Il NO degli indipendentisti al referendum

16 Ottobre 2016
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Francesco Casula

Per cogliere la reale posta in gioco della Riforma Costituzionale occorre individuare con nettezza la “visione” che ne è sottesa e le finalità. Ma per capirla appieno bisogna conoscerne gli “ispiratori” e i precedenti ideologici, culturali, economici e politici. Giacché Renzi e Boschi sono solo degli amanuensi: dei padri adottivi. I padri veri, naturali, sono altri e molteplici, fra cui, la P2 di Licio Gelli e la Banca JP Morgan.

Gelli con il Piano di Rinascita democratica disegna e prospetta uno stato autoritario con un Parlamento che perde la sua centralità a favore di un premierato forte, con una enorme concentrazione di potere nelle mani dell’esecutivo e del suo capo. Nel contempo vuole uno Stato antisociale, con il Sindacato ridotto a collaboratore del fenomeno produttivo, l’abolizione dell’art. 18 ecc.

Dal canto suo in un documento del 28 maggio 2013 la Banca Morgan, una delle grandi istituzioni della finanza speculativa mondiale, scrisse che le riforme adottate nei paesi europei periferici (Italia, Spagna, Grecia, Portogallo), non si erano potute realizzare pienamente a causa degli ostacoli frapposti dalle relative costituzioni  nazionali. Troppo democratiche. Troppo sociali, anzi, “socialiste”! Quattro i difetti fondamentali di queste Costituzioni: a) una debolezza degli esecutivi nei confronti dei Parlamenti; b) un’eccessiva capacità di decisione delle Regioni nei confronti dello Stato; c) la tutela costituzionale del diritto del lavoro; d) la libertà di protestare contro le scelte non gradite al potere.

Alcuni obiettivi proposti da Gelli-Morgan, il governo Renzi li ha già conseguiti (abolizione dell’art.18, Jobs act, controllo delle TV, Buona scuola, ecc.), altri li vorrebbe ottenere manomettendo la Costituzione con il cambiamento di ben 47 articoli, per rovesciare il rapporto tra Stato e Regioni; per ritornare a un centralismo illimitato e insieme ridurre il pluralismo politico e la rappresentanza; per rendere più difficili le forme di democrazia diretta: ricordo che nel nuovo Testo della Costituzione per un referendum occorrerà raccogliere 800 mila firme e non più 500 mila mentre per una legge di iniziativa popolare 150 mila e non più 50 mila.

A fronte di questa realtà, le bugie della propaganda per il Si hanno le gambe corte. Il nuovo Senato serve per accelerare il processo legislativo, superando lungaggini per approvare una legge? E’ falso. Quando hanno voluto, (e facevano comodo alla partitocrazia) le hanno approvate in un amen. I templi biblici non dipendono dal ping-pong fra Camera e Senato ma dalle divisioni e contraddizioni all’interno della maggioranza. Qualche esempio: il lodo Alfano è stato approvato in 20 giorni, la legge Fornero in tre settimane, il ddl Boccadutri, che ha permesso ai partiti di incassare 45,5 milioni di finanziamenti pubblici anche se i bilanci non erano stati verificati, in tre ore al Senato.

Ma poi, se era il Senato a ritardare l’approvazione delle leggi, perché non abolirlo, sic et simpliciter, invece di mantenerlo in vita come dopolavoro per Sindaci e Consiglieri regionali, magari inquisiti e in attesa di immunità parlamentare?

l nuovo Senato dovrebbe rappresentare le Autonomie, i Territori. Bene, A parte che la Controriforma renziana, in buona sostanza, le Autonomie le abolisce e i Territori li cancella, un piccolo dubbio: i cinque senatori nominati dal Presidente della repubblica, quale territorio rappresentano? Il cortile del Quirinale?

Ma l’elemento più funesto per noi Sardi è questa normativa: “Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”

Con questo, la Regione sarda, di fatto sarà completamente espropriata delle sue competenze e poteri. E così, senza discussioni e confronti, lo Stato, a prescindere dalla volontà della Sardegna e delle sue comunità, potrà decidere, ad libitum, di continuare a mantenere il nostro territorio occupato dalle Basi militari (anzi, potrà persino aumentarle!); trivellare, sventrare e devastare la nostra terra e il nostro mare; allocare il deposito unico nazionale delle scorie nucleari e l’aliga di mezzo mondo.

