 Università. Si tratta di due ragazzi di venticinque anni: Paolo Meloni, solamente denunciato e Mauro Aresu, finito in manette in esecuzione di una delle 21 misure cautelari. Gli appartamenti cagliaritani, dove vivono le loro famiglie, sono stati perquisiti durante la mattinata del sei luglio dagli agenti della Digos. Gli studenti attivi del cagliaritano hanno reagito occupando la facoltà di Scienze della Formazione e il polo di Lettere e Filosofia rispolverando lo strizione delle grandi occasioni: “Libertà per i compagni arrestati”, col quale hanno voluto esprimere la massima solidarietà per i movimenti studenteschi e anti-G8. Essi sostengono inoltre che gli arresti ad orologeria sono una grave distorsione dell’azione della macchina giudiziaria che va a ledere il diritto a manifestare il dissenso di studenti fino a prova contraria innocenti; soprattutto stavolta alla vigilia del G8 tale provvedimento rappresenta un tentativo di intimidazione e di repressione che mal si accorda con l’entità della protesta messa in atto. Intanto la terra trema sotto l’Aquila blindata e le vibrazioni raggiungono l’Italia intera dove un terremoto istituzionale mette a rischio le libertà con cui il nostro governo ha eretto la sua effige.

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