Non fermarsi

16 Gennaio 2017
Marco Ligas

Dunque, la Consulta, ritenendo propositivo il quesito referendario sul jobs act, ha detto no al diritto di oltre tre milioni di cittadini di sottoporre al voto popolare la norma che ha abolito l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori.

È una sentenza di parte, quella della Consulta, o determinata piuttosto dall’imprecisione del quesito? Si discuterà a lungo sul binomio propositivo/abrogativo; ci auguriamo che la lettura delle motivazioni usate dalla Corte Costituzionale ci offra qualche elemento in più per la comprensione di questa decisione; ce lo auspichiamo perché attualmente la scelta della Corte non si presenta obiettiva e imparziale.

È comunque sconcertante che la conclusione di un rapporto di lavoro sia consentita ancora oggi attraverso l’elargizione di un bonus (o meglio di pochi spiccioli) a favore del lavoratore licenziato, come se si trattasse di un gesto di generosità dell’imprenditore. Il paradosso è ancor più rilevante se si tiene conto che appena un mese fa 19 milioni di cittadini si sono espressi per la tutela della Costituzione che fa del diritto al lavoro il cardine delle relazioni sociali nel nostro paese.

La decisione dell’inammissibilità del quesito sull’articolo 18 è comunque un segnale molto pericoloso. Per la sua spiegazione, chi ha interesse alla conservazione della legge non farà ricorso soltanto al carattere definito propositivo del referendum ma userà autentiche falsificazioni attraverso l’individuazione di motivazioni estranee persino alle decisioni della stessa Corte. Non è un caso che già oggi vengono diffuse argomentazioni secondo le quali la bocciatura del referendum sarebbe un atto dovuto, finalizzato nientemeno al riequilibrio del rapporto tra imprenditori e lavoratori.

Usando queste falsificazioni, che superano il limite della provocazione, si sostiene così che il Parlamento, attraverso il jobs act, a suo tempo non avrebbe affatto ridimensionato le tutele dei lavoratori, ma al contrario, con scelte equilibrate, avrebbe tenuto conto della crisi economica e delle non poche difficoltà che questa crea soprattutto al mondo imprenditoriale, purtroppo condizionato nella realizzazione di un’adeguata politica degli investimenti. Perciò una scelta meno sbilanciata a sostegno delle rivendicazioni salariali era del tutto opportuna! Ricordate le intese tra Marchionne, Renzi e il presidente della Confindustria che accoglievano festosamente l’approvazione del jobs act? Proprio senza pudore.

Riteniamo comunque che soprattutto dopo la sentenza della Corte sia indispensabile non fermarsi. Più che mai c’è bisogno di mantenere vivo l’impegno manifestato nel corso del 2016 per la difesa della Costituzione, ed è opportuno che tutti i comitati per il NO continuino il lavoro teso al coinvolgimento dei cittadini per la tutela e il rafforzamento dei diritti di chi viene regolarmente emarginato e sfruttato.

Diversi sono gli argomenti che dobbiamo tenere presenti sui quali è necessario continuare il nostro lavoro, da quello dei voucher all’altro relativo alla clausola di responsabilità negli appalti per le imprese appaltanti e appaltatrici. Sono numerosi, forse molto più di quanto noi stessi crediamo, coloro che subiscono un forte peggioramento delle condizioni di vita che si presenta sempre più senza futuro, soprattutto fra i giovani.

È opportuno dunque sventare un intervento legislativo che neutralizzi i due referendum ancora possibili. Questo è infatti il disegno di chi, nella realtà, nonostante dichiari di battersi per il cambiamento, non vuole far altro che perpetuare il vecchio sistema. Contrastiamo questo disegno perché in Sardegna, meglio dire soprattutto in Sardegna, c’è un bisogno urgente di tornare alla normalità democratica.

Continuiamo il nostro impegno riprendendo i temi affrontati nel Comitato per il NO, estendiamo il discorso sullo Statuto regionale, sulla legge elettorale sarda che ha anticipato l’Italicum e non dimentichiamo le questioni legate all’occupazione soprattutto attraverso la ricerca di modelli di sviluppo alternativi a quelli che hanno devastato la nostra isola.

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