Si dirà: le Regioni speciali sono escluse dalla Riforma Costituzionale di Renzi (almeno dal capo IV). E’ vero. Ma se vince il Si, con quale forza la Regione sarda si presenterà per discutere sulla “revisione” dello Statuto, prevista dall’art.39, comma 12? Co forza zero. Il Governo infatti obietterà: ma cosa volete? Il popolo ha deciso.

Di qui la necessità che i sardi, in modo unitario e compatto, votino No, ad iniziare dagli Indipendentisti: anzi, soprattutto da loro.

Tutto bene, allora, perché in questo modo difenderemo la Costituzione più bella del mondo?

No. La Costituzione italiana ha senz’altro molti pregi, occorre però denunciare che in molti degli aspetti più positivi (es. art, 1:L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro…), semplicemente, non è stata attuata.

Ma c’è di più: la sua “bontà” è gravemente inficiata da quell’orrendo, illiberale, antidemocratico e liberticida articolo 5 riguardante la :“repubblica una e indivisibile”.

E il diritto dei popoli all’Autodeterminazione, previsto e garantito da tutte le leggi e convenzioni internazionali? Carta straccia. La Costituzione fa strame di questo diritto: non solo ledendolo e impedendolo, ma criminalizzando la stessa idea indipendentista.

Il popolo sardo, grazie alla sua storia e lingua, e alla sua precisa identità nazionale, ha diritto all’indipendenza. E dunque, a ragione, può rivendicare la Riforma dello Stato in senso federale, con la rottura e la disarticolazione dello stato unitario italiano, per dar luogo a una forma nuova di Stato di Stati, in cui ciascuno possa anche rivendicare, magari attraverso un referendum, la secessione.

La controriforma di Renzi va nella direzione opposta: deprivandoci persino della esile e debole Autonomia di cui è dotato lo Statuto sardo. Mi sorprende che qualche indipendentista non lo abbia capito e proponga il “Non voto”.

2 Commenti a “Il NO degli indipendentisti al referendum”

  1. Giovanni Loi scrive:

    …Concordo con l’ analisi prodotta da Paolo Leone, ed aggiungerei che dovremmo, almeno per spirito di collaborazione, ” dare una mano ” agli Italici, per scuotersi di dosso la gran parte di Parassitismo istituzionale che grava ossessivamente su tutti i cittadini di ” serie Z “, ovvero il 70% circa degli Italici, ed il 96% dei residenti stabili nelle due ultime COLONIE, ovvero noi SARDI ed i Fratelli SICULI….Se i NO congiunti dei due Popoli appena citati potessero aggiungersi a quelli degli Italici, sarebbero non meno di 7 milioni di NO,che, sommati ai 27 che pare emergano dalle intenzioni di voto, FAREBBE RO. la DIFFERENZA decisiva, determinando la netta vittoria degli oppositori allo STUPRO sia della stessa, sia dei DIRITTI FONDAMENTALI dei soli SOVRANI, NOI, il POPOLO….. Queste Votazioni rappresentano l’ Occasione Favorevole che aspettavamo da generazioni, per guadagnare Riconoscenza ed incamerare Consenso Collettivo verso la Nostra Causa di LIBERATZIONE dalla ingrata Schiavitù da Roma, Berlino e Washington, per cui, trovo che sia determinante questo nostro appoggio alla causa degli Italici che beneficiando del nostro sostanziale Aiuto, avranno la quasi certezza di poter essere liberati pure loro dalle angoscianti programmazioni di futuro Collettivo non certo a misura di UMANITA’ ma di Banche ed Eserciti…..

  2. vincenzo pillai scrive:

    ottimo lavoro, francesco ! E’ fondamentale sottolineare durante la campagna referendaria che dopo la vittoria del NO va ripresa con più vigore la battaglia per modificare i rapporti di forza fra le classi. La sconfitta di renzi deve servirci in sardgna per rilanciare il progetto di una repubblica socialista sarda ; lotta di classe e lotta di liberazione nazionale devono essere un tutt’uno. solo così potremo sconfiggere il tentativo della destra di utilizzare la vittoria del NO per riproporre il presidenzialismo

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